Bartolomeo Cristofori, inventore a Firenze del primo pianoforte

Testo di Roberto Di Ferdinando

Intorno al 1700, grazie all’arte del padovano Bartolomeo Cristofori (1655-1731) e al mecenatismo del Gran Principe Ferdinando de'Medici (1663-1713), Firenze fu sede di una delle più importanti intuizioni nella storia della musica: la realizzazione del gravicembalo, lo strumento musicale precursore del moderno pianoforte.
Il principe Ferdinando, infatti, attento collezionista di strumenti musicali, in uno dei suoi primi viaggi verso l’amatissima Venezia, nel 1688, sostò volutamente a Padova per conoscere Bartolomeo Cristofori, la cui fama di abile costruttore di strumenti musicali a corda e a tastiera (cembali, clavicembali e spinette) era giunta fino a Firenze. Il principe-musicista, riconoscendone subito il talento artigianale, pensò bene di portarlo con sé a Firenze, offrendogli di fatto l’incarico a corte di conservatore degli strumenti musicali. Nel 1690 quindi Cristofori si trasferì definitivamente a Firenze allestendo nelle vicinanze degli Uffizi, sotto la tutela di Ferdinando, un laboratorio artigianale  in cui ideò e realizzò strumenti musicali profondamente innovativi per struttura, materiali utilizzati, meccanica e sonorità. Ma oggi il nome di Cristofori è ricordato principalmente per i suoi studi sulla meccanica del pianoforte che rappresentarono una vera rivoluzione nella storia della musica moderna, sebbene solo molti decenni dopo la sua morte gliene fu riconosciuta la paternità. Verso la fine del Seicento, infatti, le esigenze dell'arte musicale erano diventate tali che il vecchio clavicembalo, dai piccoli suoni fuggenti, non le riusciva più a soddisfare. Si sentiva quindi la necessità di uno strumento capace di rendere sonorità maggiori e graduabili, ed all'occorrenza riassumere e sintetizzare l'orchestra. Cristofori vi riuscì nel primo decennio del XVIII° secolo, sostituendo, nel clavicembalo, al meccanismo dei salterelli quello dei martelletti (cembalo a martelletti), in modo da variare l'intensità del suono a seconda della pressione del tasto e garantendo un suono meno meccanico e metallico, tale da soddisfare la sensibilità estetica del nuovo secolo. Nel 1711 il marchese e letterato veneto, Scipione Maffei, in un articolo comparso nel veneziano "Giornale de'Letterati d'Italia", raccontando i suoi soggiorni a Firenze, effettuati tra il 1709 ed il 1711, e l’incontro con Cristofori nella sua bottega, così descrive il nuovo strumento: “martelletti articolati, indipendenti dai tasti, forniti di uno scappamento semplice e smorzatori singoli per ogni corda”. L’intuizione di Cristofori fu quindi, non solo di aver sostituito ai saltarelli del clavicembalo, i martelletti,  ma, al fine di regolare l’intensità del suono a seconda della maggiore o minore pressione dei tasti, di realizzare un sistema in cui i martelletti erano mossi da una contro-leva a bilancia avente due movimenti, uno anteriore che spingeva in alto il martelletto, inviandolo a percuotere la corda, ed uno posteriore che invece faceva calare lo smorzo attaccato all'altra estremità della contro-leva, in tal modo la corda rimaneva libera di poter vibrare al colpo del martelletto. Cessata l'azione del tasto, si azionava un movimento contrario: al ricadere del martelletto lo smorzo tornava su, raggiungendo la corda e facendo cessare le oscillazioni. Inoltre Cristofori ideò anche il sistema dello spostamento della tastiera, in virtù del quale il martelletto percuoteva una sola corda anziché due, dispositivo corrispondente quindi al moderno pedale del piano. Gli studi di Cristofori erano stati mossi dalla ricerca di uno strumento capace di garantire una migliore graduazione delle sonorità fino ad allora offerte dal clavicembalo, e per questo, alla sua nuova invenzione dette il nome di Gravicembalo col piano e col forte. Nasceva così il precursore del moderno pianoforte.
Non è comunque da escludere che a tali studi non contribuì anche il principe Ferdinando, con suggerimenti e consigli. Ad esempio, nel diario autografo del musicista fiorentino Francesco Maria Mannucci, alla data del 16 febbraio 1711, egli scrive che in due occasioni è testimone della presentazione di Cristofori al principe di alcuni suoi nuovi strumenti musicali: "viddi il Sig. Cristofori venire di corsa nelle Stanze Reali, per relazionare col Gran Principe, seco portando un tasto con ordingo a martello, di misura più piccola dell'ordinario, che mi disse più buono a battere sulle Corde di quelli da lui medemo usati pe' nuovi Cimbali con piano e forte, fabbricati nel laburatorio per volere del Ser.mo Gran Principe Ferdinando, cominciando du'anni prima del Giubileo (l’anno del Giubileo è il 1700, quindi Cristofori inizia a lavorare al Gravicembalo fin dal 1698) [...]" (1). Ed è infatti proprio nel primo decennio del Settecento che la produzione di Cristofori è maggiormente prolifera; nei già citati incontri descritti da Maffei, il marchese sostiene di aver visto nella bottega dell’artigiano, e provati dal Principe stesso, non uno ma più cembali a martelletti tutti riusciti perfettamente.
La morte del principe nel 1713 provocherà quindi per Cristofori un duro colpo morale e psicologico, venendogli a mancare difatti l'estimatore più sicuro e convinto. Infatti il Granduca Cosimo III (1723), che aveva sempre combattuto la passione del primogenito per la musica, e ben più preoccupato per il futuro della sua dinastia e del Granducato, "non si voleva mai impacciare nè coi musici nè colla musica". Tuttavia, in questo ambiente Cristofori continuò il suo lavoro con grande passione, tanto che alcuni suoi gravicembali più perfezionati, appartengono proprio a questo secondo periodo; non solo, egli mantenne la carica di custode della ricchissima collezione di strumenti musicali, oltre 115 pezzi pregiati, messa insieme dal principe, nonché proseguì personalmente la preparazione professionale dei suoi allievi. Il 27 gennaio 1731 Cristofori morì a Firenze, senza aver messo su famiglia e senza ricchezze; uniche eredità lasciate furono i suoi appunti e gli innovativi strumenti musicali. 
Il gravicembalo dovette attendere però molto prima di affermarsi, infatti il clavicembalo durò ancora a lungo ed il pianoforte costruito in serie si ebbe solo nel secolo successivo quando, dopo molte diffidenze, fu pienamente accettato dai compositori. Inoltre, solo nel secolo successivo fu riconosciuta a Cristofori la paternità della sua innovativa invenzione. Per molti decenni infatti si sostenne che Cristofori avesse prodotto il suo primo gravicembalo  nel 1718, come riportato dal Maffei nella sua raccolta di Rime e Prose stampata nel 1719. In tale raccolta Maffei omise però di ricordare che la descrizione del moderno strumento era la stessa pubblicata da lui stesso nel già citato scritto del 1711. Quindi l’erronea datazione del 1718 permise ai tedeschi di sostenere che il primo esempio di cembalo a martelletti si era avuto proprio in Germania nel 1717, grazie a Cristoforo Schröter. A questa corsa sulla paternità dell’invenzione non mancarono i francesi, che sostennero che Jean Marius aveva ottenuto fin dal 1716 il brevetto per la costruzione del proprio clavecin à maillets. Solo verso la metà dell’Ottocento gli studi del francese Anders fecero chiarezza sull’errore, attribuendo definitivamente a Cristofori il merito dell'intuizione e della messa a punto del nuovo strumento, mentre nel 1880, nel chiostro della Basilica di Santa Croce, Pantheòn dei geni italiani, fu quindi posta una lapide in onore di Cristofori e della sua arte.
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(1) -   All'Archivio di Stato di Firenze sono conservati due inventari, uno del 1700 ed il secondo del 1716, della collezione di strumenti del principe Ferdinando di Toscana. In quello del 1700 si può leggere: "un Arpicimbalo di Bartolomeo Cristofori, di nuova invenzione […] con alcuni salterelli, con panno rosso, che toccano nelle corde, et alcuni martelletti che fanno il piano et il forte; […] con n° quarantanove tasti (trà bianchi e neri) [...]".M. Fabbri, L'alba del pianoforte, Nuove edizioni, Milano, 1970.
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