Il palio fiorentino

Testo e foto di Roberto Di Ferdinando

In Toscana la tradizione dei palii, le corse con gli animali, è antichissima e sopravvive tutt’oggi a Siena e in alcune località della Maremma grossetana e del pisano, ma in passato tali manifestazioni ippiche si svolgevano anche a Pistoia, nel livornese ed a Firenze.
Nella nostra città fu Cosimo I de’ Medici che introdusse la corsa di carri e cavalli, recuperando l’usanza romana delle corse delle bighe.
Infatti, nell’antica Roma quattro bighe, trainate da due o quattro cavalli, si sfidavano girando per tre volte nel Circo Massimo, il tracciato della pista era delimitato da due obelischi di legno. I quattro auriga erano vestiti con colori diversi, (rosso, bianco, azzurro e verde), così come i loro carri, questo permetteva ai romani di distinguerli e scommettere su uno dei colori.
Cosimo I volle così riproporre questa pratica, istituendo nel 1563 il Palio fiorentino, detto “dei cocchi”, cioè dei carri. Fu stabilito che ogni anno, il 23 giugno, alla vigilia della festività di San Giovanni Battista, patrono di Firenze, si svolgesse in Piazza Santa Maria Novella una corsa con quattro carri, ognuno trainato da quattro cavalli. Ogni carro rappresentava un quartiere della città e gli fu attribuito un colore, gli stessi del Calcio Storico Fiorentino.
La scelta della piazza non fu casuale, infatti si diceva allora, ed oggi queste teorie sembrano avere riscontri storici, che nell’antica Florentia romana nella zona dell’attuale piazza di Santa Maria Novella, ci fosse un grande ippodromo dove i romani svolgevano le loro corse delle bighe (si veda il post: http://curiositadifirenze.blogspot.it/2011/06/nuove-scoperte-della-firenze-romana.html).
Nel palio dei Cocchi, la partenza (mossa) era data dal Granduca che sventolava un fazzoletto bianco, dopo di ché i carri facevano per tre volte il percorso (palio “alla tonda”, come quello di Siena) che era delimitato, come voleva la tradizione romana, da due obelischi di legno. Il Granduca e la sua corte assistevano alla corsa da una tribuna che era appositamente allestita sotto il loggiato dell’Ospedale di San Paolo, il loggiato che chiude la piazza dalla parte opposta della chiesa.
Successivamente, il Granduca Ferdinando I de’Medici decise di sostituire gli obelischi di legno con due di marmo, opera dell’Ammannati, facendo porre ai loro basamenti quattro tartarughe di bronzo, queste, invece, forgiate, si ritiene, dal Giambologna, tartarughe che simboleggiavano per la Signoria de’Medici,  la pazienza, la forza e la tenacia del popolo toscano. Tale corsa si svolse fino a metà dell’Ottocento.


Piazza Santa Maria Novella, sede del Palio dei Cocchi
Piazza Santa maria Novella, gli obelischi di marmo

Ma il “Palio dei Cocchi” non era l’unico palio cittadino, infatti a Firenze esisteva anche una vera e propria corsa sulla distanza (palio “alla lunga”) di cavalli senza fantino (scossi). Il via (mossa) era dato in prossimità di un ponte appena fuori Porta al Prato, da qui l’origine del nome di via del Ponte alle Mosse, quindi i cavalli percorrevano a tutta velocità, in un percorso delimitato, il centro cittadino, da qui anche l’origine del nome della strada transitata dai cavalli al galoppo e chiamata, per l’appunto, “Corso”, per giungere all’arrivo che era posto a Porta alla Croce, l’attuale Piazza Beccaria. I cavalli utilizzati erano di razza berbera, nome storpiato dai fiorentini in barberi, divenendo di fatto la Corsa de’ Barberi. La corsa si svolgeva ogni 24 giugno e la sua pratica era molto antica, lo stesso Dante la cita nel Paradiso:“ Li antichi miei e io nacqui nel loco/dove si truova pria l'ultimo sesto/da quel che corre il nostro annual gioco” (Paradiso XXVI, 40-42). La corsa si svolse regolarmente fino al 1858.
RDF

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