Firenze Capitale

Ieri sera (3 febbraio 1865) alle dieci e mezza giungeva a Firenze il Re d’Italia. La notizia, diffusasi circa in mezzogiorno del suo arrivo era volata di bocca in bocca colla rapidità del lampo, e l’animo dei cittadini tutti era diviso fra la gioia di rivedere nelle nostre mura l’Eletto del popolo, e il pensiero delle sospicate cagioni di questo lieti si, ma inaspettato avvenimento. […] La Guardi Nazionale era accorsa numerosissima sotto le armi, e un indicibile concorso di popolo, malgrado  l’ora tarda e la stagione minacciosa, era accalcato nella Piazza Vecchia (oggi piazza dell’Unità), e lungo le vie che doveva percorrere il corteggio reale. Quando fu segnalato l’appressarsi del convoglio, un immenso grido di plauso salutò l’arrivo […] Oh quante cose voleva dire quel grido unanime e solenne! […] Voleva dire che l’animo di Vittorio Emanuele doveva trovare nella nostra giuliva accoglienza un conforto alle amarezze che affliggono il suo cuore di amico e di padre per tutti quanti gli italiani. […] S.M. ha salutato tutte le autorità, i ragguardevoli personaggi accorsi ad ossequiarlo, fra i quali il senatore Gino Capponi, cui ha stretto cordialmente la mano, dicendo al venerando vecchio d’esser lieto di trovare al suo arrivo il più virtuoso cittadino di Firenze. La fisionomia dell’ottimo Re era mesta ma serena: vi si leggeva fra i segni delle recenti sofferenze la coscienza di aver sempre meritato l’affetto e la gratitudine di tutti gli italiani. Le carrozze del seguito reale uscirono dalla stazione, e il Re, che sedeva nella seconda carrozza, si trovò in mezzo al suo popolo che lo acclamava festosamente e alla luce di moltissimi torcetti l’ha accompagnato fino a Palazzo Pitti. Fu un plauso continuato dalla stazione alla Reggia, per tutte le vie le cui case erano state in fretta illuminate e adorne di bandiere nazionali. Sulla pizza Pitti la folla era straordinaria: acclamò il Re al suo ingresso nel palazzo e quindi con fragorosi ed entusiastici applausi chiese di vederlo sul balcone. Sua Maestà appagò il desiderio popolare ed uscì a scambiare col popolo fiorentino un saluto affettuoso.
(Da La Nazione del 7 febbraio 1865 – Testo ripreso da Storia e Storie della Toscana)

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