Leonardo Fibonacci ed il riconoscimento dei fiorentini

Testo di Roberto Di Ferdinando

Leonardo Fibonacci  (1170-1240 circa) (1) è famoso per la sequenza di numeri che porta il suo nome (1,1,2,3,5,8,13,21,34,55…) che rappresenta in cifre l’armonia e la proporzionalità presente in natura, ritenuta anche, impropriamente, alla base della “sezione aurea”. Ma Leonardo da Pisa, figlio di Bonacci, da qui, poi, nell’Ottocento detto Fibonacci, ha un maggior merito, quello di aver introdotto in Occidente la numerazione cosiddetta araba, quella delle dieci cifre che tutt’oggi utilizziamo, e quindi tutte le modalità e le regole di calcolo legate a tali numeri. Questo tipo di numerazione (nove cifre) era in uso nella penisola indiana già molti secoli prima, e successivamente, con gli scambi commerciali con l’Asia occidentale e l’Africa settentrionale si diffuse nel mondo “arabo”, dove comparve anche la decima cifra: lo zephirum (lo zero). Fibonacci sul finire del XII secolo si trova in Africa del Nord, nell’attuale Algeria, a seguito del padre, funzionario di dogana di Pisa. Qui Leonardo entra in contatto con la numerazione indiano-araba intravedendone l’estrema utilità a fini commerciali, per le transazioni di merci e denari e per i cambi delle valute, operazioni che fino ad allora erano eseguite con i numeri romani rendendo tali calcoli molto complessi ed esclusivamente a mente. Nel 1202 Leonardo riporta tale scoperta in una suo manoscritto, il Liber abbaci (libro di calcolo) in cui spiega le 10 cifre, e descrive numerosissimi casi pratici per come applicarli nel commercio e nel quotidiano. Un testo rivoluzionario ed unico che cambierà la storia della matematica e delle persone. Gli originali delle edizioni che furono redatte tra il 1202 ed il 1228 da Fibonacci sono andati tutti persi, oggi esistono di queste solo alcune copie. Dieci di queste sono copie parziali o frammenti, custodite a Parigi, Milano, Napoli e Firenze, mentre ne esistono altre tre copie intatte, una a Roma (Biblioteca Vaticana), una a Siena (Biblioteca Comunale) e l’altra, forse della fine del XIII secolo, a Firenze, presso la Biblioteca Nazionale Centrale, quest’ultima è completa.
E sempre Firenze ha un altro curioso legame con Leonardo Fibonacci. La figura di Fibonacci andò persa nei secoli successivi alla sua morte e dimenticato il suo grande merito. Solo nell’Ottocento fu studiato e rivalutato. Tant’è che a Pisa gli fu dedicata, finalmente, una statua. Ma tale iniziativa non venne dalla città di  Pisa, ma da Firenze….Infatti, nel 1859 il Granduca di Toscana andò in esilio e nel 1860 il Granducato, in seguito ad un plebiscito, si annesse a Regno di Savoia e quindi al Regno d’Italia. Durante questa fase di transizione la Toscana fu amministrata da un governo provvisorio guidato dal barone Bettino Ricasoli e con il marchese Cosimo Ridolfi a capo del ministero dell’Istruzione. Il 23 settembre 1859 Ricasoli firmò un decreto con cui si finanziava la creazione di tre statue, rispettivamente una per Pisa, Siena e Lucca, che dovevano raffigurare un’importante personaggio del luogo; per Pisa la scelta cadde su Fibonacci perché riconosciuto, come si legge nel decreto: <<l’iniziatore degli studi algebrici in Europa>>. L’opera fu commissionata all’artista fiorentino Giovanni Paganucci che la completò nel 1863. Inizialmente collocata presso il cimitero di piazza dei Miracoli, dopo i danneggiamenti della seconda guerra mondiale, ed un lungo girovagare tra depositi e collocazioni periferiche, la statua recentemente è ritornata al suo originale posto.
RDF

(fonte: Keith Devlin, I numeri magici di Fibonacci)

Commenti

Post più popolari