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Monumento a Giuseppe Daddi nella Basilica di Santa Croce |
“Giuseppe Raddi (Firenze 1770-Rodi 1829) rappresenta un punto di riferimento per la botanica neo tropicale ed in particolare per la flora brasiliana. […] Di famiglia umile, Raddi si affermò grazie al sodalizio con Ottaviano Targioni Tozzetti che lo avviò allo studio della botanica, dopo una breve esperienza giovanile come ragazzo “di bottega“ in una farmacia. L’amicizia con Gaetano Savi portò il Raddi ad intensificare i suoi studi prima sulle Crittogame Toscane […] fu considerato il padre della Epaticologia. Il periodo napoleonico comportò subito, sin dall’arrivo di Napoleone in Firenze (1799), una serie di problemi che culminarono in un’assoluta incompatibilità del Raddi con la dominazione francese in Italia. Ciò, anche a seguito dell’allontanamento del granduca di Toscana Ferdinando III Asburgo Lorena, ridusse l’attività scientifica del Raddi, che vide sopprimere il proprio posto di custode nel museo di fisica e storia naturale di Firenze. Tuttavia tra il 1799 e il 1808, Raddi non cessò lo studio delle epatiche, muschi e funghi dei dintorni di Firenze, prodotto di numerose sue escursioni ed indagini di campo. Gli anni tra il 1808 il 1814 furono i peggiori, o meglio il primo periodo di difficoltà politiche per il Raddi […] . Nel 1814 la svolta che permise a Raddi di riscattarsi dal periodo della dittatura napoleonica. Infatti il rientro a Firenze di Ferdinando III permise il restaurarsi di un rapporto costruttivo tra Raddi e la politica e la cultura cittadina. Nel 1818 Raddi prende parte al viaggio in Brasile organizzato in occasione dell’incontro tra la principessa d’Austria Leopoldina e l’erede al trono dell’impero del Brasile, Don Pedro dei Bragança, a seguito del matrimonio tra i due avvenuto per procura. Raddi fu incaricato da Ferdinando III a prendere parte a questo viaggio in terra brasiliana in qualità di naturalista insieme a illustri rappresentanti del mondo scientifico mitteleuropeo […]. Durante la permanenza in Brasile (5 novembre 1817-1 giugno 1818), più precisamente nell’aria di Rio de Janeiro, a qui tempi già abbondantemente abitata, ma circondata da immense foreste ed ecosistemi intatti e vergini, Raddi raccolse non solo piante […], ma si dedicò ad ogni aspetto che riguardasse le risorse naturali e loro uso da parte delle popolazioni locali. Nel giugno 1818, Raddi rientrò a malincuore dal Brasile in Italia, poiché privo di finanziamenti adeguati per poter intensificare le sue missioni di studio, più volte richiesti, ma mai concessi da Ferdinando III. Il rientro a Firenze fu alquanto difficile a causa di più fattori, non esclusa l’invidia dei colleghi locali che non ammettevano che uno come il Raddi, di origine umili e povere, fosse giunto a un livello di notevole fama internazionale. Nel 1828, Raddi prese parte alla spedizione archeologica italo-francese “Rossellini-Champollion “in Egitto dove raccolse e descrisse numerose nuove specie. Raddi chiuse la sua breve esistenza a soli 59 anni, nel 1829, a causa di una malattia contratta durante la spedizione in Egitto, morendo a Rodi l’8 settembre 1829. Alla sua morte, la famiglia a causa delle ristrettezze economiche fu costretto a liberarsi delle collezioni originali del caro estinto, […] furono vendute all’Università di Pisa dove attualmente sono conservate oltre a una serie di duplicati presenti in Firenze e altri sedi europee con cui Raddi aveva rapporti culturali continui. […] La sua fama riconosciuta soprattutto all’estero, meno in patria, dove spesso viene non solo dimenticato, ma totalmente disconosciuto […].”
(Tratto da: 1817-2017 Bicentenario del viaggio di Giuseppe Raddi in Brasile, al cura del Dipartimento di Biologia, Centro studi erbario tropicale dell’Università degli Studi di Firenze)
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