La struttura dei servizi segreti nel Granducato di Toscana

Articolo Pubblicato su Firenze Informa nel 2007
Testo di Roberto Di Ferdinando


Nell'ottocento i Granduchi di Toscana (Ferdinando III di Lorena, Granduca dal 1790 al 1824, ma restaurato sul trono nel 1814 dopo la lunga parentesi napoleonica, e suo figlio, Leopoldo II, che regnò fino al 1859), introdussero numerose riforme che garantirono alla Regione uno sviluppo economico e sociale.
Ma in un momento storico in cui la penisola italiana era percorsa da iniziative radicali e da ambiziosi progetti di unificazione, le riforme in Toscana si rivolsero anche al mondo militare e, in particolare, ai servizi segreti, le principali istituzioni garanti della sicurezza interna ed esterna del Granducato.
Difatti, in materia di sicurezza interna, nel 1814, Ferdinando III istituì la carica politica di Presidente del Buon Governo, una sorta di Ministro dell'Interno, con la funzione di dirigere la polizia, cioè il corpo predisposto all'attività di vigilanza nei confronti di tutti i cittadini e dei gruppi sospetti o sovversivi.
Nelle altre città toscane l'autorità del Buon Governo ebbe uffici e rappresentanti locali, anche quest'ultimi denominati Presidenti, alle cui dipendenze operavano due autorità: l'Auditore Inquirente, l'ufficio preposto alla raccolta e valutazione delle informazioni, ed il Cancelliere Criminale, l'esecutore delle direttive del Presidente locale.
La vera e propria attività informativa, quella su campo, era svolta invece dal Capitano di Polizia o Capo dei Birri (detto anche Bargello, da cui prendeva il nome anche l'edificio, sede del Capitano di Polizia). Il Capitano disponeva di una propria rete di informatori e spie, oltre che contare su alcuni provocatori, e forniva periodicamente all'Auditore i rapporti sulla situazione dell'ordine pubblico. L'attività repressiva nei confronti dei sospetti o degli effettivi cospiratori era eseguita dal Cancelliere, su ordine del Presidente, che era stato informato sul caso dall'Inquisitore. Se la situazione richiedeva un agire rapido, queste operazioni potevano essere avviate e condotte anche dal Bargello. I servizi informativi così strutturati garantivano efficienza senza richiedere ingenti fondi per la loro gestione. La linea di comando era semplice e chiara, non esistevano infatti interferenze, e chi prendeva le decisioni operava a stretto contatto con gli esecutori. Inoltre il servizio si componeva di pochi effettivi. La maggioranza degli agenti era, difatti, composta da semplici cittadini che collaboravano con la polizia. Spesso però le autorità durante queste loro attività, si muovevano senza riconoscere le garanzie ed i diritti fondamentali dei cittadini, provocando così nei toscani una sentita avversione verso questo tipo di istituzioni.
Le Presidenze del Buon Governo che si caratterizzarono per una dura repressione furono quelle di Torello Ciantelli e di Giovanni Bologna.
Ciantelli fu nominato Presidente nelle prime settimane del 1831. Era un deciso conservatore, nemico dei liberali e dei repubblicani ritenuti una minaccia per l'ordine interno del Granducato. In politica estera si schierava invece al fianco dell'Austria, consultandosi infatti periodicamente con il conte di Sarau, ambasciatore austriaco presso il Granducato.
Il rigore di Ciantelli nei confronti dei movimenti politici locali sembrò però eccessivo; in Toscana infatti i liberali non erano numerosi, e questi erano in maggioranza moderati (ricordiamo Gino Capponi, Pietro Giordani, Cosimo Ridolfi e Giuseppe Poerio), mentre i non molti mazziniani e repubblicani (Francesco Domenico Guerrazzi) erano concentrati tra Livorno e Pisa.
Le preoccupazioni di Ciantelli sembrarono però fondate quando nel febbraio del 1831, alla vigilia delle sollevazioni promosse da Ciro Menotti nei ducati di Modena e Parma e nella Legazione di Bologna, in Toscana si prepararono azioni contro il Granduca. Una di queste prevedeva che alcuni liberali sequestrassero, o meglio, trattenessero il Granduca, mentre assisteva ad una rappresentazione teatrale a Firenze, perché così si convincesse a concedere la costituzione. I servizi di Ciantelli smascherarono in anticipo la cospirazione, provocandone il fallimento.
Questa vicenda, abbinata alle insurrezioni repubblicane in Emilia, destò molta preoccupazione negli ambienti politici toscani. L'ambasciatore Sarau invitò il Granduca a chiedere un aiuto militare all'Austria in modo da impedire che il movimento insurrezionale si espandesse anche al Granducato. Leopoldo II, contrario alla presenza di reparti militari stranieri sul proprio territorio, sebbene imparentato con la casa d'Asburgo, respinse gentilmente l'offerta di Vienna ed inviò invece a difendere i confini il proprio esercito guidato dal Primo Ministro Vittorio Fossombroni. Inoltre, per evitare che questa mossa lasciasse le città toscane prive di una forza sufficiente a garantirne l'ordine pubblico, il Granduca decise di reintrodurre la Guardia Urbana; un'istituzione a cui Firenze, nei momenti difficili, aveva sempre, ma temporaneamente, ricorso.
All'appello del Granduca in pochi giorni risposero oltre diecimila toscani. La Guardia si componeva di cittadini, di tutte le estrazioni sociali, che a turno indossavano l'uniforme turchina del Corpo, per poi, alla fine del loro servizio, tornare alle loro civili attività. La Guardia fu sciolta dopo alcuni mesi.
Superata l'emergenza, il Granduca giudicò controproducente l'attivismo di Ciantelli, avendo esso provocato esteso malumore nella cittadinanza, in particolare nell'alta borghesia. Quindi nel 1832 lo sostituì con Giovanni Bologna, che, sebbene moderato, non si distaccò comunque dalla politica repressiva del suo predecessore,  agendo anch'egli spesso su indicazione dell'Austria. Numerosi furono in quest'anni gli arresti, le condanne, le deportazioni al confino e le espulsioni di liberali e repubblicani. Cadde vittima di questa politica anche la rivista culturale Antologia, la cui pubblicazione fu sospesa nel 1833.
Questo clima si protrasse fino 1847, quando con un regio decreto, si dette vita alla Guardia Civica. Questa aveva il compito di garantire l'ordine, la sicurezza pubblica e l'indipendenza dello stato, prevalentemente attraverso la raccolta di informazioni, senza però avere autorità repressiva. Si componeva di semplici cittadini che agivano in abiti civili, e continuando le loro quotidiane attività. Ogni toscano di età compresa tra i diciannove ed i sessanta anni era obbligato a prestare tale servizio presso la propria comunità di residenza.
In campo militare invece l'attività di Polizia Militare e di controspionaggio era svolta dal Bargello dell'Armata, il corrispettivo militare del già visto Capitano di Polizia, che era posto alle dipendenze dell'Auditore Generale, l'autorità che rispondeva direttamente al Comandante in Capo dell'esercito del Granduca.
Nel biennio 1848-49, similmente ad altri stati europei ed italiani, anche la Toscana fu investita da un'ondata prima riformatrice liberale e poi insurrezionale repubblicana. Nel 1849 a Firenze, infatti l'ascesa politica di Guerrazzi e di Giuseppe Montanelli, favorevoli ad una Costituente italiana, costrinse Leopoldo II a rifugiarsi a Gaeta, per rientrare in patria solo alcuni mesi dopo con l'aiuto dell'Austria. Dopo questa drammatica esperienza il Granduca ritenne necessario riformare i servizi segreti. Si esautorò così la figura dell'Auditore Inquirente, e si depotenziò l'autorità del Cancelliere. Le loro competenze furono trasferite ad una nuova figura, il Commissario, che rispondeva al Ministro dell'Interno. La figura del Presidente del Buon Governo infatti era stata abolita con il regio decreto del 1847, ed era stata sostituita, in alcune funzioni, dalla Direzione Generale di Polizia, inquadrata nel Ministero dell'Interno.
Il Commissario si occupava della raccolta di informazioni in ambito politico, mentre al Bargello rimanevano le competenze per i reati comuni. Una distinzione che comunque difficilmente poteva essere sempre rispettata, andando così a discapito dell'efficienza del servizio.
La riforma investì anche i corpi di polizia e delle guardie. Nel 1847 era stato soppresso il Corpo degli Agenti della Bassa Polizia. Questo corpo si componeva di semplici birri, ordinati per squadre, che svolgevano il servizio della bassa polizia; sorvegliando i precettati serali, od effettuando la ronda notturna.
Nel 1849 la Guardia Civica fu trasformata in Guardia Nazionale, composta in prevalenza da volontari e presente solo in alcune città toscane, e nel 1852, questa fu assordita dalla Gendarmeria, che, con l'Unità d'Italia, entrò a far parte del Corpo dei Carabinieri.
Per quanto riguarda il Ducato di Lucca, nonostante avesse ottenuto indipendenza ed autonomia dopo l'esperienza napoleonica, inevitabilmente il suo ottocento fu influenzato dalle riforme introdotte nel vicino Granducato di Toscana. Già l'organizzazione governativa del ducato rispecchiava quella fiorentina; nel 1814 anche il Duca di Lucca, Carlo Ludovico di Borbone, aveva infatti introdotto la carica di Presidente del Buon Governo che aveva il comando dell'Alta e della Bassa Polizia. La prima svolgeva attività di raccolta informazioni e repressione dei movimenti radicali, la seconda aveva invece la responsabilità di mantenere l'ordine pubblico nelle varie città ducali. Nel 1836, questa volta anticipando il Granduca, Lucca decise di riorganizzare il proprio assetto istituzionale, abolendo la Presidenza del Buon Governo e introducendo l'ufficio del Presidente di Grazia e Giustizia a cui fu affidato il controllo dell'Alta Polizia. La Bassa Polizia invece fu posta sotto la direzione politica di una nuova figura, il Commissario. Questo assetto durò solo pochi mesi, infatti l'autorità del Commissario fu abolita e sostituita dalla Direzione Generale di Polizia che nel 1843 fu infine posta sotto il controllo del Presidente di Grazia e Giustizia, riunificando così i due Corpi di Polizia alle dipendenze di un unico soggetto politico.
RDF

Bibliografia:
A. Viviani, Storia dei Servizi Segreti, Adnkronos, Milano, 1985.
G. Conti (a cura di), FIRENZE VECCHIA STORIA - CRONACA ANEDDOTICA - COSTUMI (1799-1859) in: http://digilander.libero.it/bepi/firenze

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