Orsanmichele
“Una munita
fortezza nel cuore della città, a mezza strada fra il luogo del potere
religioso (piazza del Duomo) e il luogo del potere politico (piazza della
Signoria).
Qui si faceva
la politica monetaria, si stabilivano i prezzi delle merci, qui i
rappresentanti dei ceti produttivi si riunivano nelle occasioni rituali e commerciali.
Qui il lavoro che ha fatto grande Firenze trovava la sua consacrazione. I
fiorentini dei grandi secoli vollero che la casa del Lavoro avesse bellezza e
dignità non inferiori alla casa di Dio (Duomo) e alla casa della Politica
(Palazzo vecchio) e vollero anche la loro casa, all’interno della forma urbis,
fosse autonoma e distinta rispetto all’una e all’altra. Non è forse questo uno
straordinario esempio di laica democrazia, di divisione dei poteri e quindi di
modernità? Ma la connotazione secolare dell’edificio inglobava e esaltava la
devozione alla Nostra Signora. Nella Firenze del Trecento tutti sapevano quanto
mutevole fosse la fortuna, quanto labile il destino della città, fra minacce di
guerra, pericoli di tirannia, recessioni economiche, crisi finanziarie e la
pesta sempre incombente, per questo si appellavano alla Madonna delle Grazie,
davanti al suo gigantesco e prezioso reliquario marmoreo.”
(Antonio
Paolucci, in “Programma di Sala della XXXVII stagione concertistica dell’Orchestra
da camera Fiorentina”)
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