Lo spettacolo del Principe
“[…] Tra il Quattrocento e il Seicento la corte medicea diviene fulcro di ogni manifestazione pubblica che raccoglie, finanzia e stimola le sperimentazioni dei maggiori architetti, ingegneri civili, pittori, macchinisti e artigiani dell’epoca. Filippo Brunelleschi, Giorgio Vasari e Bernardo Buontalenti rendono concreta l’idea di Gesamtkunstwerk, quell’opera totale tanto agognata da Wagner che troverà nel melodramma uno dei massimi vertici espressivi. L’Euridice di Rinuccini e Peri cantata la sera del 6 ottobre 1600 nella Sala Bianca di don Antonio in Palazzo Pitti, l’evento che consacra la nascita del fortunato genere spettacolare, è il punto di arrivo di oltre un secolo e mezzo di sperimentazioni che vedono il perfezionamento di un complesso sistema teatrale. I germi dello spettacolo barocco vanno infatti cercati negli intermedi cinquecenteschi: exploit coreografico-spettacolari che intervallano la più noiosa rappresentazione delle commedie e che raggiungono l’apogeo nel 1589 con l’episodio della Pellegrina di Girolami Bargagli, messa in scena per celebrare il matrimonio del Granduca Ferdinando con Cristina di Lorena. Era elemento constante della politica medicea quello di legare lo sforzo economico tecnico ed organizzativo di un allestimento con un avvenimento importante – nozze o visite di personaggi illustri – che coinvolgesse il maggior numero possibile di persone influenti . la risonanza degli eventi spettacolari accresceva dalle descrizioni ufficiali dei cronisti del granducato – Vasari in testa – vere e proprie fotografie volte a illustrare agli assenti l’invenzione e le ricchezze profuse, fissando nel contempo l’avvenimento nelle pagine della Storia. Il mago degli interemzzi fiorentini era messer Bernardo Buontalenti, scenografo, costumista, apparatore e direttore di scena che coordinava l’insieme da una sorta di cabina di regia disposta sul palcoscenico.
I cinque intermezzi buontalentiani dell’89 sono considerati un prodigio scenografico e scenotecnico: le scene multiple e ingegnose, gli elaboratissimi costumi, l’atmosfera sinestetica, le danze, i suoi, canti, colori, fogge e fumi, le mutazioni a vista e soprattutto lo stupore delle apparizioni e sparizioni di nuvole e intere macchinerie reggenti Grazie e Dei dell’Olimpo, erano uno spettacolo senza precedenti.
Il primato tecnico e la nascita del professionismo teatrale corrispondeva, inoltre, a un differenziato sistema di sale deputate allo spettacolo. Nella seconda metà del Cinquecento il fastoso spettacolo di corte si celebrava nel Teatro degli Uffizi, mentre i comici dell’Arte si esibivano nell’adiacente Teatrino della Dogana (detto anche della Baldracca, dal quartiere malfamato che vi sorgeva attorno), il primo teatro a pagamento della città destinato ai ceti subalterni, al cui fascino non resisteva neppure il Granduca che vi assisteva furtivamente dall’interno di palchetti celati da grate. Meno di un secolo dopo, lo spettacolo granducale fornisce al mondo intero il modello di un edificio che verrà a coincidere con l’idea del teatro che abbiamo tuttora oggi: la sala all’italiana, che si concretizza nella costruzione di due teatri cittadini in via del Cocomero (1656) e in via della Pergola (1657) […]”
(Adela Gjata, in Quaderni della Pergola, n. 8)
I cinque intermezzi buontalentiani dell’89 sono considerati un prodigio scenografico e scenotecnico: le scene multiple e ingegnose, gli elaboratissimi costumi, l’atmosfera sinestetica, le danze, i suoi, canti, colori, fogge e fumi, le mutazioni a vista e soprattutto lo stupore delle apparizioni e sparizioni di nuvole e intere macchinerie reggenti Grazie e Dei dell’Olimpo, erano uno spettacolo senza precedenti.
Il primato tecnico e la nascita del professionismo teatrale corrispondeva, inoltre, a un differenziato sistema di sale deputate allo spettacolo. Nella seconda metà del Cinquecento il fastoso spettacolo di corte si celebrava nel Teatro degli Uffizi, mentre i comici dell’Arte si esibivano nell’adiacente Teatrino della Dogana (detto anche della Baldracca, dal quartiere malfamato che vi sorgeva attorno), il primo teatro a pagamento della città destinato ai ceti subalterni, al cui fascino non resisteva neppure il Granduca che vi assisteva furtivamente dall’interno di palchetti celati da grate. Meno di un secolo dopo, lo spettacolo granducale fornisce al mondo intero il modello di un edificio che verrà a coincidere con l’idea del teatro che abbiamo tuttora oggi: la sala all’italiana, che si concretizza nella costruzione di due teatri cittadini in via del Cocomero (1656) e in via della Pergola (1657) […]”
(Adela Gjata, in Quaderni della Pergola, n. 8)
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