La finocchiona
“[…] Della preparazione e l’uso di insaccati nella
gastronomia toscana esistono varie testimonianze già a partire dal XV secolo.
In un testo attribuito ad un autore toscano, intitolato “il libro della cucina
del secolo XV. Testo di lingua non mai fin qui stampato"” si parla
dell’insaccatura di budelli di porco o vitella con grasso di maiale o altre
carni, con spezie e erbe odorifere. Tra questi insaccati rientrava sicuramente
anche la Finocchiona che ha lunga storia perché nel Medioevo il finocchio era
usato in luogo del pepe, allora assai costoso e raro. Anton Francesco Grazzini,
scrittore fiorentino del’500, in un suo componimento parlava dell’uso del
finocchio in un tipo di salsiccia che si produceva e veniva consumata a
Firenze. Alla fine dell’Ottocento il cav. Giuseppe Lancia nel suo manuale
riconosceva che in Italia ogni regione, anzi ogni provincia, aveva il genere di
salume suo proprio e speciale e Firenze aveva la mortadella finocchiata.
L’Ottocento e il Novecento, poi, sono secoli particolarmente ricchi di testimonianze della “Finocchiona” che solo
per citarne alcune si ricorda la sua presenza nel Vocabolario della lingua
parlata, 1875 di Rigutini e Fanfani, e nel Vocabolario degli Accademici della
Crusca, edizione 1889. La pubblicazione “Atlante dei Prodotti Tipici: i salumi”
dell’INSOR (2002) dedica una scheda alla Finocchiona e anche nella pubblicazione
“Alla ricerca del pane perduto” (1889) si parla di questo straordinario salume.
La Finocchiona si caratterizza per l’originale scelta di
aggiungere a carni di qualità, provenienti dai tagli di carne del suino pesante
italiano o della Cinta Senese, altra specialità toscana, il finocchio che
caratterizza tante ricette della cucina regionale e che fa parte della flora
endemica toscana, spesso presente, dalla costa fino alle zone sub-montane, ai
piedi dei muretti a sesso e ai piedi delle “stradelle” di campagna. [...]"
(Tratto da: “Toscana, l’eccellenza del gusto”)
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