Suonate pure le vostre trombe, noi suoneremo le nostre campane

“[…] La vita civile di Firenze non fu mai veramente afflitta da guerre esterne fino al grande assiedo del 1530, che i cittadini, finalmente uniti, fronteggiarono con eroico coraggio ma che entrò con l’entrata degli Spagnoli e la caduta della Repubblica. Pochi anni prima, nel 1494, il re francese Carlo VIII aveva marciato sulla città con le sue truppe vittoriose ma si era ritirato subito, impaurito dall’ostilità dei cittadini. Una sola frase succinta, pronunziata da un capo cittadino, Pier Capponi, decise la partenza del re. <<Allora noi suoneremo le nostre trombe!>> aveva gridato minaccioso il re quando la deputazione fiorentina rifiutò l’ultimato presentato alla città sconfitta. <<Suonate pure le vostre trombe: noi suoneremo le nostre campane>> replicò Capponi. Carlo aveva visto Firenze e i fiorentini – i palazzi di pietra, tetri come fortezze e la gente, pronta a divampare come un’esca, che già prendeva a sassate i suoi soldati – sapeva ciò che questa frase voleva dire: una corsa generale nelle piazze. Spaventato da un combattimento in quelle strade che di battaglie ne aveva già viste tante, il re capitolò e la ferrea frase del Capponi ancora rintocca come un ammonimento agli invasori dei comuni repubblicani – la campana che risponde alla tromba, la chiamata a raccolta della gente che ribatte alla fanfara militare. Quando infine la dinastia dei Medici salì al potere, fu dato ordine di distruggere la campana dell’adunata popolare. […].”
(Mary Mc Carthy, Le pietre di Firenze, 1956)

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