L’ultimo Granduca
Testo e foto di Roberto Di Ferdinando
La sera del 27 aprile 1859, Leopoldo II Asburgo Lorena (1797-1870), ultimo granduca a regnare in Toscana, accompagnato dalla sua famiglia, abbandonava Firenze, ormai prossima di lì ad un anno insieme a tutto il Granducato ad essere annessa al futuro Regno di Sardegna. Leopoldo II non sarebbe più tornato a Firenze.
Leopoldo II, chiamato affettuosamente dal popolo di Toscana, “Canapone”, per via dei suoi capelli biondo stoppa, era figlio di Ferdinando III e Maria Luisa di Borbone, e salì sul trono del Granducato nel 1824, alla morte del padre. Si sposò due volte, prima con Maria Anna Carolina di Sassonia, dalla quale ebbe tre figlie: Carolina Augusta (1822-1841), Augusta Ferdinanda (1822-1864) e Maria Massimiliana (1827-1834), poi, rimasto vedovo nel 1832, prese in sposa, nel 1833, Maria Antonietta di Borbone che gli diede ben dieci figli: Maria isabella (1834-1901), Ferdinando (1835-1908), destinato a succedere al padre come Ferdinando IV, Maria Teresa (1836-1838), Maria Cristina (1838-1849), Carlo Salvatore (1839-1892), Maria Anna (1840-1841), Ranieri (1842-1844), Maria Luisa (1845-1917), Luigi Salavatore (1847-1915) e infine Giovanni Salvatore (1852-?).
La sua partenza in quel tardo pomeriggio di aprile non gli fu imposta da una particolare e instabile situazione politica che si respirava nel Granducato; anzi, Leopoldo II godeva di un buon consenso. Infatti, la Toscana di quel periodo era ben amministrata, i conti pubblici gestiti oculatamente e le tasse non esose. Il Granduca si era dedicato a dare al territorio nuove e moderne infrastrutture (strade, ponti e ferrovie, avori idraulici) e promuovendo bonifiche di estese zone della Maremma livornese e grossetana. Invece, Leopoldo II incontrò difficoltà nelle questioni di politica estera, in particolare per le vicende della penisola italica. Il Granduca era fermamente convinto che la Toscana avrebbe tratto giovamento se fosse rimasta neutrale nel conflitto tra Piemonte e Austria e per questo respinse più volte le offerte di alleanza sia dei “parenti” austriaci che dei Savoia. Ma nella primavera del 1859 scoppia la guerra tra l’Impero Austro-Ungarico ed il Piemonte, con ripercussioni politiche e sociali anche a Firenze, dove si consuma la “rivoluzione del 27 aprile del 1859” (oggi la via che congiunge piazza Indipendenza con piazza San Marco, via XVII aprile, prende nome da questo giorno-evento). In pratica fu una pacifica manifestazione di interventisti che si svolse a Firenze il 26 e 27 aprile, richieste di schierarsi a fianco del Piemonte furono avanzate al Granduca anche da molti nobili liberali toscani. Leopoldo II visto che ampi settori della società del Granducato spingevano per una scelta liberale, si convinse che ben poco avrebbe potuto fare per mantenere, pacificamente, ancora a lungo la neutralità della Toscana, quindi decise di mettersi da parte, scegliendo l’esilio.
Il corteo granducale lascio Firenze il 27 aprile, alle sette di sera, su tre carrozze, oltre al granduca, alla moglie e ai 6 figli superstiti (7 erano morti), e la nipote di un anno Maria Antonietta, figlia del principe ereditario Ferdinando, rimasto da tre mesi vedovo della moglie Anna di Sassonia, e Maria Ferdinando Amalia di Sassonia, vedova del precedente Granduca Ferdinando III. Le carrozze era scortate due giovani e fedeli aristocratici toscani, il marchese Nerli e il barone Silvatici. Il corte attraverso il confine (passo della Futa all’alba del giorno seguente e giunsero nel tardo pomeriggio a Bologna, dove sostarono alcuni giorni. All’inizio di maggio 1859 i Lorena, arrivarono in Austria, Leopoldo da lì a poco si stabilì nella sua proprietà di Schlackenwerth, in Boemia, a vivere gli ultimi anni.
Eppure da quel suo ritiro non smise mai di pensare alla sua Toscana ed alla Maremma. La famiglia dei Lorena continuò difatti a parlare italiano ed in particolare il fiorentino anche in esilio.
Leopoldo II ritornò solo un’altra volta in Italia, ormai unificata. Nel novembre del 1869. Sbarcò a Civitavecchia, via Francia, e si recò a Roma per l’apertura del concilio ecumenico, rivide il Papa Pio IX, la figlia Maria Isabella e molti toscani che giunsero a Roma per rendergli un affettuoso saluto. Forse troppe emozioni, tanto che tra il 28 e 29 gennaio 1870, proprio a Roma, Leopoldo morì e lo stesso Papa impartì la benedizione al feretro. La salma fu sepolta nella chiesa dei S.S. Apostoli a Roma per poi essere traslata nel 1914 a Vienna.
L’amore di Leopoldo per la sua Toscana e la sua adorata Maremma fu ricordato in alcuni commoventi passaggi nel suo ultimo testamento: “[…]Se la divina Provvidenza riconduca la famiglia nostra alla cara patria,all'amata Toscana,e a mio figlio Ferdinando ne sia affidato il governo,io ti raccomando Toscana,la fortuna Sua sia la tua gloria,l'amore di Lei il premio alle tue cure. Circondati dei fratelli che sono i veri amici. Raccomando figlio mio le imprese paterne che conosci. La Maremma la prima inferma,bisognosa di assistenza,bella e ricca di speranze. Se torni in quelle contrade poni sulla via detta di Badiola, presso Grosseto una pietra ed una croce sola,e siavi scritto: Pregate per Leopoldo Secondo Granduca di Toscana” […] (16 luglio 1867). Oltre un secolo dopo questa pietra con sopra impressa una sola croce fu innalzata a ricordo del Granduca. E’ posta sulla strada che collega Grosseto a Castiglione della Pescaia, proprio in località Badiola, all’inizio di un viale alberato che conduce, oggi ad un esclusivo resort, una volta alla villa-fattoria dove Canapone era solito dimorare durante le sue battute di caccia.Con Ferdinando IV rimasero per tutta la vita i due nobili fiorentini, Nerli fu sepolto a Salisburgo, Silvatici, invece, anziano, chiese congedo negli ultimi anni della sua vita per tornare a morire, poverissimo, a Firenze ai primi del Novecento.
RDF
La sera del 27 aprile 1859, Leopoldo II Asburgo Lorena (1797-1870), ultimo granduca a regnare in Toscana, accompagnato dalla sua famiglia, abbandonava Firenze, ormai prossima di lì ad un anno insieme a tutto il Granducato ad essere annessa al futuro Regno di Sardegna. Leopoldo II non sarebbe più tornato a Firenze.
Leopoldo II, chiamato affettuosamente dal popolo di Toscana, “Canapone”, per via dei suoi capelli biondo stoppa, era figlio di Ferdinando III e Maria Luisa di Borbone, e salì sul trono del Granducato nel 1824, alla morte del padre. Si sposò due volte, prima con Maria Anna Carolina di Sassonia, dalla quale ebbe tre figlie: Carolina Augusta (1822-1841), Augusta Ferdinanda (1822-1864) e Maria Massimiliana (1827-1834), poi, rimasto vedovo nel 1832, prese in sposa, nel 1833, Maria Antonietta di Borbone che gli diede ben dieci figli: Maria isabella (1834-1901), Ferdinando (1835-1908), destinato a succedere al padre come Ferdinando IV, Maria Teresa (1836-1838), Maria Cristina (1838-1849), Carlo Salvatore (1839-1892), Maria Anna (1840-1841), Ranieri (1842-1844), Maria Luisa (1845-1917), Luigi Salavatore (1847-1915) e infine Giovanni Salvatore (1852-?).
La sua partenza in quel tardo pomeriggio di aprile non gli fu imposta da una particolare e instabile situazione politica che si respirava nel Granducato; anzi, Leopoldo II godeva di un buon consenso. Infatti, la Toscana di quel periodo era ben amministrata, i conti pubblici gestiti oculatamente e le tasse non esose. Il Granduca si era dedicato a dare al territorio nuove e moderne infrastrutture (strade, ponti e ferrovie, avori idraulici) e promuovendo bonifiche di estese zone della Maremma livornese e grossetana. Invece, Leopoldo II incontrò difficoltà nelle questioni di politica estera, in particolare per le vicende della penisola italica. Il Granduca era fermamente convinto che la Toscana avrebbe tratto giovamento se fosse rimasta neutrale nel conflitto tra Piemonte e Austria e per questo respinse più volte le offerte di alleanza sia dei “parenti” austriaci che dei Savoia. Ma nella primavera del 1859 scoppia la guerra tra l’Impero Austro-Ungarico ed il Piemonte, con ripercussioni politiche e sociali anche a Firenze, dove si consuma la “rivoluzione del 27 aprile del 1859” (oggi la via che congiunge piazza Indipendenza con piazza San Marco, via XVII aprile, prende nome da questo giorno-evento). In pratica fu una pacifica manifestazione di interventisti che si svolse a Firenze il 26 e 27 aprile, richieste di schierarsi a fianco del Piemonte furono avanzate al Granduca anche da molti nobili liberali toscani. Leopoldo II visto che ampi settori della società del Granducato spingevano per una scelta liberale, si convinse che ben poco avrebbe potuto fare per mantenere, pacificamente, ancora a lungo la neutralità della Toscana, quindi decise di mettersi da parte, scegliendo l’esilio.
Il corteo granducale lascio Firenze il 27 aprile, alle sette di sera, su tre carrozze, oltre al granduca, alla moglie e ai 6 figli superstiti (7 erano morti), e la nipote di un anno Maria Antonietta, figlia del principe ereditario Ferdinando, rimasto da tre mesi vedovo della moglie Anna di Sassonia, e Maria Ferdinando Amalia di Sassonia, vedova del precedente Granduca Ferdinando III. Le carrozze era scortate due giovani e fedeli aristocratici toscani, il marchese Nerli e il barone Silvatici. Il corte attraverso il confine (passo della Futa all’alba del giorno seguente e giunsero nel tardo pomeriggio a Bologna, dove sostarono alcuni giorni. All’inizio di maggio 1859 i Lorena, arrivarono in Austria, Leopoldo da lì a poco si stabilì nella sua proprietà di Schlackenwerth, in Boemia, a vivere gli ultimi anni.
Eppure da quel suo ritiro non smise mai di pensare alla sua Toscana ed alla Maremma. La famiglia dei Lorena continuò difatti a parlare italiano ed in particolare il fiorentino anche in esilio.
Leopoldo II ritornò solo un’altra volta in Italia, ormai unificata. Nel novembre del 1869. Sbarcò a Civitavecchia, via Francia, e si recò a Roma per l’apertura del concilio ecumenico, rivide il Papa Pio IX, la figlia Maria Isabella e molti toscani che giunsero a Roma per rendergli un affettuoso saluto. Forse troppe emozioni, tanto che tra il 28 e 29 gennaio 1870, proprio a Roma, Leopoldo morì e lo stesso Papa impartì la benedizione al feretro. La salma fu sepolta nella chiesa dei S.S. Apostoli a Roma per poi essere traslata nel 1914 a Vienna.
L’amore di Leopoldo per la sua Toscana e la sua adorata Maremma fu ricordato in alcuni commoventi passaggi nel suo ultimo testamento: “[…]Se la divina Provvidenza riconduca la famiglia nostra alla cara patria,all'amata Toscana,e a mio figlio Ferdinando ne sia affidato il governo,io ti raccomando Toscana,la fortuna Sua sia la tua gloria,l'amore di Lei il premio alle tue cure. Circondati dei fratelli che sono i veri amici. Raccomando figlio mio le imprese paterne che conosci. La Maremma la prima inferma,bisognosa di assistenza,bella e ricca di speranze. Se torni in quelle contrade poni sulla via detta di Badiola, presso Grosseto una pietra ed una croce sola,e siavi scritto: Pregate per Leopoldo Secondo Granduca di Toscana” […] (16 luglio 1867). Oltre un secolo dopo questa pietra con sopra impressa una sola croce fu innalzata a ricordo del Granduca. E’ posta sulla strada che collega Grosseto a Castiglione della Pescaia, proprio in località Badiola, all’inizio di un viale alberato che conduce, oggi ad un esclusivo resort, una volta alla villa-fattoria dove Canapone era solito dimorare durante le sue battute di caccia.Con Ferdinando IV rimasero per tutta la vita i due nobili fiorentini, Nerli fu sepolto a Salisburgo, Silvatici, invece, anziano, chiese congedo negli ultimi anni della sua vita per tornare a morire, poverissimo, a Firenze ai primi del Novecento.
RDF
La Badiola (GR): il monumento a ricordo di Leopoldo II |
aggiungerei che medesimo soprannome fu poi dato al cammello dello zoo delle cascine, forse per il pelo di simil colore
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