Le scuole d’abbaco a Firenze nel Trecento e Quattrocento

Testo di Roberto Di Ferdinando

Sul finire del Trecento i bambini, le cui famiglie potevano permettere loro di studiare, frequentavano una scuola di base, che iniziavano a sei anni e concludevano a undici. “A quel punto i loro genitori potevano scegliere fra mandarli a una scuola di grammatica oppure una scuola d’abbaco. Nelle prime, che di norma duravano quattro o cinque anni, i ragazzi imparavano a padroneggiare la grammatica latina e a leggere i testi latini, preparandosi per una carriera come chierici, notai, avvocati, medici o insegnanti a loro volta. Le scuole d’abbaco, che duravano due anni, erano pensate per istruire i futuri uomini d’affari insegnando loro la matematica e la contabilità. I testi e le lezioni erano in volgare. (1)[…] Leonardo da Vinci e Niccolò Machiavelli studiarono entrambi in una scuola d’abbaco.
[…] I maestri d’abbaco seguivano uno specifico programma che, in genere, comprendeva la lettura e la scrittura in volgare, l’aritmetica, la geometria, la contabilità e talvolta anche la navigazione.
Fra il 1340 e il 1510 nella sola Firenze operavano una ventina di scuole d’abbaco; nel 1343, gli studenti che la frequentavano erano fra i mille e i milleduecento, una frazione significativa della popolazione maschile in età scolare.
[…] Le scuole d’abbaco erano di proprietà degli insegnanti privati che le gestivano e che accettavano gli studenti giorno per giorno dietro il pagamento di un compenso versato direttamente dai loro genitori. Il caso più tipico, però, era quello delle scuole fondate da ricchi mercanti (che godevano una forte influenza sulle autorità pubbliche) che volevano che i loro figli venissero istruiti nella matematica commerciale.
[…] Una volta che gli studenti di una scuola d’abbaco avevano appreso i rudimenti del sistema numerico indo-arabico (fino alla metà del Quattrocento a Firenze fu usato il sistema dei numeri romani, solo nel 1494 i Medici stabilirono che tutti i libri contabili fossero redatti con le cifre indo-arabiche) e della sua matematica, veniva loro mostrato come risolvere i problemi pratici, come gli scambi fra diversi tipi di beni o valute; altri quesiti potevano poi riguardare le ripartizioni dei profitti.[..] Venivano studiati anche i contratti di lavoro, […] gli studenti imparavano a prendere nota di pesi, lunghezze, dimensioni e altre informazioni quantitative e qualitative sui beni. Quasi certamente, molti dei libri d’abbaco erano pensati come testi di riferimento per gli insegnanti di queste scuole; dato che la soluzione di ogni problema era riportata subito dopo la sua enunciazione.” Con la diffusione delle attività mercantili, commerciali e finanziarie (la nascita delle banche) a Firenze, aumentò la richiesta di testi e di studi d’abbaco. I testi, l’invenzione della stampa arriverà più tardi, erano riprodotti in più copie manualmente, ricopiati a mano: “la loro produzione iniziò gradualmente a uscire dai chiostri per diventare un’attività commerciale; nacquero così le prime imprese di copiatori professionisti, situate di solito a fianco delle nuove università”. Agli inizi del Quattrocento esisteva una bottega di copisti a Firenze che dava lavoro a 45 persone.
RDF

(1) I periodi virgolettati ed in corsivo di questo post sono tratti dal libro: "I numeri magici di Fibonacci" di Keith Devlin

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