Testo e foto di Roberto Di Ferdinando
Sembra che il rapporto tra Dante e Firenze non sia riuscito a conciliarsi nemmeno dopo la morte del Sommo Poeta. Dante morì di malaria il 14 settembre 1321 in esilio a Ravenna dove fu sepolto e le cui spoglie ancora oggi riposano. Firenze nei secoli ha cercato tutte le vie diplomatiche e non con Ravenna per riportare a casa i resti del poeta, senza mai riuscirvi; si racconta perfino che i francescani della città romagnola, presso i quali è il sepolcro di Dante, per sottrarre i resti del poeta a un possibile trafugamento da parte dei fiorentini, tolsero le ossa dal sepolcro, nascondendole dietro a una porta murata nel convento per poi riporle nell’urna funebre solo dopo molti decenni.
Ad inizio Ottocento le autorità fiorentine, non dome, diedero mandato di erigere nella Basilica di Santa Croce, il Pantheon degli ingegni italici, un sepolcro che avrebbe ospitato, una volta che Ravenna si fosse decisa, i resti del Poeta Divino. L’opera fu realizzata nel 1829 dallo scultore fiorentino Stefano Ricci (1765-1837) e collocata nella navata di destra della chiesa. Un’opera smisurata, in cui Dante è rappresentato, in alto, in una posizione non certo nobile, infatti è seduto e curvo in avanti, invece ai lati del sepolcro, vuoto, due statue, quelle dell’Italia e della Poesia che piangono il poeta. Un omaggio a Dante non tanto ben riuscito e non sarà neanche il primo.
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Basilica di Santa Croce, cenotafio di Dante (immagine tratta da Wikipedia.it) |
Infatti in vista delle celebrazioni dantesche del VI° centenario della nascita di Dante, nel 1865, alla presenza del re Vittorio Emanuele II, fu inaugurata al centro di Piazza di Santa Croce, il pomposo monumento dedicato al Sommo Poeta, opera dello scultore ravennate Enrico Pazzi (1819-1899). La statua, che vede Dante in piedi con una mano nascosta, nel 1968, per garantire i nuovamente nella piazza lo svolgimento delle partite del Calcio Storico Fiorentino, fu spostata sulla sinistra del sagrato della basilica, dove tutt’oggi si può vedere.
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Piazza di Santa Croce, il monumento a Dante |
Certamente una posizione più defilata, quasi a volerla nascondere, un altro dispetto al Dante già esiliato. E non sarà l’ultimo, infatti, esiste un terza statua dedicata al poeta, ed è posta nel piazzale degli Uffizi, nel loggiato. Qui Dante è rappresentato ancora una volta in piedi, ma nella curiosa posa di avere un braccio alzato ed un dito vicino al naso.
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Statua dedicata a Dante nel Loggiato degli Uffizi |
Dato che i fiorentini non moderano il loro sarcasmo neanche dinanzi ai sommi ingegni, anzi, provocatoriamente lo accentuano, ecco che dall’osservazione ironica e canzonatoria delle posizioni di Dante nelle tre statue a lui dedicate, nasce il motto popolare e scherzosamente irriverente: “Dante nel tempio la fa, in piazza si netta, e sotto la loggia se l’annusa”.
Chissà, forse sarà stato per l’esilio, forse sarà per le tre statue poco solenni e il motto a presa di giro, forse sarà per avergli dedicato in città solo una piccola strada e che porta ad una (falsa) ricostruzione ottocentesca della sua dimora, forse sarà per tutto questo che il cantante fiorentino Riccardo Marasco, nelle ultime strofe della sua celebre canzone dedicata all’alluvione di Firenze del 1966, fa parlare il Poeta Divino così: “[…]e trascinato dall'onda veloce giungi stremato in Santa Croce, Dante di marmo poeta divino mira sdegnato l'immane casino - o fiorentini m'avete esiliato prendete la merda che Dio v'ha mandato -”.
RDF
La tomba del poeta Dante rimane a Ravenna perchè Dante e' stato esiliato dai fiorentini di allora
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