Fiorentinità

“[…] I fiorentini si considerano e sono considerati dagli altri italiani come il popolo più civile d’Italia, così come il contadino toscano è giudicato il più esperto e intelligente degli agricoltori italiani. […] La percentuale di analfabeti in Toscana è di gran lunga la più bassa e si può sorprendere la più umile domestica fiorentina a compitare sul giornale i delitti di cronaca nera e <<le cose dell’arte>>.
Questa qualità chiamata <<fiorentinità>> (e Firenze è la sola città italiana il cui nome si muti naturalmente in un sostantivo che denoti una qualità astratta) vuole dire buon gusto e abilità manuale […]. La <<fiorentinità>> nasce dalle mani dell’artigiano in tuta o di quelle zitelle come le sorelle Materassi di Aldo Palazzeschi con le loro forbici e ditali e il tombolo […]. Se il nome è sinonimo di civiltà e raffinatezza, non può essere separato dal povero e dal suo modo di parlare, di pensare, di sentire, che è sempre realistico e equilibrato. La parlata fiorentina è piena di diminutivi; ogni cosa è trasformata in qualcosa di più <<piccolo>>, il che ha un effetto curioso che è insieme deprecatorio e nobilitante. Vecchie esclamazioni – come:>>Accidenti!>>, <<Diamine!>>, <<Perbacco!>> danno alla parlata fiorentina un sapore campagnolo. La comune premessa a una qualche domanda è:<<per cortesia>>. Un <<pisolino>> è il termine usato per indicare il riposo pomeridiano; una bevanda di acqua calda e limone prende il nome di <<canarino>> . […]”
(Tratto da: Le pietre di Firenze, di Mary McCarthy, 1956)

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