Rodolfo Siviero, lo 007 dell'arte

Articolo Pubblicato sulla rivista STORIA IN RETE nel 2011
testo e foto di Roberto Di Ferdinando

Durante gli anni più duri del secondo conflitto mondiale (1943-45) la Toscana e, in particolare, Fi-renze subirono oltre a morti e distruzioni anche ingenti danni al patrimonio artistico. Non solo edifici e monumenti furono colpiti dalle bombe, ma anche numerose collezioni d'arte, pubbliche e private, furono spogliate di molte loro opere.
Nel 1944 i tedeschi, su indicazione degli esperti d'arte nazisti componenti della Kunstschutz (la commissione speciale tedesca per la tutela del patrimonio artistico e culturale dell'Italia), iniziarono a sottrarre opere di Botticelli, Michelangelo, Donatello, Tiziano, Perugino, Pollaiolo, Dolci ecc.. (oltre 300 tra quadri e tavole), dalle sale degli Uffizi, di Palazzo Pitti, del Bargello, nonché da case private. Le opere furono riunite in depositi a Pistoia, Poppi (Arezzo), Marano sul Panaro (Modena) e in Alto Adige, pronte per essere spedite a Berlino e a Vienna. Fortunatamente la liberazione di questi luoghi da parte degli Alleati impedì il completo trasferimento di questi capolavori, ma numerose opere comunque mancarono all'appello. Si calcola infatti che la Germania di Hitler, durante la guerra, tra-fugò dai paesi occupati circa 700.000 oggetti d'arte. Il ritorno di queste opere ai loro paesi d'origine fu quindi una tra le questioni più delicate che le nazioni dovettero affrontare nel dopoguerra.
In Italia ad occuparsi del rientro di quei capolavori fu chiamato dal governo repubblicano, su indi-cazione di Benedetto Croce, e con pieni poteri, il toscano Rodolfo Siviero, che a questa causa dedi-cò tutta la vita.
Rodolfo Siviero nasce a Guardistallo (Pisa) nel 1911, sensibile all'arte e alla cultura, giovanissimo si trasferisce a Firenze, dove si laurea in storia dell'arte alla Facoltà di Lettere. Nel 1936 pubblica la raccolta di poesie 'La selva oscura', e l’anno dopo, a 26 anni, vince una borsa di studio per Berlino, ma il suo futuro non sarà la tranquilla attività letteraria o accademica. Con l'inizio della guerra infatti le autorità italiane apprendono l'esistenza di un piano nazista per impossessarsi di opere d'arte, te-desche e non, presenti in varie nazioni, compresa l'alleata Italia. Per contrastare quest'iniziativa il servizio informazioni militari italiano decide di procurarsi a Berlino una sorta di agente segreto dell'arte che, competente in materia artistica e introdotto negli ambienti culturali della capitale tede-sca, possa creare una rete di informatori per prevenire le mosse tedesche. La scelta cade su Siviero, che giovanissimo aveva aderito al fascismo, come molti suoi coetanei, con la speranza che il regime potesse rivoluzionare il paese migliorandolo, speranza che ben presto gli venne meno. Siviero riesce rapidamente a istituire un'organizzazione segreta di consulenti, che sarà capace di seguire e registrare in territorio tedesco il destino dei capolavori rastrellati dai tedeschi in Italia dopo l'8 settembre del 1943. Ma anche di svolgere attività di prevenzione in territorio italiano:  ricordo, ad esempio, il salvataggio dell’Annunciazione del Beato Angelico. Il dipinto si trovava nel convento francescano di Montecarlo presso San Giovanni Valdarno. All'inizio del 1944 il Servizio Informativo di Siviero seppe che Goering desiderava avere il capolavoro per la sua collezione e che il Kunstschutz era stato incaricato di portarlo in Germania. Siviero avvertì la Soprintendenza e due frati francescani del convento di Piazza Savonarola a Firenze; fece così prelevare e nascondere l'opera il giorno prima dell'arrivo dei militari tedeschi.
Nell'inverno dello stesso anno Siviero continua quest'attività passando informazioni ai servizi segreti Alleati, ed in seguito aderisce alla lotta partigiana. In questo periodo la palazzina sul Lungarno Serristori a Firenze, di proprietà dello storico dell'arte Giorgio Castelfranco, oggi Museo Casa Si-viero, diventa la centrale operativa di Siviero e dei suoi collaboratori partigiani. Per quest’attività Siviero è denunciato dalle locali autorità fasciste che da aprile a giugno del 1944 lo imprigionano e torturano nella cosiddetta Villa Triste di via Bolognese. Riesce però a resistere agli interrogatori e, grazie all' intervento di ufficiali repubblichini che in realtà collaboravano con gli anglo-americani, viene rilasciato, riprendendo quindi la sua attività di agente segreto. E’ così inviato nel nord Italia, dietro le linee del fronte, con il pericoloso compito di raccogliere documenti e comunicazioni sul tra-sferimento delle opere in Germania. Grazie alle sue indicazioni nel 1945 sono scoperti i depositi d'arte di San Leonardo in Passiria e Campo Tûres presso Bolzano.
Con la conclusione del conflitto Siviero è nominato dal Governo italiano direttore dell'Ufficio Re-cuperi. Ma la sua attività si svolge sempre sul campo, infatti, partecipa personalmente, anche in ma-niera avventurosa, al recupero di molti capolavori. Per esempio per salvare alcuni mosaici romani, giunti illegalmente in Svizzera su un treno merci, gli uomini di Siviero sganciano il vagone conte-nente il prezioso carico per agganciarlo ad un treno diretto in Italia.
Nel 1946 è posto a capo della missione diplomatica italiana presso il governo militare alleato in Germania incaricata di trattare la restituzione delle opere d'arte depositate nei collecting points tede-schi, e negli anni successivi collabora anche con le autorità federali per recuperare e riunire i nume-rosi acquerelli di Hitler che subito dopo la guerra, più o meno illegalmente, erano andati a collezio-nisti privati.
Nel maggio del 1952 quest'impegno di Siviero per l'arte è celebrato a Firenze con una mostra in Pa-lazzo Vecchio, in cui sono esposte numerose opere recuperate dallo 007 dell'arte, ma il lavoro non è ancora concluso. Infatti, sebbene la Germania avesse restituito volontariamente molte opere confi-scate dai nazisti, anche in seguito alle clausole previste del Trattato di Pace firmato dall'Italia ed all'accordo De Gasperi-Adenauer del 1953, numerosi capolavori italiani continuano a rimanere all'estero. Si tratta principalmente di opere acquistate da collezionisti tedeschi durante la guerra e con l'autorizzazione del regime fascista, ma in deroga alla normativa di allora, che la Germania non intendeva restituire. Molte di queste opere inoltre erano passate ad altri collezionisti e disperse per tutti i continenti; si pensi alle opere di Antonio del Pollaiolo oppure dei macchiaoli Fattori, Lega e Signorini segnalate negli USA, in Canada e in Oceania ed altre ancora di altri autori in Unione So-vietica). Per affrontare tale situazione il Ministero degli Esteri italiano decide, con decreto del 27 maggio 1953, di istituire una Delegazione per le Restituzioni che assorbe le competenze dell'ufficio recuperi delle opere d'arte e del materiale storico bibliografico e quelle della missione per le restitu-zioni nati nel 1945. Il suo compito recuperare le opere trafugate in Germania, la restituzione di quelle esportate illecitamente e di indagare anche su altre opere d'arte scomparse dal nostro paese. Compongono la Delegazione, diplomatici, alti magistrati, avvocati, dello Stato, professori universi-tari e storici dell'arte, mentre a guidarla è chiamato, con la carica di Ministro plenipotenziario, Ro-dolfo Siviero che ne rimane a capo fino al 1983, anno della morte.
Siviero, forte dei pieni poteri e della fedele rete di informatori passa subito all'azione, spesso, come nel passato, intervenendo direttamente senza attendere autorizzazioni ministeriali o i tempi della bu-rocrazia. Quest'atteggiamento gli procura numerose inimicizie negli ambienti della diplomazia ita-liana, ma gli permette comunque di far rientrare in Italia le opere di Leonardo, Tintoretto, Bronzino Pollaiolo, Masaccio, Masolino, Memling e Veronese. Recuperò il Discobolo di Mirone (oggi al Museo Nazionale di Roma), la Madonna con Bambino di Masaccio (Uffizi) e numerose tele del Botticelli (Sala Botticelli - Uffizi).
Con il passare degli anni il ruolo della Delegazione inizia a perdere importanza e l’interesse delle istituzioni nazionali sul tema della restituzione delle opere d’arte diminuisce. Siviero esprime così nei suoi diari l'amarezza per la poca attenzione che i governi italiani dedicano al problema del recupero del patrimonio culturale. Ma ancora una volta non si perde d’animo e collabora in prima persona con il Nucleo tutela patrimonio artistico, un corpo speciale dei Carabinieri in grado di operare non solo sul territorio nazionale, ma anche all’estero, per proteggere le opere d’arte. Da questa collaborazione nasce il recupero dell’Efebo di Selinunte – una statua greca del V secolo a.C - rubato da un’organizzazione mafiosa. Siviero finse di essere un ricettatore che voleva acquistarlo. Al momento della consegna del denaro fece però intervenire i Carabinieri, che dopo un conflitto a fuoco recu-perarono il capolavoro e arrestando i colpevoli.
Negli ultimi anni della sua vita, Siviero continua sempre a impegnare le proprie energie nella cultura, soprattutto attraverso il suo ruolo di presidente della Accademia delle Arti del Disegno, la pre-stigiosa istituzione fiorentina fondata da Vasari e da Cosimo I dei Medici. Siviero la rivitalizza dan-dole una nuova organizzazione e realizzando una serie di importanti manifestazioni.
Nel 1984 ad un anno dalla sua morte l'amministrazione fiorentina dedica ancora a Siviero una mostra con le principali opere da lui recuperate. La mostra si chiama L'opera ritrovata come il catalogo di 339 pagine in cui Siviero aveva descritto in maniera dettagliata 2356 pezzi artistici (quadri, sculture, mobilio) trafugati ed indicando anche il luogo in cui tutt'oggi si trovano (Berlino, Mosca, San Pietroburgo, ecc..). Tra questi la Testa di Fauno, indicata come la prima opera scolpita da Mi-chelangelo, realizzata in onore di Lorenzo il Magnifico per il giardino del convento di San Marco di Firenze e sottratta dal Bargello dai tedeschi. Si calcola che oggi esistano depositate presso l'Archivio Storico Diplomatico della Farnesina circa 1.500 pratiche inevase di opere da recuperare.
RDF

Museo- Casa Siviero
Il Museo Casa Siviero è allestito in un elegante palazzo ottocentesco, in Lungarno Serristori, presso le rampe che conducono al Piazzale Michelangelo. Già proprietà dello storico d’arte Giorgio Castelfranco, l’immobile fu lasciato a disposizione dell’amico Rodolfo Siviero, quando Castelfranco fu costretto, causa le persecuzioni razziali fasciste, ad abbandonare Firenze con la famiglia. Nel 1943 Siviero trasforma il palazzo nella centrale operativa della sua rete di collaboratori partigiani  allestita per contrastare il traffico di opere d’arte tra l’Italia e la Germania. Dopo la fine della guerra, lo stesso Siviero acquistò l’immobile e vi sistemò la collezione da lui raccolta con passione nel corso di tutta la sua vita.
Prossimo alla morte, Siviero, celibe e senza figli, volle che questa sua abitazione e la sua collezione d'arte privata fossero donate alla Regione Toscana perché ne facesse un museo aperto gratuitamente a tutti.
Oggi Casa Siviero, dopo nuovi ristrutturazioni, è nuovamente visitabile e l'apertura, le attività didattiche e scientifiche sono garantite dall'Associazione culturale Amici dei Musei e dei Monumenti Fiorentini, in seguito ad una convenzione con la Regione Toscana.
La raccolta di opere d'arte, conservata nella casa-museo comprende oggetti d'arte che vanno dal periodo antico a quello moderno e contemporaneo. Tra le opere, i quadri di De Chirico, Soffici ed Annigoni, dei quali Siviero fu amico stretto, statue di Manzù, ed ancora terrecotte, bronzi, sculture lignee, antichi reliquari, corredi da caccia, fucili, pistole decorate, splendidi mobili, tele e tavole di Piero della Francesca, Jacopo del Sellaio, del Sansovino e di Van Bloemen.
Testo di Roberto Di Ferdinando

Lungarno Serristori, la palazzina che ospita il Museo-Casa Siviero

Casa Museo Siviero
http://www.museocasasiviero.it/
Lungarno Serristori, 1-3, Firenze
Tel. 055 2345219 - 055 4382652;
E-mail: casasiviero@regione.toscana.it

Commenti

Post più popolari