La Toscana è uno stato di grazia

“[…] La Toscana è uno stato di grazia. Le linee della campagna hanno una cosí fluida dolcezza di disegno che l'occhio scorre su monti e valli senza mai incontrare il brusco arresto d'una rupe.
Il ritmo delle ondulate colline, gli svelti cipressi, le terrazze dei vigneti e degli orti scolpite da generazioni che hanno maneggiato le pietre con sapiente tenerezza, i campi geometricamente giustapposti come se fossero stati tracciati da un disegnatore e ispirassero a una finalità di bellezza oltre che di produttività, i merlati castelli sulle alture con le loro ardite torri grigioazzurre e oro brunito che si ergono tra il verde folto degli alberi, l'aria cosi chiara da dare ad ogni zolla uno stupendo risalto: tutto è incanto. Sotto lo sguardo di Michelangelo si stendevano le ridenti coltivazioni di orzo e di avena, di fave e di barbabietole; ai due lati della strada i filari di viti carichi d'uve si stendevano tra gli ulivi verde-argento, componendo con essi una trama delicata, ricca di significati poetici.
Egli provava un delizioso godimento fisico, mentre il suo cavallo avanzava lungo i pendi d'una catena di colline che si stagliavano sempre piú alte nella limpida azzurrità del cielo, e l'aria che respirava era d'una tale purezza che ta o la lui s'esaltava, staccandosi dalle meschinità della vita, delle realtà quotidiane: una specie di impetuoso rapimento che provava soltanto quando scolpiva il bianco marmo. Questa Toscana scioglieva i nodi dell'anima, dissipava ogni male, disperdeva ogni sofferenza.
Dio e l'uomo avevano collaborato per creare una cosi sublime opera d'arte. Questo avrebbe potuto essere il giardino dell'Eden.
Adamo ed Eva se n'erano andati, ma per il suo occhio d’artista immerso nella contemplazione degli ondeggianti dorsi collinari che fluivano nello spazio con la stessa lirica dolcezza del fiume serpeggiante là nella valle, punteggiati di case di pietra, fai tetti intrisi di sole, di mucchi di fieno, tutto questo era un paradiso. Mormorò, come quando era fanciullo:

L'Italia è il giardino d’Europa,
la Toscana è il giardino d’Italia,
Firenze è il fiore della Toscana...

Verso l'ora del tramonto raggiunse le alture sopra Poggibonsi. Qui l'Appennino era coperto di boschi, fiumi e stagni splendevano come argento sotto i raggi obliqui del sole. Scese nel florido centro vinicolo, lasciò il bagaglio in una linda osteria e sali al Poggio Imperiale, la fortezza che Lorenzo aveva fatto costruire da Giuliano da Sangallo per precludere ad eventuali truppe d'invasione il passo verso la valle che conduceva a Firenze. Ma Lorenzo era morto e il Poggio Imperiale era stato abbandonato...
Scese per il roccioso sentiero e tornò all'osteria. Cenò in cortile, dormi saporitamente e, alzatosi al canto del gallo, intraprese il secondo tratto del viaggio.
Ecco Siena, città d'un rosso-bruno che le derivava dal colore della terra di cui eran fatti i suoi mattoni, cosí come Bologna era d'una tonalità arancione bruciato. Varcata la porta, raggiunse la piazza del Campo: una grande conchiglia che da un alto scenario di palazzi privati scendeva rapidamente verso il Palazzo Pubblico, situato all'estremità opposta e dominato dall'ardita torte del Mangia, scultura in pietra di estasiante bellezza.
Lasciato il cavallo allo stallaggio, andò al centro della piazza intorno al quale si correva ogni estate l'entusiasmante Palio […].”
(Tratto da: Irving Stone, Il tormento e l’estasi, Dall’Oglio editore, 1964)
(Immagine tratta da:https://www.firenzestampe.com/toscana.htm)

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