I porti di Firenze
Articolo Pubblicato sulla rivista Firenze Informa
Testo e foto di Roberto Di Ferdinando
Recentemente sono stati riportati alla luce i resti dell’antico porto fiorentino, quello del Pignone, che fino ai primi del Novecento fu attivo nell’area contenuta tra il Torrino di Santa Rosa e la riva opposta alle Cascine.
Questo porto, forse sorto sui resti di uno ancora più antico di età romana, ebbe il suo massimo splendore durante il potere dei Lorena. Infatti, in seguito all’abolizione dei dazi del grano, avvenuto nel 1766, questo scalo fluviale vide aumentare vertiginosamente l’importazione ed il traffico di viveri e merci. Merci provenienti principalmente da Livorno e trasportate con delle imbarcazioni da carico chiamate navicelli. Lo sviluppo commerciale del porto cittadino favorì nella zona, tra il fiume e la vicina strada regia postale per Livorno, la nascita di un piccolo borgo, abitato da commercianti, artigiani e barcaioli. Quest’area prese quindi dal porto il nome di Pignone, toponimo mantenuto fino ad oggi (Lungarno del Pignone e Lungarno del Pignoncino). Tale denominazione deriverebbe dal latino pinna (merlo delle mura), termine utilizzato nell’antichità per indicare un rostro, cioè un muraglione a barbacane, che, come nel caso del porto fiorentino, svolgeva una funzione difensiva.
Nel 1842, proprio per sfruttare le risorse idriche e le opportunità logistiche offerte dallo scalo, sorse in questa zona, dove oggi c’è via della Fonderia, la fonderia di ghisa battezzata per l’appunto il Pignone. Nei decenni successivi in questa fonderia furono forgiati numerosi e pregevoli elementi di arredamento urbano, si pensi ad esempio ai caratteristici lumi dei lungarni fiorentini, che furono poi esportati in quasi tutte le città italiane.
La fonderia-officina del Pignone fu anche nella sua storia un polo tecnologico, qui infatti fu sperimentato e realizzato nel 1853 il primo motore a scoppio progettato dagli ingegneri lucchesi Niccolò Eugenio Barsanti e Felice Matteucci. Nel dopoguerra la fonderia visse alti e bassi per poi, negli anni Cinquanta, trasferirsi definitivamente a Rifredi, prendendo l’attuale nome di Nuova Pignone.
Il porto invece resistette fino agli anni successivi alla Grande Guerra, principalmente per farvi giungere il carbone utilizzato per il gasometro, in parte oggi ancora visibile, di via dell’Anconella.
Il porto del Pignone non fu però l’unico storico scalo fluviale cittadino, si ricorda infatti anche quello della Porticciola delle Travi davanti a piazza Mentana. Qui arrivava il legname (da cui il nome delle Travi) delle foreste del Casentino e di Vallombrosa; i tronchi d’albero infatti legati con canapi, come zattere, erano trasportati dalla corrente attraverso il Valdarno fino a Firenze. Sui tronchi destinati alle opere pubbliche, in particolare alla Fabbrica dell'Opera del Duomo, erano incise le lettere UFO (semplificazione di Usum Fabricae Operis) che indicavano che quel materiale era esente dal pagamento dei tributi per la dogana, da qui l’origine dell’espressione vernacolare: “A UFO”, che sta infatti ad indicare qualcosa che è gratuito. Il Porticciolo delle Travi fu smantellato a metà del Duecento per fare posto al Ponte alle Grazie.
RDF
Testo e foto di Roberto Di Ferdinando
Recentemente sono stati riportati alla luce i resti dell’antico porto fiorentino, quello del Pignone, che fino ai primi del Novecento fu attivo nell’area contenuta tra il Torrino di Santa Rosa e la riva opposta alle Cascine.
Questo porto, forse sorto sui resti di uno ancora più antico di età romana, ebbe il suo massimo splendore durante il potere dei Lorena. Infatti, in seguito all’abolizione dei dazi del grano, avvenuto nel 1766, questo scalo fluviale vide aumentare vertiginosamente l’importazione ed il traffico di viveri e merci. Merci provenienti principalmente da Livorno e trasportate con delle imbarcazioni da carico chiamate navicelli. Lo sviluppo commerciale del porto cittadino favorì nella zona, tra il fiume e la vicina strada regia postale per Livorno, la nascita di un piccolo borgo, abitato da commercianti, artigiani e barcaioli. Quest’area prese quindi dal porto il nome di Pignone, toponimo mantenuto fino ad oggi (Lungarno del Pignone e Lungarno del Pignoncino). Tale denominazione deriverebbe dal latino pinna (merlo delle mura), termine utilizzato nell’antichità per indicare un rostro, cioè un muraglione a barbacane, che, come nel caso del porto fiorentino, svolgeva una funzione difensiva.
L'area, presso l'attuale Ponte alla Vittoria dove sorgeva l'antico porto di Firenze |
Nel 1842, proprio per sfruttare le risorse idriche e le opportunità logistiche offerte dallo scalo, sorse in questa zona, dove oggi c’è via della Fonderia, la fonderia di ghisa battezzata per l’appunto il Pignone. Nei decenni successivi in questa fonderia furono forgiati numerosi e pregevoli elementi di arredamento urbano, si pensi ad esempio ai caratteristici lumi dei lungarni fiorentini, che furono poi esportati in quasi tutte le città italiane.
i caratteristici lampioni fiorentini |
La fonderia-officina del Pignone fu anche nella sua storia un polo tecnologico, qui infatti fu sperimentato e realizzato nel 1853 il primo motore a scoppio progettato dagli ingegneri lucchesi Niccolò Eugenio Barsanti e Felice Matteucci. Nel dopoguerra la fonderia visse alti e bassi per poi, negli anni Cinquanta, trasferirsi definitivamente a Rifredi, prendendo l’attuale nome di Nuova Pignone.
Il porto invece resistette fino agli anni successivi alla Grande Guerra, principalmente per farvi giungere il carbone utilizzato per il gasometro, in parte oggi ancora visibile, di via dell’Anconella.
Il gasometro di Via dell'Anconella |
Il porto del Pignone non fu però l’unico storico scalo fluviale cittadino, si ricorda infatti anche quello della Porticciola delle Travi davanti a piazza Mentana. Qui arrivava il legname (da cui il nome delle Travi) delle foreste del Casentino e di Vallombrosa; i tronchi d’albero infatti legati con canapi, come zattere, erano trasportati dalla corrente attraverso il Valdarno fino a Firenze. Sui tronchi destinati alle opere pubbliche, in particolare alla Fabbrica dell'Opera del Duomo, erano incise le lettere UFO (semplificazione di Usum Fabricae Operis) che indicavano che quel materiale era esente dal pagamento dei tributi per la dogana, da qui l’origine dell’espressione vernacolare: “A UFO”, che sta infatti ad indicare qualcosa che è gratuito. Il Porticciolo delle Travi fu smantellato a metà del Duecento per fare posto al Ponte alle Grazie.
RDF
complimenti, articolo interessante
RispondiEliminasimona
grazie di avermi aiutato nella mia ricerca....fatene altri così potrò ancora consultarmi con questo programma. ALESSANDRO
RispondiEliminaCiao Alessandro,
RispondiEliminabenvenuto anche a te al mio blog.
Grazie a te. Ti ricordo che questo blog è aggiornato ogni settim ana con almeno due nuove articoli-curiosità. Felice di averti aiutato. A presto.
RDF