La Firenze settecentesca descritta da Montesquieu
Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu (1689-1755) tra l’agosto del 1728 ed il luglio del 1729 visitò l’Italia e raccolse i suoi appunti, le sue impressioni e le sue descrizioni in un diario, pubblicato nel 2008 da Editori Laterza con il titolo “Viaggio in Italia”, a cura di Giovanni Macchia e Massimo Colesanti (il testo tra virgolette che segue è tratto da questo libro)
Il 1° dicembre 1728 Montesquieu giunge a Firenze, definita “una bella città”, proveniente da Livorno. L’illuminista francese così, in parte, descrive la vita fiorentina del periodo:
“Il Granduca (Gian Gastone de’Medici) mantiene 3.000 uomini circa e con quello che spende potrebbe mantenerne 7 o 8. Ha più di 60.000 soldati di leva. […] Il defunto Granduca (Cosimo III) aveva preso a prestito molto denaro al 6 per 100. Questo qui ha ridotto gli interessi tanto dei nuovi quanto dei vecchi contratti, e così ha avuto l possibilità di togliere le imposte che il defunto Granduca, suo padre, aveva stabilite, ed ha fatto una cosa che i principi fanno difficilmente: si è liberato dell’importunità della pretaglia e della frateria e non vuol sentirne parlare”.
“A Firenze si vive con molta economia. Gli uomini vanno a piedi. La sera, si fanno lume con una piccola lanterna. Le donne vanno in grandi carrozze.[…] la nobiltà fiorentina è affabile, e la razza è abbastanza bella.”
“Nessun caminetto, e, nel cuore dell’inverno, niente riscaldamento. Dicono che il fuoco è malsano; ma potrebb’essere anche per ragioni di economia. Dato che abituano i bambini a restare in una camera senza fuoco, non ne sentono il bisogno.”
“Da Firenze, in ogni tempo, sono usciti grandi uomini e grandi geni. Sono essi che hanno contribuito, più di alcun’altra città d’Italia, al rinascimento delle arti. Cimabue e Giotto cominciarono a far rivivere la scultura e la pittura, e furono i governi di Venezia e Firenze a chiamare gli artisti greci.
E c’è questo di straordinario, che a Firenze l’architettura gotica è d’un gusto migliore che altrove. Il Duomo e Santa Maria Novella sono bellissime chiese, sebbene di gusto gotico”.
“Non c’è una città in cui la gente viva con meno lusso che a Firenze: con una lanterna cieca, per la notte, e un ombrello, per la pioggia, si ha un equipaggio completo. E’ vero che le donne spendono un po’ di più […]. Le strade sono così ben lastricate, che è comodissimo andare a piedi”.
“A Firenze c’è un governo abbastanza mite. Nessuno conosce o avverte la presenza del principe e della corte. Questo piccolo paese ha, da questo lato, l’aspetto di un grande paese”.
“(Gian Gastone) E’ un buon sovrano, intelligente, ma molto pigro e, inoltre, gli piace un po’ bere, anche liquori. Non si fida di nessun ministro”.
“Le rarità, le ricchezze e le curiosità dei Medici provengono non solo dai loro acquisti, ma anche dalla confisca dei beni di parecchie famiglie che hanno cospirato contro di essi”.
“C’era un tempo un gioco, che consisteva nel darsi dei bei pugni, e che è stato abolito da qualche tempo, e si faceva una volta all’anno. Era in uso dal tempo della repubblica, perché quando si aveva qualche risentimento, lo si teneva in serbo per il giorno del gioco. Si picchiava ben bene il proprio avversario, e dopo l‘onore ingiungeva di dimenticare l’ingiuria ricevuta, perché ci si era vendicati”.
“L’attuale Granduca (Gian Gastone), indeciso e pigro. Alcuni del suo seguito, al suo ritorno dalla Germania, fecero mettere i loro abiti nei suoi bagagli. Non sono stati ancora disfatti, dopo dieci o dodici anni, e sono ammuffiti. Tutto quello che gli danno, egli lo rinchiude […] dopo averlo fatto stimare ed aver dato una parte del prezzo, e là marcisce”.
“la città di Firenze può avere 80.000 anime, 800 monaci, altrettante suore, senza contare i preti”.
“Firenze esporta per 100.000 pistole di stoffe di seta; il Piemonte, il doppio. […] Gli Stati di Firenze non esportano sete gregge; al contrario, le fanno venire dal’estero. Eccelle in piccoli taffettà, per le fodere”.
“Queste opere (in musica) italiane cominciano a piacermi. A Firenze vengono a costare pochissimo; alcuni gentiluomini del luogo costituiscono una società per metterne su una. Poiché hanno denaro, e pagano bene, ottengono tutto a miglior mercato di quei miserabili impresari”.
“(le donne) Hanno un’enorme quantità di gioielli, perché a Firenze non manca tutto ciò che non si consuma con l’uso, come gioielli, vasellame, quadri, statue. Le signore non usano il rossetto, ma hanno tutte uno splendido aspetto giovanile: a quarant’anni la maggior parte appaiono fresche come a venti. Donne che hanno partorito dieci o dodici volte, sono belle, fresche, piacenti, come la prima volta. Credo che la vita regolata, un regime rigoroso, ed inoltre la particolare qualità dell’aria le mantengano così”.
Il 15 gennaio 1729 Montesquieu lasciò Firenze per recarsi a Siena sulla strada per Roma.
Il 1° dicembre 1728 Montesquieu giunge a Firenze, definita “una bella città”, proveniente da Livorno. L’illuminista francese così, in parte, descrive la vita fiorentina del periodo:
“Il Granduca (Gian Gastone de’Medici) mantiene 3.000 uomini circa e con quello che spende potrebbe mantenerne 7 o 8. Ha più di 60.000 soldati di leva. […] Il defunto Granduca (Cosimo III) aveva preso a prestito molto denaro al 6 per 100. Questo qui ha ridotto gli interessi tanto dei nuovi quanto dei vecchi contratti, e così ha avuto l possibilità di togliere le imposte che il defunto Granduca, suo padre, aveva stabilite, ed ha fatto una cosa che i principi fanno difficilmente: si è liberato dell’importunità della pretaglia e della frateria e non vuol sentirne parlare”.
“A Firenze si vive con molta economia. Gli uomini vanno a piedi. La sera, si fanno lume con una piccola lanterna. Le donne vanno in grandi carrozze.[…] la nobiltà fiorentina è affabile, e la razza è abbastanza bella.”
“Nessun caminetto, e, nel cuore dell’inverno, niente riscaldamento. Dicono che il fuoco è malsano; ma potrebb’essere anche per ragioni di economia. Dato che abituano i bambini a restare in una camera senza fuoco, non ne sentono il bisogno.”
“Da Firenze, in ogni tempo, sono usciti grandi uomini e grandi geni. Sono essi che hanno contribuito, più di alcun’altra città d’Italia, al rinascimento delle arti. Cimabue e Giotto cominciarono a far rivivere la scultura e la pittura, e furono i governi di Venezia e Firenze a chiamare gli artisti greci.
E c’è questo di straordinario, che a Firenze l’architettura gotica è d’un gusto migliore che altrove. Il Duomo e Santa Maria Novella sono bellissime chiese, sebbene di gusto gotico”.
“Non c’è una città in cui la gente viva con meno lusso che a Firenze: con una lanterna cieca, per la notte, e un ombrello, per la pioggia, si ha un equipaggio completo. E’ vero che le donne spendono un po’ di più […]. Le strade sono così ben lastricate, che è comodissimo andare a piedi”.
“A Firenze c’è un governo abbastanza mite. Nessuno conosce o avverte la presenza del principe e della corte. Questo piccolo paese ha, da questo lato, l’aspetto di un grande paese”.
“(Gian Gastone) E’ un buon sovrano, intelligente, ma molto pigro e, inoltre, gli piace un po’ bere, anche liquori. Non si fida di nessun ministro”.
“Le rarità, le ricchezze e le curiosità dei Medici provengono non solo dai loro acquisti, ma anche dalla confisca dei beni di parecchie famiglie che hanno cospirato contro di essi”.
“C’era un tempo un gioco, che consisteva nel darsi dei bei pugni, e che è stato abolito da qualche tempo, e si faceva una volta all’anno. Era in uso dal tempo della repubblica, perché quando si aveva qualche risentimento, lo si teneva in serbo per il giorno del gioco. Si picchiava ben bene il proprio avversario, e dopo l‘onore ingiungeva di dimenticare l’ingiuria ricevuta, perché ci si era vendicati”.
“L’attuale Granduca (Gian Gastone), indeciso e pigro. Alcuni del suo seguito, al suo ritorno dalla Germania, fecero mettere i loro abiti nei suoi bagagli. Non sono stati ancora disfatti, dopo dieci o dodici anni, e sono ammuffiti. Tutto quello che gli danno, egli lo rinchiude […] dopo averlo fatto stimare ed aver dato una parte del prezzo, e là marcisce”.
“la città di Firenze può avere 80.000 anime, 800 monaci, altrettante suore, senza contare i preti”.
“Firenze esporta per 100.000 pistole di stoffe di seta; il Piemonte, il doppio. […] Gli Stati di Firenze non esportano sete gregge; al contrario, le fanno venire dal’estero. Eccelle in piccoli taffettà, per le fodere”.
“Queste opere (in musica) italiane cominciano a piacermi. A Firenze vengono a costare pochissimo; alcuni gentiluomini del luogo costituiscono una società per metterne su una. Poiché hanno denaro, e pagano bene, ottengono tutto a miglior mercato di quei miserabili impresari”.
“(le donne) Hanno un’enorme quantità di gioielli, perché a Firenze non manca tutto ciò che non si consuma con l’uso, come gioielli, vasellame, quadri, statue. Le signore non usano il rossetto, ma hanno tutte uno splendido aspetto giovanile: a quarant’anni la maggior parte appaiono fresche come a venti. Donne che hanno partorito dieci o dodici volte, sono belle, fresche, piacenti, come la prima volta. Credo che la vita regolata, un regime rigoroso, ed inoltre la particolare qualità dell’aria le mantengano così”.
Il 15 gennaio 1729 Montesquieu lasciò Firenze per recarsi a Siena sulla strada per Roma.
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