Galileo Chini e il quartiere di Piagentina

Testi e foto di Roberto Di Ferdinando

Galileo Andrea Maria Chini (Firenze, 2 dicembre 1873 – 23 agosto 1956), fu artista completo, pittore, grafico, architetto, scenografo e ceramista del Liberty italiano. Lavorò in Toscana, Italia e perfino nell’estremo Oriente, ma ogni volta che rientrava a Firenze era solito frequentare il quartiere della Piacentina, dove difatti ebbe il proprio laboratorio e la propria abitazione. Galileo Chini, dopo gli studi di decorazione presso la Scuola d'Arte di Santa Croce, fu apprendista decoratore, prima nell'impresa di restauri dello zio paterno Dario, e poi nelle botteghe di Amedeo Buontempo e Augusto Burchi, entrambi affermati pittori fiorentini; mentre dal 1895 al 1897 frequentò saltuariamente la Scuola Libera di Nudo all'Accademia di Belle Arti di Firenze. Ma è proprio nel 1896 che prende contatto con il quartiere, allora scarsamente popolato. In quell’anno infatti quattro giovani, Galileo Chini, Vittorio Giunti, Giovanni Montelatici e Giovanni Vannuzzi, sdegnati per il passaggio di proprietà della famosa fabbrica di ceramiche di Doccia, dai Marchesi Ginori all'industriale milanese Richard, fondarono il laboratorio Arte della Ceramica in via Arnolfo, i cui prodotti ben presto ottennero un grande successo riuscendo ad avere clienti in tutta Europa. Galileo Chini la diresse artisticamente, sperimentando nel campo della ceramica l'applicazione delle sue teorie modernistiche, dando vita ad oggetti dall'aspetto assolutamente insolito, su cui erano raffigurati elementi floreali o geometrie, secondo i dettami dello stile Liberty mitteleuropeo, ma Chini non volle però tralasciare tecniche e stili della tradizione ceramistica italiana e toscana. Negli anni successivi divennero soci del laboratorio anche gli altri fratelli Chini, Guido, Augusto e Chino, ma all’inizio dell’900, il sodalizio del laboratorio venne meno; così i fondatori man, mano si ritirarono per percorrere personali strade artistiche. I Chini abbandonarono il laboratorio nel 1906 per fondarne uno nuovo nel Mugello, la manifattura Fornaci San Lorenzo, che ebbe subito un tale successo che costrinse l'Arte della Ceramica a chiudere nel 1909.
Negli stessi anni Galilei Chini fu chiamato dal famoso architetto fiorentino Adolfo Coppedè a decorare il palazzo Antonini, sempre nel quartiere di Piagentina, nel odierna Via Orcagna al numero civico 53. Il palazzo in stile liberty, ma con tipiche variazioni in stile impero vide anche quattro affreschi del Chini sulle pareti esterne. Purtroppo oggi questi dipinti murali sono andati distrutti in seguito alla sopraelevazione del palazzo nel dopoguerra.


Via Orcagna, Palazzo Antonini

Dopo l’esperienza del laboratorio Arte della Ceramica, Chini ritornò ancora una volta nel quartiere, nel 1909, stabilendosi di fatto per sempre. In quell’anno in effetti incaricò l’amico architetto Ugo Giusti di costruirgli un villino, all’attuale numero 56 di Via del Ghirlandaio.


Via del Ghirlandaio, la casa-studio Chini

Il villino, tutt’oggi visibile, si rifà ai modelli modernisti, specialmente quelli tipici del Liberty viennese: una facciata movimentata da rilievi, decorazioni e una fascia marmorea verticale all'estremità sinistra che incorpora il portone di ingresso, sopra la quale vi è una finestra tripartita. Le decorazioni pittoriche furono opera di Umberto Pinzauti, mentre le vetrate, con motivi geometrici, di Vincenzo Ceccanti. Gli interni liberty furono decorati proprio dal Chini.


Via del Ghirlandaio, ingresso della casa-studio di Chini

Via del Ghirlandaio, particolare della targa della casa-studio di Chini
Nel 1911 Galileo Chini si recò nel Siam (attuale Thailandia) per affrescare e decorare il palazzo reale di Bangkok. Rientrato a Firenze con tutti gli onori, nel 1914 decise di farsi costruire, sempre dal Giusti, ed adiacente al suo villino, il proprio studio, anch’esso ancora oggi esistente al numero 52 di Via del Ghirlandaio. Anche lo studio fu decorato, sopra il portone di ingresso, con degli altorilievi anch’essi di Pinzauti che rappresentano un uomo ed una donna che richiamano le opere di Michelangelo; i vetri colorati delle finestre furono ancora una volta di Vincenzo Ceccanti mentre Galileo Chini dipinse il pannello decorativo sovrastante andato ormai quasi del tutto perso.
Galileo Chini morì il 23 agosto 1956 nella sua 'casa - studio' di via del Ghirlandaio 56. La storica dimora dell’artista nei decenni successivi ha subito varie trasformazioni architettoniche, passaggi di proprietà e di destinazione divenendo anche sede di istituti scolastici.
RDF

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