La partenza della transumanza


“[…] I preparativi erano già stati fissati ai primi di settembre: scarponi chiodati, pantaloni di fustagno, giacche di velluto.
E poi la manutenzione dei carri, la sistema zione degli zoccoli dei cavalli. […] si svolgeva il rito della partenza: caricate le masserizie sul barroccio, benedetti gli animali e bevuto un ultimo bicchiere di vino, il vergaio - con il bastone di avellano nuovo – dava il segnale. Ci si avviava per il “sentiero Biozzi” (da Badia Tedalda, in provincia di Arezzo, ad Alberese, nel Grossetano) scendendo al Tevere e proseguendo poi per la Maremma.
In coda all’immenso gregge c’era un folto numero di montanari che – pur non essendo pastori – approfittavano per fare il viaggio in compagnia e diminuire così i rischi e disagi: falegnami, maniscalchi, fabbri, lavoranti e braccianti che andavano a “fare la stagione” in Maremma.
Il trasferimento dalla fine dell’XVIII secolo in poi si faceva con 7-8 giorni. In testa al branco il castrato col campano, ai lati i pastori, con ombrello sotto braccio e sacco di tela al fianco. La partenza sempre di buon mattino; per percorrere al massimo 25 km al giorno.
La sera si faceva sosta presso poderi ed osterie, si tiravano le reti per l’addiaccio, si consumava un pasto caldo, ci si intratteneva a parlare. Poi a dormire. Ma qualcuno pernottava fuori, per controllare gli animali. […]”
(Tratto da: Andrea Meschini Doriano Pela, Sulle orme dei pastori, fuoridalleviemaestre edizioni)

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