Una storia d'amore
Articolo Pubblicato sulle riviste Firenze Informa e Fiorentina Informa
testo e foto di Roberto Di Ferdinando
La storia d’amore della giovane Ginevra degli Almieri (o Amieri), vera o di fantasia non si è ancora in grado di stabilire, negli anni è stata raccontata in molte opere letterarie e teatrali, oltre che cinematografiche (famoso è infatti il film Ginevra degli Almieri del 1936 con Amedeo Nazzari e Elsa Merlini) contribuendo così ad aumentarne la popolarità anche al di fuori di Firenze.
Nel 1396 Ginevra era una ragazza appena diciottenne, apprezzata da tutti in città, non solo per la sua imparagonabile bellezza, ma anche per il suo dolce spirito e per la nobile virtù. Nonostante i numerosi pretendenti il suo cuore batteva d’amore solo per il bel giovane Antonio Rondinelli, che, ben felice, la contraccambiava. Il loro purissimo amore durò alcuni anni, fino a quando il padre di Ginevra, Bernardo degli Almieri, ricco mercante, non decise di darla in sposa a Francesco Agolanti, figlio di un commerciante con cui era solito concludere importanti affari ed esponente di una antica famiglia fiorentina. L’accordo tra i due genitori fu concluso nella Loggia degli Agolanti, poco distante dal Canto degli Agolanti (dove oggi sorge l’angolo tra via de’Tosinghi e via Roma), luogo solitamente adibito dai fiorentini a concordare i matrimoni, tanto da essere conosciuto anche come “Canto del Parentado”.
Ginevra doveva così, contro il suo volere, sottostare a quello paterno, sposando Francesco e cercando inutilmente di soffocare nel suo intimo l’amore per Antonio; mentre quest’ultimo, sconfortato dal destino avverso, non riusciva a trovar pace per l’amore perduto. Nelle settimane successive al matrimonio, Ginevra si avviò così verso un’esistenza triste e malinconica, senza più interessi e stimoli; e, privata dei riguardi del marito che era troppo occupato dai propri commercio, iniziò un lungo digiuno ed isolamento. Nel giro di pochi giorni la bellezza di Ginevra sfiorì apparendo sempre più malata, mentre le attenzioni dei parenti e le cure prescritte dal medico non le davano sollievo. C’era chi sospettava perfino che la responsabilità per quella particolare condizione di salute si dovesse attribuire alla peste che da alcuni giorni, siamo nel 1400, era comparsa in città. Sta di fatto che una mattina Ginevra fu trovata distesa sul letto con gli occhi socchiusi, il volto sereno e bellissimo, ma priva di vita. La disperazione colse tutti, ma profondo fu il dolore di Antonio per la perdita della giovane amata.
Il corpo di Ginevra fu quindi vestito di bianco con un abito da sposa, posato su di una tavola di legno imbellita di fiori, come usanza del periodo, e trasportato dalla casa degli Agolanti, di fronte alla Loggia della Neghittosa, sull’angolo dell’attuale via de’Calzaiuoli con via delle Oche (oggi questa loggia non esiste più, ma una targa su questo incrocio, detto anche Canto della Neghittosa, ne ricorda la sua passata presenza), al Duomo. Dopo la cerimonia funebre, il corpo fu disteso, in mezzo ad una confusione orrenda di scheletri, nel sepolcro della famiglia degli Almieri all’interno del cimitero che in quegli anni sorgeva accanto al Campanile di Giotto. Era la notte del primo martedì del mese, e Ginevra sepolta, all’improvviso aprì gli occhi e si risvegliò. Ciò che era sembrata una morte prematura non era altro, forse a causa delle lunghe sofferenze d’amore, che una morte apparente. Ripresasi dal terrore nello scoprire dove si trovava, colto dalla poca luce che filtrava dalla lapide riposta in mal modo, riuscì a trovare la forza per sollevare la pietra e ad uscire all’aperto. Impaurita, si trascinò lungo le mura degli edifici, fino a percorrere tutta la strada (oggi via del Campanile) che immette in via delle Oche, per giungere al palazzo del marito e bussare alla sua porta. Qui Francesco sentendo dei rumori, si svegliò dal sonno ed aprendo la finestra vide nella penombra una persona vestita di bianco e, credendo di aver di fronte il fantasma della moglie, si fece il segno della croce e richiuse la finestra dando ordine ai suoi servi di non aprire. Disperata per non esser stata riconosciuta e priva di forze, avanzò a fatica verso la casa del padre che si affacciava sulla piazza del Mercato Vecchio (presso l’odierna piazza della Repubblica). Giunta qui, bussò alla porta, le aprì la madre, che vedendo questa figura di donna dal viso pallido e stravolto non la riconobbe, scambiandola ancora per un fantasma che si faceva burla dei cari della giovane. Respinta nuovamente, ed ancor più addolorata per non essere stata riconosciuta neanche dalla propria madre, stremata dalla stanchezza si sedette sul sagrato della chiesa di San Bartolommeo, quando decise di recarsi a casa della famiglia Rondinelli. Qui al suo bussare le fu aperto, ed Antonio, superato il primo momento di giustificato stupore, la fece entrare, la tranquillizzò, la ristorò e la ospitò nel suo palazzo. Nei quattro giorni successivi Ginevra sembrò questa volta sul momento di morire veramente, ma le cure e le attenzioni della famiglia Rondinelli le furono di estremo giovamento tanto da rimettersi facilmente in forze.
I due eterni innamorati dopo lunghe vicissitudini finalmente si ritrovavano. Francesco Agolanti, però saputo che la moglie era viva e si era riparata da Antonio, corse da questi per avere, quale uomo attento solo ai soldi, il suo rendiconto personale. Di fronte all’opposizione di Antonio ed all’indignazione di Ginevra per la condotta del marito, Francesco decise di denunciare i due al Tribunale Ecclesiastico. Furono convocati davanti al Vicario del Vescovo tutti i protagonisti della vicenda, ma di fronte alla deposizione drammatica di Ginevra, il Vicario convenne che "... che per essere stato disciolto lo primo matrimonio dalla morte, poteva la donna legittimamente passare ad altro matrimonio!". Ginevra ed Antonio potevano finalmente sposarsi.
La leggenda vuole che ogni martedì del mese il fantasma di Ginevra si aggiri per il centro di Firenze.
RDF
testo e foto di Roberto Di Ferdinando
La storia d’amore della giovane Ginevra degli Almieri (o Amieri), vera o di fantasia non si è ancora in grado di stabilire, negli anni è stata raccontata in molte opere letterarie e teatrali, oltre che cinematografiche (famoso è infatti il film Ginevra degli Almieri del 1936 con Amedeo Nazzari e Elsa Merlini) contribuendo così ad aumentarne la popolarità anche al di fuori di Firenze.
Nel 1396 Ginevra era una ragazza appena diciottenne, apprezzata da tutti in città, non solo per la sua imparagonabile bellezza, ma anche per il suo dolce spirito e per la nobile virtù. Nonostante i numerosi pretendenti il suo cuore batteva d’amore solo per il bel giovane Antonio Rondinelli, che, ben felice, la contraccambiava. Il loro purissimo amore durò alcuni anni, fino a quando il padre di Ginevra, Bernardo degli Almieri, ricco mercante, non decise di darla in sposa a Francesco Agolanti, figlio di un commerciante con cui era solito concludere importanti affari ed esponente di una antica famiglia fiorentina. L’accordo tra i due genitori fu concluso nella Loggia degli Agolanti, poco distante dal Canto degli Agolanti (dove oggi sorge l’angolo tra via de’Tosinghi e via Roma), luogo solitamente adibito dai fiorentini a concordare i matrimoni, tanto da essere conosciuto anche come “Canto del Parentado”.
Ginevra doveva così, contro il suo volere, sottostare a quello paterno, sposando Francesco e cercando inutilmente di soffocare nel suo intimo l’amore per Antonio; mentre quest’ultimo, sconfortato dal destino avverso, non riusciva a trovar pace per l’amore perduto. Nelle settimane successive al matrimonio, Ginevra si avviò così verso un’esistenza triste e malinconica, senza più interessi e stimoli; e, privata dei riguardi del marito che era troppo occupato dai propri commercio, iniziò un lungo digiuno ed isolamento. Nel giro di pochi giorni la bellezza di Ginevra sfiorì apparendo sempre più malata, mentre le attenzioni dei parenti e le cure prescritte dal medico non le davano sollievo. C’era chi sospettava perfino che la responsabilità per quella particolare condizione di salute si dovesse attribuire alla peste che da alcuni giorni, siamo nel 1400, era comparsa in città. Sta di fatto che una mattina Ginevra fu trovata distesa sul letto con gli occhi socchiusi, il volto sereno e bellissimo, ma priva di vita. La disperazione colse tutti, ma profondo fu il dolore di Antonio per la perdita della giovane amata.
Il corpo di Ginevra fu quindi vestito di bianco con un abito da sposa, posato su di una tavola di legno imbellita di fiori, come usanza del periodo, e trasportato dalla casa degli Agolanti, di fronte alla Loggia della Neghittosa, sull’angolo dell’attuale via de’Calzaiuoli con via delle Oche (oggi questa loggia non esiste più, ma una targa su questo incrocio, detto anche Canto della Neghittosa, ne ricorda la sua passata presenza), al Duomo. Dopo la cerimonia funebre, il corpo fu disteso, in mezzo ad una confusione orrenda di scheletri, nel sepolcro della famiglia degli Almieri all’interno del cimitero che in quegli anni sorgeva accanto al Campanile di Giotto. Era la notte del primo martedì del mese, e Ginevra sepolta, all’improvviso aprì gli occhi e si risvegliò. Ciò che era sembrata una morte prematura non era altro, forse a causa delle lunghe sofferenze d’amore, che una morte apparente. Ripresasi dal terrore nello scoprire dove si trovava, colto dalla poca luce che filtrava dalla lapide riposta in mal modo, riuscì a trovare la forza per sollevare la pietra e ad uscire all’aperto. Impaurita, si trascinò lungo le mura degli edifici, fino a percorrere tutta la strada (oggi via del Campanile) che immette in via delle Oche, per giungere al palazzo del marito e bussare alla sua porta. Qui Francesco sentendo dei rumori, si svegliò dal sonno ed aprendo la finestra vide nella penombra una persona vestita di bianco e, credendo di aver di fronte il fantasma della moglie, si fece il segno della croce e richiuse la finestra dando ordine ai suoi servi di non aprire. Disperata per non esser stata riconosciuta e priva di forze, avanzò a fatica verso la casa del padre che si affacciava sulla piazza del Mercato Vecchio (presso l’odierna piazza della Repubblica). Giunta qui, bussò alla porta, le aprì la madre, che vedendo questa figura di donna dal viso pallido e stravolto non la riconobbe, scambiandola ancora per un fantasma che si faceva burla dei cari della giovane. Respinta nuovamente, ed ancor più addolorata per non essere stata riconosciuta neanche dalla propria madre, stremata dalla stanchezza si sedette sul sagrato della chiesa di San Bartolommeo, quando decise di recarsi a casa della famiglia Rondinelli. Qui al suo bussare le fu aperto, ed Antonio, superato il primo momento di giustificato stupore, la fece entrare, la tranquillizzò, la ristorò e la ospitò nel suo palazzo. Nei quattro giorni successivi Ginevra sembrò questa volta sul momento di morire veramente, ma le cure e le attenzioni della famiglia Rondinelli le furono di estremo giovamento tanto da rimettersi facilmente in forze.
I due eterni innamorati dopo lunghe vicissitudini finalmente si ritrovavano. Francesco Agolanti, però saputo che la moglie era viva e si era riparata da Antonio, corse da questi per avere, quale uomo attento solo ai soldi, il suo rendiconto personale. Di fronte all’opposizione di Antonio ed all’indignazione di Ginevra per la condotta del marito, Francesco decise di denunciare i due al Tribunale Ecclesiastico. Furono convocati davanti al Vicario del Vescovo tutti i protagonisti della vicenda, ma di fronte alla deposizione drammatica di Ginevra, il Vicario convenne che "... che per essere stato disciolto lo primo matrimonio dalla morte, poteva la donna legittimamente passare ad altro matrimonio!". Ginevra ed Antonio potevano finalmente sposarsi.
La leggenda vuole che ogni martedì del mese il fantasma di Ginevra si aggiri per il centro di Firenze.
RDF
Io sono peruviano
RispondiEliminaMio nonno MArio Galgani Paradidi fui Toscano, e sempre noi diceva : "Ginevra degli Almieri morta a Firenze per un stenterello figliol di putana", sono le stesse parole che diceva mio nonno, noi stavamo morendo di risate ogni volta que raccontava la storia de Ginevra degli Almieri.
Auguri da LIma Peru