Piero Calamandrei, ritratto del grande costituzionalista fiorentino

Articolo tratto dalla tesi di laurea di Roberto Di Ferdinando in Scienze Politiche - Storia del Giornalismo della Facoltà Cesare Alfieri di Firenze, dal titolo: "La questione federalista europea attraverso le pagine della rivista 'Il Ponte' di Piero Calamandrei dal 1945 al 1954"
Testo di Roberto Di Ferdinando

Nell'immediato secondo dopoguerra la drammatica esperienza dei regimi dittatoriali e del conflitto mondiale spinse alcuni intellettuali italiani a proporre per l'Italia e l'Europa nuovi assetti istituzionali ed organizzativi che scongiurassero nuove tragedie.
Queste proposte si diffusero tramite le numerose riviste che, in quegli anni, anche in Toscana, nac-quero per contribuire alla rinascita civile e culturale del paese. Tra queste pubblicazioni, a Firenze, occorre ricordare Il Ponte, mensile di politica e letteratura che uscì con il suo primo numero nell'a-prile del 1945, edito da Le Monnier.
La rivista, voluta e diretta da Piero Calamandrei in collaborazione con Enzo Enriques Agnoletti e Corrado Tumiati, tentava di ripristinare una continuità morale e sociale tra il passato ed il futuro al di sopra del vuoto creato dal fascismo, creando un ponte tra la Toscana e l'Italia, tra l'Italia e l'Europa. A questi tre temi (regioni, Italia costituzionale, Europa federata) s'ispirerà la direzione di Piero Calamandrei. Oggi proprio attraverso la rilettura di quelle pagine è possibile riscoprire la sorpren-dente attualità del pensiero di Calamandrei, figura centrale dell'Italia repubblicana.
Piero Calamandrei (Firenze 1889-1956), avvocato e professore universitario, si avvicina ai movi-menti antifascisti aderendo a Giustizia e Libertà  e partecipando,  in Toscana, alla fondazione del Partito d'Azione (1942). Perseguitato dalle autorità fasciste, si dimette da professore per non giurare fedeltà al regime, ma, colpito da un mandato di cattura, è costretto ad abbandonare Firenze. Vi ri-tornerà solo dopo la liberazione della città, ricoprendo la carica di Rettore dell'Università fino al 1947.
Con il ritorno della vita democratica, Calamandrei, quale rappresentante del Partito d'Azione, è membro della Consulta Nazionale (1945-46) e dell'Assemblea Costituente (1946-48). Ed è in queste assemblee che tenta di far trasferire nella Costituzione i principi di libertà e legalità già propri di Giustizia e Libertà. Si batte infatti per il riconoscimento costituzionale delle libertà politiche e civili e dei diritti sociali.
Sul tema della giustizia chiede che il testo costituzionale affermi l'indipendenza e l'autogoverno del-la Magistratura, ma sostiene anche la necessità, già riportata in un suo precedente scritto (L'elogio dei giudici scritto da un avvocato, 1935), di una giustizia più umana, con maggior rispetto per il giudicato.
Nonostante la partecipazione attiva ai lavori costituzionali Calamandrei rimane deluso del risultato finale della Carta, e negli anni successivi, quale parlamentare (nel 1948 è eletto alla Camera dei De-putati per Unità Socialista, ma critico per la subordinazione del PSIUP al PCI, nel 1950 passa al gruppo del Partito Socialista Democratico mentre nel 1953 prende parte alla fondazione di Unità Popolare), e direttore de Il Ponte, ne denuncia anche l'incompleta attuazione. Per Calamandrei infat-ti la Costituzione non contiene garanzie contro l'instabilità di governo, la sua proposta per un mo-dello presidenziale ispirato a quello statunitense, infatti, era stata respinta. E’ critico per l'inserimento nel testo costituzionale dei Patti Lateranensi, cioè sulla possibile ingerenza della Chiesa nella vita politica della Repubblica. Si schiera così a difesa della laicità della scuola.
Dopo l'entrata in vigore della Costituzione, Calamandrei punta il dito sul mancato decollo delle au-tonomie regionali, sul ritardo nell'attuazione della Corte Costituzionale e sulla non rimozione degli ostacoli sociali ed economici che limitano la partecipazione di tutti i cittadini all'organizzazione della nazione, così tradendo lo spirito della Resistenza. Calamandrei attribuisce la responsabilità di queste mancanze alla partitocrazia ed al regime democristiano instauratori nel 1948, ma non risparmia neanche l'oscurantismo del Partito Comunista.
Lo stesso impegno politico e civile Calamandrei lo profonde per la questione del federalismo euro-peo, ma l'iniziale entusiasmo si trasformerà ancora una volta in delusione. Il dibattito sull'unità eu-ropea in Italia era già comparso nei movimenti della Resistenza, e in Europa occidentale tutti i parti-ti, con l'eccezione dei comunisti e dei nazionalisti, sono a favore della Federazione Europea. Lo stesso Calamandrei nel 1945 aderisce alla fiorentina Associazione Federalisti Europei, ed in questo clima di fermento europeista, Il Ponte, pur non nascendo come rivista federalista, ospita numerosi articoli sul tema a firma di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi,  Ignazio Silone, Giacomo Devoto, Luigi Salvatorelli, e Paolo Vittorelli.
Essi sostengono che il sistema degli stati nazionali sovrani sia stato una delle cause della guerra e quindi vada superato. Calamandrei, ispirandosi al Manifesto di Ventotene (1941), individua la solu-zione in un'autorità  sopranazionale (Federazione Europea) democratica e socialista. Democratica in quanto istituita e controllata dai popoli attraverso elezioni dirette ed in grado di gestire le competen-ze di politica estera, difesa  ed economia; socialista riferendosi invece al socialismo liberale di Carlo Rosselli. Un'autorità federale intesa da Calamandrei non come centralista, ma che trasferisca alle autorità locali determinate competenze. Un federalismo quindi accoppiato al regionalismo, inteso come sistema di autonomie che garantiscono l'effettivo esercizio della libertà politica. Al di sopra le autonomie locali vi è la nazione, non in antagonismo con esse ma in funzione di esse (dal comune alla regione dalla regione alla nazione). In sostanza Calamandrei con quasi quarant'anni di anticipo cita il principio di sussidiarietà fatto proprio oggi dall'Unione Europea e dall'ordinamento italiano.
Passato il periodo delle grandi scelte istituzionali il dibattito sulla federazione europea diventa cen-trale in Italia, anche per il verificarsi tra il 1948 ed il 1854, di importanti avvenimenti: Piano Mar-shall, il Patto Atlantico, il Consiglio d'Europa, la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA), il progetto per un esercito europeo (CED) e di una Comunità Politica Europea (CPE). Molti, anche tra i federalisti, giudicano questi eventi come un presagio all'unificazione politica eu-ropea, ma Calamandrei, quale purista, invita tutti a non illudersi, ma a ritenere questi passaggi degli approcci funzionalistici cioè delle cooperazioni intergovernative senza alcuna limitazione alle so-vranità nazionali, indispensabili invece per l’unificazione politica dell’Europa. Per questo in Parla-mento vota contro il Patto Atlantico, a suo giudizio solo un'alleanza militare che rischia di trasfor-mare l'Europa in un campo di battaglia nello scontro tra USA e URSS. Inoltre da Il Ponte grida la sua ostilità verso il progetto della CED, che prevedendo il riarmo della Germania riaprirebbe nuove e vecchie paure.
Così nel 1954, la delusione per il mancato accordo dei governi europei sulla CPE, spinge Calaman-drei a rivolgere l'attenzione della sua rivista al di fuori del Vecchio Continente.
Oggi, a cinquant’anni di distanza, le cause di quella delusione restano, purtroppo, ancora vive.

Commenti

  1. Un'Europa ben diversa, quella disegnata da Calamandrei, rispetto a quella che si e' materializzata sotto i nostri occhi, centralista, burocratica, e controllata dalla grande finanza a spese dei cittadini.

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