Il fiorentino Antonio Meucci, inventore del telefono

Articolo pubblicato sulla rivista Firenze Informa nel 2011
Testo e foto di Roberto Di Ferdinando

Recentemente Firenze ha ricordato in maniera solenne con mostre e conferenze, il fiorentino Antonio Meucci, inventore del telefono, di cui nel 2008 si sono celebrati i duecento anni dalla nascita. Firenze ha voluto così restituire a Meucci, i giusti meriti ed onori che la vita ed il destino avverso gli avevano sempre negato. Infatti solo negli ultimi decenni Meucci è stato universalmente ed ufficialmente riconosciuto quale il primo inventore del telefono.
Antonio Meucci nacque il 13 aprile 1808 a Firenze, in piena dominazione napoleonica, in Via de’ Serragli, nella casa all’attuale numero civico 44 dove oggi una targa ricorda così i natali dell’inventore: QUI NACQUE/IL 13 APRILE 1808/ANTONIO MEUCCI/INVENTORE DEL TELEFONO.

Via de'Serragli, la targa sulla facciata della casa dove nacque Meucci
Fin da giovane Meucci dimostrò una certa passione per l’elettricità fisiologica ed animale, ma i primi studi furono dedicati all’arte ottenendo difatti l’ammissione all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Purtroppo le forti ristrettezze economiche della propria famiglia non permisero a Meucci di completare gli studi artistici, pur continuando quelli in scienze quale autodidatta. Così, giovanissimo, iniziò a lavorare prima come doganiere, poi come attrezzista e tecnico di scena al Teatro della Pergola di Firenze, dove conobbe la costumista Ester Mochi, che presto divenne sua moglie.  Proprio presso il prestigioso teatro fiorentino, Meucci compì i primi studi sul telefono acustico realizzandone anche un prototipo: si trattava di un sistema di tubi che trasportava il suono da una parte all'altra del palco, in modo da poter impartire le istruzioni agli operai dal palco fino alla cabina di regia. Questo strumento fu l’antesignano del moderno telefono che Meucci perfezionò alcuni decenni più avanti, ma lontano da Firenze e dall’Italia. Infatti Meucci ben presto, per colpa delle sue idee liberali e repubblicane che lo avevano spinto a partecipare attivamente ai moti rivoluzionari del 1831, fu costretto, per evitare il carcere, a lasciare il granducato di Toscana. Decise così di emigrare a Cuba, dove nel 1835 accettò un lavoro, sempre come tecnico di scena, presso il Teatro Tacon dell'Avana. Anche qui la fortuna gli volse le spalle; infatti il teatro fu distrutto da un incendio e Meucci, rimasto senza lavoro, nel 1850 decise di trasferirsi negli Stati Uniti, a New York. Qui si improvvisò piccolo imprenditore, avviando una fabbrica di candele (nella quale lavorò come operaio anche l’amico Giuseppe Garibaldi), e contemporaneamente porta avanti i suoi studi sul telefono. Nel 1854, sulla base del prototipo fiorentino, realizzò il teletrofono un apparecchio capace di mettere in comunicazione il suo ufficio con la camera da letto dove la moglie era costretta all’infermità da una grave malattia. Di questo esperimento incaricò anche il suo amico artista Nestore Corradi, che Meucci aveva conosciuto sulla nave che lo aveva trasportato a Cuba e che aveva rincontrato in quegli anni a New York, di disegnargli uno schizzo del teletrofono che oggi rappresenta una delle prove principali della paternità dell'invenzione del telefono di Meucci. Purtroppo, con il passare del tempo, anche la fabbrica di candele fallì e le difficoltà finanziarie tornarono nuovamente ad assalirlo. Dedicò quindi tutte le proprie risorse fisiche e finanziare a sviluppare l’invenzione del telefono, riuscendo a vivere grazie all'aiuto degli amici, ma le proprie disponibilità economiche non erano abbastanza per brevettare definitivamente lo strumento; nel 1871 ottiene infatti solo un brevetto temporaneo riuscendolo a rinnovare, per 10 dollari l’anno, solo fino al 1873. Cercò di ottenere dei finanziamenti proponendo la sua invenzione ad una compagnia telegrafica di New York, ma le potenzialità del telefono non vennero intuite; Meucci collezionava così l’ennesima delusione, ma ancora non l’ultima. Infatti il 7 marzo 1876 Alexander Graham Bell (1847-1922) brevettò un altro modello di telefono, Meucci decise di intentargli causa, accusando Bell perfino di avergli copiato alcuni studi sul teletrofono, ma Meucci, ormai caduto nell’estrema povertà, aveva persino problemi a comprarsi da mangiare, non poté più continuare con forza la sua battaglia legale. Nel 1887 infatti il Tribunale di New York dichiarò conclusa la diatriba stabilendo la vittoria di Bell, il giudice motivò la sentenza specificando che Meucci avrebbe inventato il telefono meccanico mentre Bell quello elettrico.
Meucci, ormai sfiduciato e povero, morì negli Stati Uniti, a Staten Island, il 18 ottobre 1889, in una casa che la generosità della comunità italo-americana gli aveva donato; invece l’universale riconoscimento della sua invenzione sarebbe venuto molti decenni dopo.
L’Italia fu la prima ad indicare Meucci quale inventore del telefono, Firenze, in particolare, nel 1924, solennemente gli concesse tale riconoscimento apponendo una targa sulla facciata del Palazzo delle Poste Centrali di Via Pellicceria in prossimità con Piazza della Repubblica, ancora oggi visibile e che così sentenzia: - ANTONIO MEUCCI INVENTORE DEL TELEFONO MORI’ NEL MDCCCLXXXIX IN TERRA STRANIERA  POVERO E DEFRAUDATO DE’ SUOI DIRITTI “L’ITALIA DI VITTORIO VENETO E LA SUA FIRENZE NE RIVENDICANO CON MATERNO ORGOGLIO LA GLORIA”-

Via Pellicceria, la lapide in onore di Meucci
Il grande genio di Meucci non poteva non essere ricordato anche presso la Basilica fiorentina di Santa Croce, da sempre il Pantheon che raccoglie le spoglie degli italiani più illustri. Nella Basilica infatti una targa forgiata in particolare bronzo e collocata tra il secondo e il terzo altare, sotto alla targa dedicata a Leonardo da Vinci e accanto a quella per Guglielmo Marconi, porta questa scritta: "LONTANO DALLA PATRIA/DI SULLA SPONDA ATLANTICA/CHE PER PRIMO UN ALTRO FIORENTINO TOCCO’/OFFRI’ COL TELEFONO/LO STRUMENTO CHE ANNULLA OGGI/OGNI DISTANZA TRA UOMINI E POPOLI".
Invece il riconoscimento internazionale a Meucci quale primo scopritore del telefono è avvenuto solo recentemente, l'11 giugno 2002, quando il Congresso degli Stati Uniti, con la risoluzione 269, ha affermato che Meucci, solo per motivi finanziari fu impossibilitato a brevettare i suoi studi e che quindi deve essergli riconosciuta la paternità dell'invenzione del telefono elettrico.
RDF

Commenti

  1. E chi è il fiorentino che per Torino toccò la sponda americana dell'Atlantico, citato dall'epigrafe?

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