Mitterand fiorentino

Firenze e la sua storia sono un costante nelle conversazioni fra Spadolini e Mitterrand appassionato cultore delle vicende di casa medici. Un’amicizia nata nella seconda metà degli anni Cinquanta ai tavoli della biblioteca Laurenziana e consolidata all’inizio degli anni Ottanta, allorché i due “compagni di biblioteca” si incontrarono in diverse veste: presidente del Consiglio dei Ministri italiano l’uno, presidente della Repubblica francese l’altro. Tema principale di dibattito: Machiavelli e l’esprit florentin."

"Non ho partecipato al gran pranzo nel salone dei Cinquecento in onore di Mitterrand per l’apertura, con sei mesi di ritardo, dell’anno europeo della cultura a Firenze (inviti in ritardo dell’amministrazione; impegni connessi alla crisi di governo; un po’ di malinconia per il clima di polemiche e anzi di dispute municipali, con una vena di “Firenzina”, in cui si svolgevano gli eventi).
Ma non avevo bisogno delle conferme evocate in quei giorni per conoscere l’amore profondo, peculiare, del presidente della Repubblica francese per Firenze.
Ho conosciuto Mitterand sulle rive dell’Arno poco meno di trent’anni fa, nel gennaio 1958. Non come politico (non lo ero neanch’io, allora); ma come studioso.
Mitterrand, ministro della quarta Repubblica, uomo di governo scaltro e calcolatore che non aveva mai rinunciato a una posizione di intellettuale indipendente e un po’ spregiudicato, stava conducendo una ricerca su Lorenzo il Magnifico. Ricerca destinata a culminare in un libro: tuttora incompiuto.
Frequentava la Laurenziana; cercava documenti e fonti. Abituato ad essere un po’ l’”ago della bilancia” nel viluppo dei partiti della quarta Repubblica (dove svolgeva una funzione alla La Malfa, di mosca cocchiera, di elemento di provocazione e di stimoli), guardava con ammirazione a quello che era stato l’”ago della bilancia intra principi”, che aveva dominato un’intera stagione della vita italiana: con mezzi limitati aveva tenuto in scacco potenze molto più forti. Il Magnifico aveva unito l’egemonia culturale all’indipendenza politica. Aveva anticipato il modello del “Re borghese”, del “monarca repubblicano” tipo Luigi Filippo. E forse si adattava a lui meglio che a ogni altro la definizione di Stendhal che l’aveva giudicato “il modello degli usurpatori e dei Re”.
Forse non è un caso che il presidente Mitterrand (quando ci incontrammo molti anni più tardi, in diversa veste) mi regalasse la prima edizione di Rome, Naples et Florence di Stendhal proprio in coincidenza con la sua prima visita ufficiale in Italia il 26 febbraio 1982, apertura agli scambi semestrali italo-francesi, il “primo consiglio dei ministri” d’oltralpe – come si disse allora – che si trasferiva a Roma.
[…] . I temi della storia fiorentina sono tornati spesso nelle conversazioni che ho avuto con il presidente Mitterrand, durante il periodo in cui ho detenuto la presidenza del Consiglio. Ricordo solo che una volta gli dissi, a bruciapelo: “l’esprit florentin….”. Il presidente mi fermò con un sorriso ammiccante: “ma in Francia – mi disse – è un’espressione critica, negativa, quasi di disprezzo”. “Lo so – ribattei -, ma non a Firenze”.
E tutto finì con un’evocazione di Machiavelli. Un autore familiare al presidente socialista della quinta Repubblica, anche se parsimoniosamente evocato. E’ l’autore più citato da Aron: più di Marx”, aggiunsi.

(1986 – tratto da: Giovanni Spadolini, La mia Firenze)

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