Leonardo da Vinci "stregone"....

“[…] In Leonardo sembrò concentrarsi tutto il genio del popolo fiorentino – genio per la scienza, l’ingegneria, la cartografia, la pittura, l’architettura, la scultura. Inoltre, era anche bello d’aspetto. Di tutti i doni di cui era ricco egli coltivò soprattutto la pittura diversamente da Michelangiolo il quale, quasi altrettanto donato, disprezzava tutta la pittura, tranne l’affresco, tenendola in contro di lavoro bambinesco, sconveniente ad un uomo. Anche Leonardo, però, come Paolo Uccello, era incantato dagli enigmi matematici dal punto da trascurare la sua arte. Un monaco che fungeva da agente di isabella d’este, ragguagliandola sull’attività di Leonardo le scrisse che i suoi esperimenti matematici lo avevano talmente distratto dalla pittura da non poter più soffrire il pennello.
Con Leonardo, prorompe finalmente, senza equivoci l’elemento stregonico dell’arte da lui prediletta. L’autoritratto (supposto tale) che si fece da vecchio lo ritrae come un antico mago Merlino o sacerdote druida, con lunga capigliatura bianca, bianca barba e candidi sopraccigli – tutti gli accessori dell’Incantatore. Le cave e grotte azzurrognole, le stalagmiti e stalattiti, le limpide pozze e i rivi ombrosi delle sue tele da cavalletto adescano lo spettatore in un regno rarefatto di sinistra magia. I curvi sorrisi delle sue madonne e Sat’Anne hanno una tentazione serpentina; san Giovanni Battista col suo morbido petto femmineo e rotonde braccia di cocotte si trasforma in un Bacco, con corona di pampini e pelle di pantera. Ogni cosa è in stato di lenta metamorfosi o di insinuante mutazione e il soggetto del suo quadro più celebrato, Monna Lisa, sorridente del suo sorriso enigmatico, è certamente una strega. Ecco perché la gente è tentata di sfregiarla, di disegnarle un paio di baffi, di violentarla; è il quadro più famoso del mondo perché tutti i trucchi di mistificazione della pittura sono in essa raccolti, a suscitare un senso di paura.
[…].”
(Mary McCarthy, Le pietre di Firenze)

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