Modi di dire legati al mondo dei “banchi”
Testo di Roberto Di Ferdinando
Firenze è stata città di banchieri e tra il Quattrocento ed il Cinquecento le più importanti famiglie fiorentine impiegarono le loro disponibilità economiche in attività di cambio e prestito, accumulando così tesori ricchissimi. L’Arte dei Cambi, la corporazione dei banchieri, divenne difatti molto potente in città.
I banchieri svolgevano principalmente due attività, quella del prestito e quella di cambio delle valute non fiorentine.
Spesso il prestito era offerto a tassi di interesse molto alti, tanto che in quegli anni in città, la potente famiglia di banchieri degli Strozzi, che esercitava il tasso di prestito più alto, era soprannominata, in alcuni suoi membri, in maniera dispregiativa, degli “strozzini” (da "Il Canto dei Bischeri" di Franco Ciarleglio - Ed. Sarnus).
L’altra attività era quella di cambio. Chi desiderava cambiare altre valute in fiorini si recava al banco di cambio, e qui il banchiere, se si trattava di ricevere monete d’oro, prima di cambiarle, le faceva risuonare sul banco di pietra (da qui, poi, il nome “banca”) per accertarsi della loro autenticità e peso. Sul fiorino d’oro di Firenze non c’erano molti dubbi, grazie alle garanzie fornite dall’immagine di San Giovanni che era apposta su una faccia della moneta e dal suo particolare peso (in riferimento al modo di dire “San Giovanni non vuole inganni”, si veda l’altro mio post: http://curiositadifirenze.blogspot.it/2012/03/modi-di-dire-san-giovanni-non-vuole.html ). Ma anche il fiorino d’oro poteva essere preso di mira per delle truffe. Infatti, alle volte poteva capitare che alcuni fiorini d’oro uscissero dalla zecca cittadina (che era posta nella Torre della, appunto, “Zecca”, nell’attuale Piazza Piave) con delle leggere imperfezioni sui bordi, qui dei piccoli filamenti d’oro venivano fuori dal profilo, “invitando” alcuni possessori a grattarli via e ad impossessarsene. Da qui il modo di dire “grattare” per indicare un furto.
RDF
Firenze è stata città di banchieri e tra il Quattrocento ed il Cinquecento le più importanti famiglie fiorentine impiegarono le loro disponibilità economiche in attività di cambio e prestito, accumulando così tesori ricchissimi. L’Arte dei Cambi, la corporazione dei banchieri, divenne difatti molto potente in città.
I banchieri svolgevano principalmente due attività, quella del prestito e quella di cambio delle valute non fiorentine.
Spesso il prestito era offerto a tassi di interesse molto alti, tanto che in quegli anni in città, la potente famiglia di banchieri degli Strozzi, che esercitava il tasso di prestito più alto, era soprannominata, in alcuni suoi membri, in maniera dispregiativa, degli “strozzini” (da "Il Canto dei Bischeri" di Franco Ciarleglio - Ed. Sarnus).
L’altra attività era quella di cambio. Chi desiderava cambiare altre valute in fiorini si recava al banco di cambio, e qui il banchiere, se si trattava di ricevere monete d’oro, prima di cambiarle, le faceva risuonare sul banco di pietra (da qui, poi, il nome “banca”) per accertarsi della loro autenticità e peso. Sul fiorino d’oro di Firenze non c’erano molti dubbi, grazie alle garanzie fornite dall’immagine di San Giovanni che era apposta su una faccia della moneta e dal suo particolare peso (in riferimento al modo di dire “San Giovanni non vuole inganni”, si veda l’altro mio post: http://curiositadifirenze.blogspot.it/2012/03/modi-di-dire-san-giovanni-non-vuole.html ). Ma anche il fiorino d’oro poteva essere preso di mira per delle truffe. Infatti, alle volte poteva capitare che alcuni fiorini d’oro uscissero dalla zecca cittadina (che era posta nella Torre della, appunto, “Zecca”, nell’attuale Piazza Piave) con delle leggere imperfezioni sui bordi, qui dei piccoli filamenti d’oro venivano fuori dal profilo, “invitando” alcuni possessori a grattarli via e ad impossessarsene. Da qui il modo di dire “grattare” per indicare un furto.
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