Girolamo Segato ed il mistero delle pietrificazioni

Articolo Pubblicato su Microstoria nel 2006
Testo e foto di Roberto Di Ferdinando

Oggi la figura di Girolamo Segato  è poco nota, eppure questo ottocentesco erudito bellunese, trapiantato a Firenze, fu naturalista, cartografo, disegnatore, esploratore ed egittologo di una certa fama. La sua con-tinua passione per la conoscenza multidisciplinare e per l’avventura difatti lo portarono ad essere tra i primi europei ad esplorare l’intero Egitto effettuando qui importanti rilievi geografici e scoperte archeologiche oltre che apprendere le misteriose tecniche per la conservazione dei tessuti umani, per cui oggi nel mondo scientifico è principalmente ricordato. Ma la sua esistenza fu anche caratterizzata da continue avversità: infiniti problemi finanziari che non gli permisero di completare studi e ricerche, oltre che a condannarlo alla povertà, e le avversità verso il suo operato da parte della comunità scientifica che lo spinsero a non rivelare mai il segreto del suo procedimento di pietrificazione dei tessuti umani, che rimane ancor oggi un mistero.
Ma procediamo per ordine. Girolamo Segato nasce a Vedana (Belluno) il 13 giugno 1792 e già da adole-scente muove i suoi interessi verso gli studi di chimica, botanica e mineralogia. Tra il 1809 ed il 1818 fre-quenta varie scuole spostandosi tra Treviso, Belluno, Rovigo e Venezia; infatti le modeste disponibilità eco-nomiche della propria famiglia non gli permettono di svolgere percorsi di studi completi, che effettua comunque da autodidatta e grazie all’aiuto di alcuni dotti amici. Nel 1818 è a Venezia e tramite alcuni conoscenti è introdotto nella famiglia De Rossetti, titolare di una nota casa commerciale a Il Cairo e con incarichi diplomatici in Africa, che gli offre ospitalità ed un impiego di cancelliere in Egitto, lo stesso Egitto che, tornato in auge con la spedizione napoleonica del 1798, in seguito alle prime scoperte archeologiche rappresenta la meta più affascinante per i ricercatori europei di quel periodo. Segato quindi si trasferisce a Il Cairo, dove la nuova attività impiegatizia non gli impedisce di iniziare le prime esplorazioni del paese. Tra il 1818 e il 1823 visita in lungo e largo l'Egitto, partecipando a spedizioni per la stesura di rilievi geografici, che aggregandosi a quelle militari. Durante questi viaggi si interessa alle antichità egizie: visita piramidi e monumenti, che riproduce in precisi disegni, rinviene cadaveri di uomini ed animali pietrificati, e si avvicina così allo studio della mummificazione. Nell’estate del 1820 viaggia per ottanta giorni nel deserto, mentre nel 1822 raggiunge la piramide di Abu-Sir che esplora da solo rimanendo tre giorni consecutivi, senza mai uscire, a 15 metri sotto terra. Rientra quindi a Il Cairo, ma è ormai una persona completamente diversa nello spirito e nel fisico. Il clima dell'Egitto si dimostra nocivo per la sua salute e decide così nel dicembre del 1822 di fare rientro in Europa, a Livorno, dove i De Rossetti gestiscono una banca di assicurazioni marittime e sono in grado di ospitarlo. Ma il destino si prepara a muovere contro Segato, infatti, molti reperti recuperati dal Segato naufragano sulla rotta per il Vecchio Continente, mentre nell’incendio della casa egiziana vanno distrutti tutti i suoi documenti, disegni e rilievi. Preso dallo sconforto non ritornerà più in Egitto e decide invece di trasferirsi a Firenze, che ritiene il luogo più adatto a soddisfare il suo perenne desiderio di istruzione, accettando qui l’impiego di rappresentante della banca De Rossetti.
Giunge a Firenze nel giugno del 1824 e la sua fama di esploratore gli apre inizialmente gli ambienti culturali della città, frequenta la famiglia dell’avvocato Anton Cino Rossi, della cui figlia, Isabella, si innamorerà, ed ottiene udienza perfino dal Granduca Leopoldo II, attento collezionista di antichità egizie. Segato comunque non abbandona i suoi studi, sebbene ancora una volta la mancanza di denaro e le forti avversità scandisca-no la sua vita. Si cimenta infatti nella stesura di un’opera sull’Egitto, tema di moda nella Firenze del periodo. Dopo tre anni di lavoro, dato che un finanziamento promesso dal Granduca non era mai giunto, decide di pubblicare l’opera in società con l'ingegnere Lorenzo Masi, il primo fascicolo esce con il titolo: "Saggi pittori-ci, geografici, statistici, idrografici e catastali sull'Egitto”, ma non incontra il favore del pubblico. Segato però non si perde d’animo, contrae debiti ed inizia a lavorare al secondo fascicolo, che però non vide mai la luce, infatti Masi fugge a Parigi con i soldi ed i disegni originali. Girolamo cade così in uno stato di angoscia e nelle più crudeli angustie finanziarie, non potendo nemmeno più contare sui dei De Rossetti, che avevano nel frattempo liquidato la loro banca. Ottiene prestiti da familiari ed amici che tenta di restituire pubblicando alcune carte geografiche: dell'Africa settentrionale (1830), della Toscana (1832) e dell’Impero del Marocco, lavori di alta qualità, ma che non gli portano profitti.
Contemporaneamente alle sue iniziative editoriali, Segato conduce nel suo laboratorio all'ultimo piano di Pa-lazzo Spini, sul Lungarno Acciaiuoli, anche alcune ricerche chimiche: sull'amalgama dei metalli, sull'ambra artificiale e mette in pratica le conoscenze egiziane sulla pietrificazione. Dopo essersi esercitato su insetti e piccoli animali, decide di far esperimenti anche sui tessuti umani. All’amata Isabella donerà due gocce pietri-ficate del suo sangue, perché, come disse lui stesso: "le donne anche il sangue vogliono". Ma non si ferma qui, ottiene dagli studenti dell'Ospedale di Santa Maria Novella campioni anatomici, che trasforma in pietra, pur mantenendo i colori, le forme ed i caratteri originali e conservando, ecco l’eccezionalità del suo procedi-mento, la loro flessibilità. Non rivela il metodo del suo procedimento per paura che qualcuno possa carpirne il segreto, ma la scoperta si diffonde ovunque, tanto che il suo nome e la sua fama varcano i confini di Firenze; Gioacchino Belli gli dedica perfino un sonetto, mentre dall’estero giungono richieste per i suoi servigi, che lui respinge in quanto:"la mia seduttrice mi tien forte" alludendo a Firenze la città che ha amato, senza essere ricambiato. Infatti la sua scienza incontra l’ostilità di molti medici di corte che, vedendosi eclissati da un autodidatta, non riconoscono valido il suo metodo. Forti critiche gli giungono, lui che era religioso, anche dalla Chiesa che giudica la pietrificazione contraria alla legge divina: "polvere sei e polvere ritornerai"; additato come il mago egiziano, nel 1833 gli è quindi rifiutata la cattedra di chimica tecnologica. Segato ormai poverissimo ed incompreso, continua con enormi difficoltà i suoi esperimenti e si circonda di pochi amici, tra cui l’avvocato Luigi Pellegrini ed il professor Luigi Muzzi. Proprio quest’ultimo invierà un memoriale al Papa Gregorio XVI per invocare una maggiore comprensione per la opera di Segato. Nel 1836 il Papa dichiara che la scoperta del Segato non è contraria ai principi cristiani ed autorizza i suoi studi. Ma è troppo tardi, infatti il 3 febbraio 1836 Girolamo muore di polmonite a Firenze, alcuni giorni dopo aver distrutto i suoi appunti sulla pietrificazione. Il segreto di questa muore quindi con lui. Segato è sepolto a Firenze nel chiostro della Basilica di Santa Croce, sul suo sepolcro si legge: “Qui giace disfatto Girolamo Segato da Belluno che vedrebbesi intero pietrificato se l’arte sua non periva con lui... Esempio di infelicità non insolito" .
RDF
Palazzo Spini-Ferroni, il palazzo dove Segato visse l'ultimo periodo della sua vita 

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