La vita dei pastori durante la Transumanza
“[…] si vive in capanne di legno e canne, che d’estate si riempiono di pulci. Non a caso, appena arrivati la prima operazione è la disinfestazione: si spingono i muli nelle capanne e li si chiudono per un quarto d’ora. Poi si fanno uscire. I muli si rotolano in uno spazio terroso, liberandosi dei parassiti. Così ripetendo l’operazione più volte, le capanne vengono ripulite.
L’abitazione principale del villaggio e la vergheria: una grande capanna circolare con tetto conico. A centro il focolare, su cui poggia la caldaia; alle pareti le rapazzuole, i giacigli dei pastori, fatti con tavole di legno, pelli e frasche. Questa capanna centrale è anche la mensa collettiva; accanto ad essa la caciaia, dove si conserva il formaggio. E poi i recinti degli animali, i “diacci”. Nel villaggio ci sono figure con compiti diversi: dopo il vergaio viene il buttero (si occupa della commercializzazione dei prodotti), quindi il caciere, che prepara il formaggio. A seguire, i pastori, gli addetti ai trasporti, e i bagaglioni, addetti ai lavori generici.
I pastori si svegliano alle quattro per la mungitura, poi – fatta colazione – conducono gli animali al pascolo. Per ingannare la monotonia durante il giorno intrecciano il giunco, o fabbricano utensili di legno. Qualcuno rassetta gli indumenti o legge. C’è persino chi compone versi. Solo dopo cena – tornati al villaggio e consumato un pasto caldo con gli altri – c’è un po’ di spazio per conversare.
A proposito del cibo. Il pastore fa colazione dopo la lavorazione del latte. Il liquido residuo – con pane e ricotta – serve per una zuppa calda. Il pranzo invece si consuma al pascolo: pane un po’ di companatico, in genere formaggio. Il transumante, però, porta con sé le proprie abitudini, e anche in Maremma la farina di castagne ha un ruolo importante. La sera polenta o acqua cotta. La carne non si mangia quasi mai, i pastori integrano la dieta con pesce pescato nei fiumi e selvaggina catturata con le trappole (ma quella migliore – lepri, pernici, germani - serve per alimentare un po’ di commercio). Solo in occasione della tosatura e dell’abbacchiatura (la macellazione degli agnelli) si mangia carne; i piatti tradizionali sono la coratella, fatta con le interiora, e la pecora alla brace o in padella. […].”
(Tratto da: Andrea Meschini Doriano Pela, Sulle orme dei pastori, fuoridalleviemaestre edizioni)
L’abitazione principale del villaggio e la vergheria: una grande capanna circolare con tetto conico. A centro il focolare, su cui poggia la caldaia; alle pareti le rapazzuole, i giacigli dei pastori, fatti con tavole di legno, pelli e frasche. Questa capanna centrale è anche la mensa collettiva; accanto ad essa la caciaia, dove si conserva il formaggio. E poi i recinti degli animali, i “diacci”. Nel villaggio ci sono figure con compiti diversi: dopo il vergaio viene il buttero (si occupa della commercializzazione dei prodotti), quindi il caciere, che prepara il formaggio. A seguire, i pastori, gli addetti ai trasporti, e i bagaglioni, addetti ai lavori generici.
I pastori si svegliano alle quattro per la mungitura, poi – fatta colazione – conducono gli animali al pascolo. Per ingannare la monotonia durante il giorno intrecciano il giunco, o fabbricano utensili di legno. Qualcuno rassetta gli indumenti o legge. C’è persino chi compone versi. Solo dopo cena – tornati al villaggio e consumato un pasto caldo con gli altri – c’è un po’ di spazio per conversare.
A proposito del cibo. Il pastore fa colazione dopo la lavorazione del latte. Il liquido residuo – con pane e ricotta – serve per una zuppa calda. Il pranzo invece si consuma al pascolo: pane un po’ di companatico, in genere formaggio. Il transumante, però, porta con sé le proprie abitudini, e anche in Maremma la farina di castagne ha un ruolo importante. La sera polenta o acqua cotta. La carne non si mangia quasi mai, i pastori integrano la dieta con pesce pescato nei fiumi e selvaggina catturata con le trappole (ma quella migliore – lepri, pernici, germani - serve per alimentare un po’ di commercio). Solo in occasione della tosatura e dell’abbacchiatura (la macellazione degli agnelli) si mangia carne; i piatti tradizionali sono la coratella, fatta con le interiora, e la pecora alla brace o in padella. […].”
(Tratto da: Andrea Meschini Doriano Pela, Sulle orme dei pastori, fuoridalleviemaestre edizioni)
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