Il "frontino"


“[…] Allora Bob, fu lui. Improvviso, e quasi a lui stesso inatteso, vibrò a Gianfranco, colpendolo sulla fronte col cavo della mano, dal basso in alto, quello che in Sanfrediano chiamano un "frontino"’. L’idea di decadere nella stima e dal cuore delle sue ragazze, esse che erano la sua vita, l’aveva resuscitato.
Il frontino, è un colpo bonario, vale la manata sulle spalle; nei confronti di un fanciullo sostituisce la carezza, e in opposte circostanze è il massimo segno di disprezzo. In questo caso il frontino serve "a non sporcarsi troppo le mani” con chi è talmente in basso da meritare di essere schiaffeggiato. E c’è il frontino, cosiddetto interrogativo, che sta a metà tra il complimento e l’ingiuria, ed è un modo squisitamente popolano di provocare, dalle reciproche reazioni, un sentimento definitivo. L’ampiezza del gesto che accompagna il frontino e l’intensità del sorriso di chi lo vibra, determinano i vari generi, poiché in quanto a peso, sia il frontino rivolto in segno di affetto, di offesa o di perdono, la misura non cambia - Si tratta sempre di un colpo secco, potente, sotto la cui scossa, Ila testa colpita torna e storna e per alcuni secondi il cervello si dilegua.
Comunque, nulla di più appropriato di un frontino per risolvere o far cambiare rotta ad una discussione, allorché l’interlocutore tocca il limite estremo del tenero, del drammatico o dell’abbietto.
Ma c’è anche una quarta circostanza che esige l’uso del frontino, ed è quella in cui si trovava Bob, «dell’uomo messo con le spalle al muro, che subisce una condanna o un ricatto sproporzionati alla sua colpa, inauditi e mortali: il frontino della disperazione. […]”
(Vasco Pratolini, Le ragazze di Sanfrediano)

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