Il pane, simbolo della cucina rurale toscana
"Insomma il simbolo della cucina rurale toscana, a parer mio, ruota intorno al pane ed in modo particolare a quello raffermo per la cucina degli avanzi. Nascono da questo riutilizzo piatti che sono la carta d’identità della cucina di questa regione nel mondo: la zuppa di pane, la zuppa del frantoiano, l’acqua cotta, la ribollita, la fettunta, la pappa col pomodoro, il pan molle, la panzanella. Mi ricordo ancora le fette di pane avanzate la sera a cena e abbrustolite la mattina prima di andare a scuola sulla piastra della cucina economica e poi immerse nel caffelatte (magari con la panna della bollitura del latte). A quei tempi il latte si comprava crudo dai contadini e si bolliva in casa in un particolare pentolino con coperchio, utilizzato per non farlo versare quando raggiungeva l’ebollizione. Mia madre Abes, appena vedeva che si riempiva una zuppiera di pane raffermo, prendeva qualche verdura avanzata o fresca del nostro orticello e queste erano la base della “minestra di pane” (noi la chiamavamo così). In aggiunta, se mancava qualche ingrediente (soprattutto ortaggi), raramente lo compravamo e ce lo facevamo dare dai vicini. Ed ecco che c’erano pomodori, il sedano, la cipolla, la zucchina, poca carota, la patata, un bel soffritto di cipolla e giù un bel minestrone. Quant’erano, erano, se c’era più sedano sapeva più di sedano, se c’era più cipolla sapeva più di cipolla, era bello anche cambiare sapore. E via, uno strato di pane raffermo una romaiolata di minestrone un altro strato di fette di pane rafferme e via un altro po’ di romaioli (o “ramaioli”) di minestrone.
Una mezzoretta per fare ammorbidire il pane ed era fatta. La sera quella avanzata di riscaldava e veniva la “ribollita”. A volte aggiungevamo una buccia di parmigiano o l’osso e la cotica di prosciutto bolliti a parte; altre volte ancora, quando mia madre non c’era, della cipolla fresca tritata (mia madre non sopportava la cipolla).
Ma la vera leccornia per noi, in estate, era il “panmolle”. Si partiva sempre dalla zuppiera di pane raffermo, questa volta messo in acqua ad ammorbidire.
Poi si strizzava a mano il pane (goduria) e via insieme a una bella quantità di pomodori belli maturi e freschi dell’orto, un cetriolo (sempre dell’orto), e cipolline in erba fresche, olio, aceto e sale. Ancora una bella rimescolata, preferibilmente a mano - strizzando verdure e pane.
Le varianti erano rappresentate dall’aggiunta di tonno in scatola - e per noi diventava la “panzanella” (quel tocco di esotico) -, a volte una scatoletta di carne in scatola, oppure - al posto del tonno - anche una sardina sottolio.
Ed i pomodori ben ma turi, che rischiavano di marcire, erano la base, insieme al pane raffermo, di una golosa pappa col pomodoro. Un bel soffrittino d’aglio in olio buono, e giù pomodoro a pane. Cuoci, cuoci, fino a farne una pappa. Basilico fresco a freddo, olio crudo e via..."
(Tratto da: Le magie del pane raffermo, racconto di Enrico Vacirca, in “La cucina degli avanzi attraverso le ricette contadine”)
Una mezzoretta per fare ammorbidire il pane ed era fatta. La sera quella avanzata di riscaldava e veniva la “ribollita”. A volte aggiungevamo una buccia di parmigiano o l’osso e la cotica di prosciutto bolliti a parte; altre volte ancora, quando mia madre non c’era, della cipolla fresca tritata (mia madre non sopportava la cipolla).
Ma la vera leccornia per noi, in estate, era il “panmolle”. Si partiva sempre dalla zuppiera di pane raffermo, questa volta messo in acqua ad ammorbidire.
Poi si strizzava a mano il pane (goduria) e via insieme a una bella quantità di pomodori belli maturi e freschi dell’orto, un cetriolo (sempre dell’orto), e cipolline in erba fresche, olio, aceto e sale. Ancora una bella rimescolata, preferibilmente a mano - strizzando verdure e pane.
Le varianti erano rappresentate dall’aggiunta di tonno in scatola - e per noi diventava la “panzanella” (quel tocco di esotico) -, a volte una scatoletta di carne in scatola, oppure - al posto del tonno - anche una sardina sottolio.
Ed i pomodori ben ma turi, che rischiavano di marcire, erano la base, insieme al pane raffermo, di una golosa pappa col pomodoro. Un bel soffrittino d’aglio in olio buono, e giù pomodoro a pane. Cuoci, cuoci, fino a farne una pappa. Basilico fresco a freddo, olio crudo e via..."
(Tratto da: Le magie del pane raffermo, racconto di Enrico Vacirca, in “La cucina degli avanzi attraverso le ricette contadine”)
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