Letterati moderni a Firenze
Articolo Pubblicato su Firenze Informa novembre 2011
Testo e Foto di Roberto Di Ferdinando
Firenze ha sempre attratto scrittori ed intellettuali. Autori grandissimi, altri minori che in un certo periodo della loro vita hanno sentito il desiderio o il bisogno di soggiornare per brevi o lunghi periodi sulle rive dell’Arno. E Firenze ha gradito questa loro presenza, difatti numerose sono le lapidi e le targhe che li ricordano. Considerando gli autori più moderni possiamo imbatterci già in uno dei più sommi, Eugenio Montale (1896-1981). Difatti, in Viale Amendola, al numero civico 37, una targa ricorda che qui soggiornò il poeta italiano che ha ricevuto i più alti riconoscimenti di pubblico ed ufficiali: record di vendite di sue antologie, lauree ad honorem a Milano nel 1961, a Cambridge nel 1967 ed a Roma nel 1974, nominato senatore a vita nel 1967 e premio Nobel per la letteratura nel 1975. Montale successivamente alla pubblicazione a Torino (1925) della sua raccolta poetica, Ossi di Seppia, giunse a Firenze nel 1927 avendo ottenuto il lavoro di redattore presso l'editore fiorentino Bemporad. In quegli anni Firenze era un vivo centro culturale, molto attento alla poesia italiana moderna. Qui Dino Campana, Giuseppe Ungaretti, Vincenzo Cardarelli e Umberto Saba videro le loro liriche pubblicate dagli editori locali, mentre le riviste fiorentine, La Voce e Lacerba ospitavano i versi dei giovani poeti italiani. Montale si introdusse quindi nel fervido mondo culturale di Firenze e frequentò i ritrovi letterari del caffè Le Giubbe Rosse conoscendovi Carlo Emilio Gadda e Elio Vittorini. Nel 1929 fu chiamato a dirigere il Gabinetto scientifico letterario Vieusseux (ne sarà espulso nel 1938 dal fascismo) e collabora alla rivista Solaria. Meno noto è che proprio a Firenze, Montale si avvicinò all’arte pittorica grazie al maestro siciliano Elio Romano, anch’esso frequentatore de Le Giubbe Rosse. La sua produzione letteraria nel soggiorno a Firenze fu, tra l’altro, Le occasioni (1939) e Finisterre (1943). Ma a Firenze però il poeta trascinò una vita anche di incertezze economiche e nel 1948 decise così di trasferirsi a Milano. Montale tornerà definitivamente a Firenze dopo la sua morte, avvenuta il 12 settembre 1981 a Milano, avendo deciso di essere sepolto, alle porte di Firenze, nel cimitero accanto alla chiesa di San Felice a Ema, dove oggi riposa accanto alla moglie Drusilla.
Ad un anno preciso della sua morte, il Comune di Firenze fece apporre la lapide di viale Amendola, che recita così: “QUI ABITÒ/NEL PERIODO DELLE “OCCASIONI” E “FINISTERRE”/EUGENIO MONTALE/PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA NEL 1975/E QUI SCRISSE ALTRI VERSI NEGLI ANNI DI GUERRA - IL COMUNE DI FIRENZE/CHE LO VOLLE CITTADINO ONORARIO/E NE CUSTODISCE LE SPOGLIE/ACCANTO A QUELLE DELLA MOGLIE DRUSILLA TANZI/POSE QUESTA MEMORIA/NEL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE/12 SETTEMBRE 1982.”
A Firenze, Montale frequentò spesso Carlo Emilio Gadda, un altro sommo autore che trascorse e lavorò con profitto letterario a Firenze. Carlo Emilio Gadda è ritenuto dalla critica e dal pubblico uno degli scrittori più importanti del Novecento, in particolare gli si riconosce la grande passione per lo stile e la profonda conoscenza della lingua italiana scritta, parlata, gergale e dialettale. Tra le sue numerose composizioni spicca infatti il capolavoro: "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana", opera tra le principali del XX° secolo, da cui fu poi tratto anche il film di Pietro Germi, “Un Maledetto Imbroglio”. Il famoso romanzo, scritto in gergo romanesco, fu composto da Gadda proprio a Firenze dove egli visse dal 1940 al 1950. Gadda era giunto a Firenze, abbandonando definitivamente l’attività di ingegnere, per approfondire lo studio della lingua italiana e frequentare le biblioteche fiorentine ed i locali ambienti culturali. Si legò infatti a scrittori, critici ed editori, come Bonsanti, Montale, appunto, Bo, Landolfi e molti altri. Visse a Firenze anche i duri e drammatici anni della Seconda Guerra Mondiale durante i quali scrisse molto, di questi anni ricordiamo Gli anni (1943) e la raccolta L'Adalgisa (1944), ma è nel 1946 che fece uscire, sulla rivista letteraria "Letteratura" di Alessandro Bonsanti, per cinque puntate, da gennaio a novembre 1946, i primi capitoli di "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”. Il Pasticciaccio fu composto da Gadda nell’appartamento, preso in affitto dallo scrittore, al terzo piano del palazzo al numero 11 di via Emanuele Repetti, zona Viale Mazzini, come ricorda la lapide oggi posta sulla facciata dell’edifico: “In questa casa visse dal 1940 al 1950 il milanese ingegnere Carlo Emilio Gadda, sceso manzonianamente a Firenze a impararvi la lingua e a riscattarvi la vocazione letteraria, e qui in anni bui confortati da scelte amicizie scrisse la grande maccheronea del Pasticciaccio".
Ritornando verso Piazza Alberti, precisamente in Via Fra’ Giovanni Angelico, al numero civico 4, una targa ricorda un altro autorevole personaggio, Attilio Momigliano (1883-1952), illustre critico letterario italiano ed insegnante di storia della letteratura italiana all'Università di Catania, Pisa ed infine a Firenze, con queste parole: “QUI VISSE E SCRISSE/ATTILIO MOMIGLIANO/MAESTRO DI CRITICA LETTERARIA/CHE DALLA GRANDE POESIA ITALIANA/TRASSE CERTEZZA DELLA UMANITA’ DELLA PATRIA/ E CONFORTO ALLA PERSECUZIONE RAZZIALE/1883-19527IL COMUNE DI FIRENZE 1997.” Momigliano fu tra i firmatari nel 1925 del Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce e nel 1938, a seguito delle leggi razziali fasciste, fu costretto ad abbandonare l’insegnamento, che riprese dopo il secondo conflitto mondiale, quando fu autore, tra l’altro, della Storia della letteratura italiana in tre volumi e di un commento alla Divina Commedia, (1945-1947).
In questo girare tra i luoghi che ospitarono questi grandi nostri autori, non manchi il lettore di soffermarsi in via Giotto, presso il numero civico 7 rosso, a leggere la lapide che ricorda un altro letterato molto più antico e meno noto dei qui già citati, Alberto Fiorentino (fine XIII secolo–1332). Alberto Fiorentino detto anche Alberto della Piagentina, difatti nacque in questo rione, allora un borgo di campagna fuori le mura cittadine, fu notaio, traduttore e poeta ed autore della traduzione in volgare del De consolatione philosophiae di Boezio. Rispetto ai letterati precedenti fece il cammino all’inverso, nacque a Firenze e morì a Venezia, la lapide così recita così: QUI EBBE LA CUNA/ALBERTO DELLA PIAGENTINA POETA FIORENTINO/CHE NEL MCCCXXXII/NELLE CARCERI DI VENEZIA DALLA LATINA ALL’ITALIANA LINGUA/VOLTO’ I LIBRI DELLA CONSOLAZIONE DI BOEZIO/E L’EPISTOLE D’OVIDIO/IL PADRONE DEL FONDO ETERNA/MEMORIA DI TANTO UOMO/POSE QUESTA LAPIDE NEL MDCCCXIII.
RDF
Testo e Foto di Roberto Di Ferdinando
Firenze ha sempre attratto scrittori ed intellettuali. Autori grandissimi, altri minori che in un certo periodo della loro vita hanno sentito il desiderio o il bisogno di soggiornare per brevi o lunghi periodi sulle rive dell’Arno. E Firenze ha gradito questa loro presenza, difatti numerose sono le lapidi e le targhe che li ricordano. Considerando gli autori più moderni possiamo imbatterci già in uno dei più sommi, Eugenio Montale (1896-1981). Difatti, in Viale Amendola, al numero civico 37, una targa ricorda che qui soggiornò il poeta italiano che ha ricevuto i più alti riconoscimenti di pubblico ed ufficiali: record di vendite di sue antologie, lauree ad honorem a Milano nel 1961, a Cambridge nel 1967 ed a Roma nel 1974, nominato senatore a vita nel 1967 e premio Nobel per la letteratura nel 1975. Montale successivamente alla pubblicazione a Torino (1925) della sua raccolta poetica, Ossi di Seppia, giunse a Firenze nel 1927 avendo ottenuto il lavoro di redattore presso l'editore fiorentino Bemporad. In quegli anni Firenze era un vivo centro culturale, molto attento alla poesia italiana moderna. Qui Dino Campana, Giuseppe Ungaretti, Vincenzo Cardarelli e Umberto Saba videro le loro liriche pubblicate dagli editori locali, mentre le riviste fiorentine, La Voce e Lacerba ospitavano i versi dei giovani poeti italiani. Montale si introdusse quindi nel fervido mondo culturale di Firenze e frequentò i ritrovi letterari del caffè Le Giubbe Rosse conoscendovi Carlo Emilio Gadda e Elio Vittorini. Nel 1929 fu chiamato a dirigere il Gabinetto scientifico letterario Vieusseux (ne sarà espulso nel 1938 dal fascismo) e collabora alla rivista Solaria. Meno noto è che proprio a Firenze, Montale si avvicinò all’arte pittorica grazie al maestro siciliano Elio Romano, anch’esso frequentatore de Le Giubbe Rosse. La sua produzione letteraria nel soggiorno a Firenze fu, tra l’altro, Le occasioni (1939) e Finisterre (1943). Ma a Firenze però il poeta trascinò una vita anche di incertezze economiche e nel 1948 decise così di trasferirsi a Milano. Montale tornerà definitivamente a Firenze dopo la sua morte, avvenuta il 12 settembre 1981 a Milano, avendo deciso di essere sepolto, alle porte di Firenze, nel cimitero accanto alla chiesa di San Felice a Ema, dove oggi riposa accanto alla moglie Drusilla.
Ad un anno preciso della sua morte, il Comune di Firenze fece apporre la lapide di viale Amendola, che recita così: “QUI ABITÒ/NEL PERIODO DELLE “OCCASIONI” E “FINISTERRE”/EUGENIO MONTALE/PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA NEL 1975/E QUI SCRISSE ALTRI VERSI NEGLI ANNI DI GUERRA - IL COMUNE DI FIRENZE/CHE LO VOLLE CITTADINO ONORARIO/E NE CUSTODISCE LE SPOGLIE/ACCANTO A QUELLE DELLA MOGLIE DRUSILLA TANZI/POSE QUESTA MEMORIA/NEL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE/12 SETTEMBRE 1982.”
Viale De Amicis, la targa dedicata a Montale |
A Firenze, Montale frequentò spesso Carlo Emilio Gadda, un altro sommo autore che trascorse e lavorò con profitto letterario a Firenze. Carlo Emilio Gadda è ritenuto dalla critica e dal pubblico uno degli scrittori più importanti del Novecento, in particolare gli si riconosce la grande passione per lo stile e la profonda conoscenza della lingua italiana scritta, parlata, gergale e dialettale. Tra le sue numerose composizioni spicca infatti il capolavoro: "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana", opera tra le principali del XX° secolo, da cui fu poi tratto anche il film di Pietro Germi, “Un Maledetto Imbroglio”. Il famoso romanzo, scritto in gergo romanesco, fu composto da Gadda proprio a Firenze dove egli visse dal 1940 al 1950. Gadda era giunto a Firenze, abbandonando definitivamente l’attività di ingegnere, per approfondire lo studio della lingua italiana e frequentare le biblioteche fiorentine ed i locali ambienti culturali. Si legò infatti a scrittori, critici ed editori, come Bonsanti, Montale, appunto, Bo, Landolfi e molti altri. Visse a Firenze anche i duri e drammatici anni della Seconda Guerra Mondiale durante i quali scrisse molto, di questi anni ricordiamo Gli anni (1943) e la raccolta L'Adalgisa (1944), ma è nel 1946 che fece uscire, sulla rivista letteraria "Letteratura" di Alessandro Bonsanti, per cinque puntate, da gennaio a novembre 1946, i primi capitoli di "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”. Il Pasticciaccio fu composto da Gadda nell’appartamento, preso in affitto dallo scrittore, al terzo piano del palazzo al numero 11 di via Emanuele Repetti, zona Viale Mazzini, come ricorda la lapide oggi posta sulla facciata dell’edifico: “In questa casa visse dal 1940 al 1950 il milanese ingegnere Carlo Emilio Gadda, sceso manzonianamente a Firenze a impararvi la lingua e a riscattarvi la vocazione letteraria, e qui in anni bui confortati da scelte amicizie scrisse la grande maccheronea del Pasticciaccio".
Ritornando verso Piazza Alberti, precisamente in Via Fra’ Giovanni Angelico, al numero civico 4, una targa ricorda un altro autorevole personaggio, Attilio Momigliano (1883-1952), illustre critico letterario italiano ed insegnante di storia della letteratura italiana all'Università di Catania, Pisa ed infine a Firenze, con queste parole: “QUI VISSE E SCRISSE/ATTILIO MOMIGLIANO/MAESTRO DI CRITICA LETTERARIA/CHE DALLA GRANDE POESIA ITALIANA/TRASSE CERTEZZA DELLA UMANITA’ DELLA PATRIA/ E CONFORTO ALLA PERSECUZIONE RAZZIALE/1883-19527IL COMUNE DI FIRENZE 1997.” Momigliano fu tra i firmatari nel 1925 del Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce e nel 1938, a seguito delle leggi razziali fasciste, fu costretto ad abbandonare l’insegnamento, che riprese dopo il secondo conflitto mondiale, quando fu autore, tra l’altro, della Storia della letteratura italiana in tre volumi e di un commento alla Divina Commedia, (1945-1947).
Via Frà Giovanni Angelico, la targa dedicata a Momigliano |
In questo girare tra i luoghi che ospitarono questi grandi nostri autori, non manchi il lettore di soffermarsi in via Giotto, presso il numero civico 7 rosso, a leggere la lapide che ricorda un altro letterato molto più antico e meno noto dei qui già citati, Alberto Fiorentino (fine XIII secolo–1332). Alberto Fiorentino detto anche Alberto della Piagentina, difatti nacque in questo rione, allora un borgo di campagna fuori le mura cittadine, fu notaio, traduttore e poeta ed autore della traduzione in volgare del De consolatione philosophiae di Boezio. Rispetto ai letterati precedenti fece il cammino all’inverso, nacque a Firenze e morì a Venezia, la lapide così recita così: QUI EBBE LA CUNA/ALBERTO DELLA PIAGENTINA POETA FIORENTINO/CHE NEL MCCCXXXII/NELLE CARCERI DI VENEZIA DALLA LATINA ALL’ITALIANA LINGUA/VOLTO’ I LIBRI DELLA CONSOLAZIONE DI BOEZIO/E L’EPISTOLE D’OVIDIO/IL PADRONE DEL FONDO ETERNA/MEMORIA DI TANTO UOMO/POSE QUESTA LAPIDE NEL MDCCCXIII.
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Via Giotto, lapide che ricorda Alberto della Piagentina |
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