Il genio di Brunelleschi nella realizzazione della cupola

Foto di Lorenza Pandolfini
“[…] A parte la meraviglia, questa cupola del Brunelleschi era estremamente pratica in tutti i suoi dettagli. Aveva gronde per la pioggia, piccoli tubi o sbocchi per ridurre la pressione del vento, uncini di ferro all’interno a sostegno delle impalcature per eventuali lavori d’affresco, luce nel ballatoio, che sale verso la cima per evitare ruzzoloni nel buio, e gradini di ferro a sostegno delle parti più ripide della salita. Durante i lavori Brunelleschi aveva anche provveduto al ristoro dei muratori con uno spaccio temporaneo di vini e id cibo, in modo che potessero lavorare tutto il giorno senza la fatica di dover andare e tornare per l’ora del pranzo. […]
In breve, l’opera era una meraviglia sotto ogni rispetto, e Michelangiolo quando fu chiamato a fare San Pietro tributò a Brunelleschi la sua ammirazione con un distico:<<Io farò la sorella | Già più grande ma non più bella>>. Disse il vasari che la cupola sfidava i cieli: <<Veggendosi ella estollere in tant’altezza, che i monti intorno a Fiorenza paiono simili a lei>>.
Spesso fu colpita dal fulmine e ciò fu interpretato come un segno d’invidia deli cieli. Quando i fiorentini seppero che stava per essere applicata alla cupola una lanterna, su disegno del Brunelleschi ma non incominciata che dopo la sua morte, si misero in allarme e parlarono di <<provocazione divina>>.
[…] Michelangiolo sapeva essere rude e sarcastico verso i suoi colleghi architetti e scultori […] ma era molto attento alla vera bellezza (fu lui a chiamare la porta del Battistero del Ghiberti >>porta del Paradiso>> e a rivolgersi al San Giorgio di Donatello dicendo, <<cammina!>>) e la sua architettura fu sempre memore del Brunelleschi, morto gran tempo avanti ala sua nascita, che non riuscì a superare ma solo a esagerare: più grande , sì, ma non più bella. […]”
(Mary McCharty, Le pietre di Firenze, 1956)

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