La bottega di un cartolaio fiorentino del XV° secolo
“[…] sopraggiunta la stampa a soppiantare lentamente il libro manoscritto, i cartolai ampliarono ulteriormente le loro attività, sovvenzionando, in alcuni casi i primi stampatori.
[…] Alla fine del secolo XV, in Italia si va verso un lento cambiamento nella produzione
del libro: si continuano ancora a usare piatti di legno, fermagli metallici e decorazioni a caldo,
ma con l’introduzione di nuove materie, formati ridotti e con la ricerca di legature con pretese di
artistiche maggiori assistiamo a un vero e proprio processo di modernizzazione del prodotto.
Nell’ultimo quarto di secolo si verificò una vera svolta, quando i cambiamenti furono strutturali
soprattutto, decorativi: i supporti lignei furono sostituiti con quadranti in cartone prima alla
Colla e successivamente alla forma.
I nervi in pelle o in cuoio furono sostituiti da cordicelle di canapa o di lino perché ritenuti più
adatti ad essere introdotti attraverso i quadranti di cartone.
L’uso delle borchie e dei fermagli metallici tesero a scomparire e con la standardizzazione dell’unghiatura, quella porzione di piatto eccedente il corpo del libro, la posizione da orizzontale divenne definitivamente verticale. Adotta tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, fu proprio
Il cambiamento più importante che preluse al processo di verticalizzazione della posizione di
conservazione del libro; precedentemente, tuttavia, la sua assenza non provocava alcuna sofferenza ai manufatti, che venivano infatti conservati in posizione obliqua sul leggio
oppure in piano sullo scaffale.
Nelle botteghe artigiane per sopperire all’esigenza di una crescita inaspettata della produzione, dovuta, come detto, all’invenzione della stampa furono ideate coperte strutturalmente meno elaborare e furono impiegati materiali di minor costo.
[…] documenti relativi alla bottega di tre fratelli fiorentini: Bartolomeo, Gherardo e Monte di Giovanni […]:
Risime cinque et quaderna dieci di fogli mecani bolognesi nel segno della scala: si tratta di risme da 500 fogli, che si distinguevano in imperiali, reali e mezzani a seconda delle dimensioni. La filigrana della carta e il suo formato sono indicativi di una precisa area di fabbricazione.
Chavrecti a foglio comune rasi: assai verosimile sono carte membranacee di capretto, rasate
dalla scrittura e pronte al riutilizzo.
Pecore sode nostrale: si tratta di pelli da raffinare, non lavorate.
[…]
Gli attrezzi presenti nella bottega sono modesti:
Coltelli da tondare: sono coltelli per rifilare i tre margini del libro, rendendoli lisci e facilitandone la decorazione. L’operazione avviene dopo la cucitura dei fascicoli; il margine del volume viene ben serrato in un torchio ligneo e ‘il coltello da fondare ne rifila il margine
Scuffina: si tratta di una raspa di più modelli e di più grandezze usata per smussare o arrotondare
gli spigoli delle assi lignee.
Traversa: è lo strumento che i legatori e i doratori oggi chiamano “paletto” e che viene usato per evidenziarne le nervature e per realizzare dei filetti in oro.
Strettoio: è una pressa in legno.
Punto: si tratta di un punteruolo usato dall’amanuense per forare la pergamena e per fissare i punti di inizio e fine della scrittura e la distanza tra una riga e l’altra.
Pectine per rigare: realizzato in metallo, è munito di una serie di punte scriventi, poste a distanze regolabili, ed è utilizzato per rigare a inchiostro eseguendo più righe alla volta carta o pergamena.
Le seccate da stampare:
Sono punzoni per impressioni a caldo o per dorare.
[…]
(Tratto da: Una bottega fiorentina di cartolaio del secolo XV, di Claudio Sorrentino, I beni culturali: tutela e valorizzazione, 2012)
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