“Il Gonfalone di Firenze”
“[…] Il fiore adottato dai nostri antenati era bianco. Somigliava come forma ad una <<iris>>, non ad una <<iris germanica>>, bensì a quella fiorentina, detta comunemente <<giaggiolo>>.
Questo simbolo floreale, posto in un campo vermiglio, fu per molti anni l’emblema della città. Si dice che il colore rosso venisse lasciato ai fiorentini da coloro che avevano fondato il primo nucleo cittadino: i romani. Infatti lo stemma di Roma (col suo S.P.Q.R. in oro) ha il fondo rosso sebbene di tonalità non del tutto uguale alla nostra.
Nello scorrere dei secoli l’accendersi delle fazioni politiche creò nella nostra città un grave sconvolgimento. Uccisioni, incendi, condanne ed esili, erano all’ordine del giorno. Dalle altissime torri (alcune raggiungevano i 70 metri) piovevano su chi si azzardava ad assalirle, proiettili di ogni genere, e le potenti famiglie che si chiudevano in quei fortilizi erano invulnerabili.
Venne però il giorno in cui la Repubblica decretò che i <<grandi>> dovessero abbassare le loro torri fino a 50 braccia (29 metri circa).
Alcune di esse si possono ancora vedere, sebbene piuttosto malconce, in alcuni punti centrali della città. Questa decapitazione forzata avvenne nel 1250.
Nel 1251, in occasione della guerra contro Pistoia, i fiorentini guelfi vollero distinguersi dai loro avversari ed adottarono uno stemma i cui colori erano invertiti,. Campo bianco e giglio rosso.
Dante ricordando questo fatto assieme ad una grave sconfitta che l’esercito guelfo subì a Montaperti, scrisse nel suo Poema: <<Tanto che ‘l giglio / non era ad asta mai posto a ritroso / né per division fatto vermiglio>> (Paradiso 16, 152-154). […]
Dopo questa battaglia i ghibellini, col loro giglio bianco, rientrarono in Firenze e si vendicarono abbattendo le case dei concittadini guelfi fuggiti precipitosamente verso Lucca. In questo periodo di tempo i governanti aprirono le mura della città (che allora passavano davanti al Teatro Verdi) una nuova porta ed una strada rettilinea al di fuori, che appunto per questa ragione, venero chiamate porta e via Ghibellina.
Poco durò il dominio di questa fazione poiché alla morte di Manfredi i seguaci di Farinata degli Uberti dovettero allontanarsi e così riapparve <<tutto vermiglio>> il giglio dei vincitori. Da allora non ci sono stati cambiamenti sostanziali dell’emblema. […].
Con al dominazione medicea le palle rosse (emblema di questa famiglia) diventarono lo stemma ufficiale della Toscana e il giglio cessò di essere il simbolo dello stato.
Pietro Leopoldo I di Lorena, granduca, con una provvida legge istituì le <<Comunità>>. Queste erano rette da un <<gonfaloniere>> (l’attuale sindaco) e dai <<priori>>(attuali assessori e consiglieri). […]
Ogni <<Comunità>> si dette il suo stemma. Per alcune , dato il loro storico passato fu cosa facile ma per altre di nuova creazione si dovette ricorrere alla fantasia. Così barberino del Mugello adottò una testa di uomo con la barba, Brozzi una palude con i giunchi emergenti dalle acque e il Pellegrino (anche gli abitanti di via Bolognese erano raggruppati in un comune che confinava con il Parterre) aveva per stemma un pellegrino con tanto di borraccia e di bastone!
Firenze, naturalmente, conservò il suo storico giglio […]”
(Tratto da: Il Gonfalone di Firenze, a cura dell’Assessorato alla Gioventù, Cultura e Stampa del Comune di Firenze, 1970)
Questo simbolo floreale, posto in un campo vermiglio, fu per molti anni l’emblema della città. Si dice che il colore rosso venisse lasciato ai fiorentini da coloro che avevano fondato il primo nucleo cittadino: i romani. Infatti lo stemma di Roma (col suo S.P.Q.R. in oro) ha il fondo rosso sebbene di tonalità non del tutto uguale alla nostra.
Nello scorrere dei secoli l’accendersi delle fazioni politiche creò nella nostra città un grave sconvolgimento. Uccisioni, incendi, condanne ed esili, erano all’ordine del giorno. Dalle altissime torri (alcune raggiungevano i 70 metri) piovevano su chi si azzardava ad assalirle, proiettili di ogni genere, e le potenti famiglie che si chiudevano in quei fortilizi erano invulnerabili.
Venne però il giorno in cui la Repubblica decretò che i <<grandi>> dovessero abbassare le loro torri fino a 50 braccia (29 metri circa).
Alcune di esse si possono ancora vedere, sebbene piuttosto malconce, in alcuni punti centrali della città. Questa decapitazione forzata avvenne nel 1250.
Nel 1251, in occasione della guerra contro Pistoia, i fiorentini guelfi vollero distinguersi dai loro avversari ed adottarono uno stemma i cui colori erano invertiti,. Campo bianco e giglio rosso.
Dante ricordando questo fatto assieme ad una grave sconfitta che l’esercito guelfo subì a Montaperti, scrisse nel suo Poema: <<Tanto che ‘l giglio / non era ad asta mai posto a ritroso / né per division fatto vermiglio>> (Paradiso 16, 152-154). […]
Dopo questa battaglia i ghibellini, col loro giglio bianco, rientrarono in Firenze e si vendicarono abbattendo le case dei concittadini guelfi fuggiti precipitosamente verso Lucca. In questo periodo di tempo i governanti aprirono le mura della città (che allora passavano davanti al Teatro Verdi) una nuova porta ed una strada rettilinea al di fuori, che appunto per questa ragione, venero chiamate porta e via Ghibellina.
Poco durò il dominio di questa fazione poiché alla morte di Manfredi i seguaci di Farinata degli Uberti dovettero allontanarsi e così riapparve <<tutto vermiglio>> il giglio dei vincitori. Da allora non ci sono stati cambiamenti sostanziali dell’emblema. […].
Con al dominazione medicea le palle rosse (emblema di questa famiglia) diventarono lo stemma ufficiale della Toscana e il giglio cessò di essere il simbolo dello stato.
Pietro Leopoldo I di Lorena, granduca, con una provvida legge istituì le <<Comunità>>. Queste erano rette da un <<gonfaloniere>> (l’attuale sindaco) e dai <<priori>>(attuali assessori e consiglieri). […]
Ogni <<Comunità>> si dette il suo stemma. Per alcune , dato il loro storico passato fu cosa facile ma per altre di nuova creazione si dovette ricorrere alla fantasia. Così barberino del Mugello adottò una testa di uomo con la barba, Brozzi una palude con i giunchi emergenti dalle acque e il Pellegrino (anche gli abitanti di via Bolognese erano raggruppati in un comune che confinava con il Parterre) aveva per stemma un pellegrino con tanto di borraccia e di bastone!
Firenze, naturalmente, conservò il suo storico giglio […]”
(Tratto da: Il Gonfalone di Firenze, a cura dell’Assessorato alla Gioventù, Cultura e Stampa del Comune di Firenze, 1970)
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