I toscani e la pietra

Foto di Roberto Di Ferdinando
“[…] Il toscano era per sua natura scultore. Nel paesaggio costruiva terrazze di pietra, piantava le viti e gli ulivi in armonia con le colline. Non due pagliai che fossero uguali; ogni famiglia si atteneva a una forma ereditaria, di schietta natura scultoria - circolare, oblunga, a ombrello, a tenda - che in un certo senso rappresentava l'emblema della fattoria.
S'inerpicò per la strada carrareccia, incassata tra due muri, I muri: ecco il solido elemento caratteristico della vita del toscano, che gli dava un confortevole senso d'isolamento e di sicurezza, e nello stesso tempo sorreggeva i suoi terreni, sosteneva la sua sovranità. Alti fino a quattro o cinque metri, per impedire o arginare ogni eventuale franamento, sembravano costruiti per durare almeno cento generazioni. La pietra era realmente il fattore dominante: con essa il toscano edificava fattorie e ville, cintava i campi e le proprietà, scaglionava a terrazze i declivi. La natura gliela forniva con prodiga generosità; ogni monte si poteva dire una cava da sfruttare. Gli bastava grattare un po' in profondità, per trovare materiali da costruzione sufficienti per erigere una città. E anche i suoi muri a secco erano di una solidità a tutta prova.
«La perizia con cui gli uomini si servono della pietra rivela il loro grado di civiltà ».
Abbandonò la strada. […].”
(Tratto da: Irving Stone, Il tormento e l’estasi, Dall’Oglio editore, 1964)

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