Via Cavour

Articolo Pubblicato sulla rivista Firenze Informa nel 2007
Testo e Foto di Roberto Di Ferdinando

La lunga Via Cavour, tra le principali strade d’accesso al centro storico di Firenze, solo sul finire dell’Ottocento prese tale denominazione; infatti, interrotta da Piazza San Marco, per secoli ha avuto nomi e destini diversi: fino alla seconda metà dell’Ottocento il tratto che da Piazza San Marco corre verso il Duomo si chiamava Via Larga, mentre il tratto che sale verso Piazza della Libertà era stato dedicato a San Leopoldo. Le descrizioni turistiche hanno sempre rivolto meno attenzioni a questo secondo tratto di Via Cavour, sebbene anch’esso vanti numerose bellezze architettoniche e curiosità storiche. Chi volesse infatti scoprirle, partendo da Piazza San Marco e risalendo la strada verso i viali, dovrebbe subito soffermarsi sull’angolo di Via Arazzieri (il nome di questa via deriva dal fatto che qui sorgevano gli antichi laboratori degli arazzieri), per ammirare la Palazzina della Livia, un elegante edificio neoclassico, chiamato anche Casino, cioè palazzo con giardino, costruito dall’architetto Bernardo Fallani tra il 1775 e il 1778, per volere del Granduca Pietro Leopoldo (1747-1792) che lo volle quale adeguata abitazione per la sua amante, la bellissima ballerina Livia Raimondi Malfatti, la quale diede così nome al palazzo.
Il Casino Livia

Proseguendo la camminata verso Piazza della Libertà è da notare una targa posta a mezza altezza sull’alto muro di cinta che delimita la parte sinistra della via. Essa ricorda al passante che in quei luoghi, nel XV° secolo, sorgevano gli Orti Medicei, un ampio spazio campestre dove Lorenzo il Magnifico aveva voluto che si stabilisse la scuola d’arte diretta da Bertoldo di Giovanni e frequentata da artisti, tra i quali il giovane Michelangelo. La targa afferma inoltre che quella scuola rappresenta il primo esempio d’accademia d’arte nata in Europa. Nel 1576 questi spazi naturali furono in parte occupati dal Casino Mediceo di San Marco, il cui ingresso è al numero civico 57. Il palazzo, su disegno del Buontalenti, fu fatto costruire dal Granduca Francesco I de' Medici (1541-1587), quale sede del gabinetto scientifico (chiamato Fonderia) del Duca, appassionato di studi naturali ed esperimenti chimici. Francesco I però non vi abitò mai, ed alla sua morte, nel 1587, lo lasciò in eredità a suo figlio, don Antonio de' Medici (1576-1621), nato dalla sua relazione con l’amante, e poi moglie, Bianca Cappello, sebbene non manchino seri dubbi, non solo sulla vera paternità, ma anche sulla maternità di Antonio.
L'ingresso del Casino Mediceo di San Marco

La targa che ricorda gli Orti Medicei

Dopo che fu per breve tempo sede dell’Opificio delle Pietre Dure, il palazzo, nel 1597, divenne quindi la dimora ufficiale di don Antonio che ne arricchì le sale ed il giardino con gruppi marmorei del Giambologna. Attualmente il palazzo ospita la Corte d’Appello, ed è curioso notare la singolarità della sua facciata dovuta alla ricchezza di simbolismi, in particolare il portone ligneo sopra il quale sono scolpite una testa e due mani di scimmia, che qui vuole rappresentare il male, schiacciate da una conchiglia, da sempre invece simbolo di fertilità e vita e quindi del bene.
Superando l’antico Casino Mediceo di San Marco si giunge al numero 69 dove vi è l’ingresso al Chiostro dello Scalzo, il nome deriva dalla compagnia ecclesiastica a cui è dedicato, quella dei Disciplinati di San Giovanni Battista detta appunto degli Scalzi, perché nelle processioni religiose il portacroce andava scalzo. Il chiostro fu costruito su disegno di Giuliano da Sangallo, mentre le decorazioni a monocromo, rappresentanti le storie di San Giovanni Battista e le quattro virtù (1507-1526), sono di Andrea Vannucchi, detto Andrea del Sarto (1486-1530). Andrea del Sarto abitava infatti poco lontano da qui, all’angolo di Via Gino Capponi con Via Giusti, al numero 24, dove una targa ricorda la dimora del “pittore senza errori”.
L'ingresso al Chiostro degli Scalzi

Ritornando alla nostra Via Cavour, quasi all’altezza del chiostro, ma sul marciapiede opposto, sorge l’antica Farmacia di San Marco.  La farmacia fu istituita dai frati domenicani su interesse di Cosimo de' Medici, detto Il Vecchio (1389-1464) e nel 1450 fu aperta anche al pubblico. Della sua produzione divennero famosi gli alchermes, particolarmente apprezzati da Lorenzo il Magnifico, l'acqua antisterica, l'elisir stomatico, il liquore domenicano, la tisana, l'elastina, lo sciroppo di pino silvestre e l’acqua di rose. Dal 1995 la Framacia di via Cavour è chiusa, sebbene siano ancora visibili le originarie scritte dei prodotti che qui si producevano e vendevano e la curiosa collocazione, sopra l’antico ingresso, di una acquasantiera a ricordo della religiosità del luogo.
L'Antica Farmacia di San Marco

La Farmacia di San Marco testimonia comunque la fervente attività farmaceutica dei monasteri fiorentini, che coltivavano all’interno dei loro chiostri le pianti medicinali. Non a caso, nell’attuale Via La Pira (la strada che corre parallela al nostro tratto di Via Cavour) si affaccia l’Orto Botanico (Giardino dei Semplici), questo orto infatti nasce in epoca rinascimentale per volere di Cosimo I dei Medici (1519-1574), che acquistò il terreno dalle suore di San Domenico, gia da esse utilizzato per coltivare piante medicinali; con il termine semplici infatti, dal latino medievale medicamentum o medicina simplex, erano definite le erbe medicinali e l'horto dei semplici era il luogo destinato alla loro coltivazione. Cosimo I, quindi incaricò il più importante architetto di spazi aperti di quel periodo: Niccolò di Raffaello di Niccolò dei Pericoli, detto "Il Tribolo" (1500-1550), a progettare la disposizione del giardino, sebbene si dovette aspettare il Settecento per vedere il suo massimo splendore. Nel 1716 nasceva infatti qui la Società Botanica Italiana, come ricorda la targa posta all’angolo con Via Micheli. Questa è la strada in cui vi è l’ingresso al giardino, ed essa è intitolata a quel Pier Antonio Micheli, fondatore della Società stessa, che nel 1718 fu chiamato da Cosimo III a dirigere l’Orto Botanico, e che fu pioniere nello studio della micologia.
RDF

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