Come Michelangelo scolpiva il marmo
Foto tratta da Wikipedia |
- Mi si aggriccia la pelle al solo pensarvi!
Ad ogni colpo dato sul marmo si schiacciano cristalli. I cristalli schiacciati sono come morti e rovinano la scultura. Dovrai quindi imparare a scolpire grandi blocchi evitando questo inconveniente.
Quando?
A suo tempo.
Bertoldo parlò poi delle bolle d'aria, dei vuoti e dei deterioramenti della materia che si producono per invecchiamento. Difetti che dall'esterno non si vedono, ma che bisogna imparare a scoprire, allo stesso modo come si giudica se una mela è sana o no, a seconda della sua vigorosa compattezza o della sua tendenza a raggrinzirsi, a restringersi.
- Il marmo è come l'uomo: prima di intraprendere qualcosa, devi conoscerlo bene e sapere tutto ciò che ha dentro. Così, se in te ci sono delle bolle d'aria, io sto sciupando il mio tempo.
Michelangelo ruppe in una risata fanciullesca; Bertoldo, senza badarvi, andò a prendere alcuni arnesi.
Ecco una subbia, che serve per sgrossare. Questo ugnetto e questo scalpello, invece, si usano per affinare progressivamente la figura.
Anche nello sgrossare il blocco di marmo, aggiunse, bisognava lavorare a colpi ritmici, procedendo lungo linee circolari. E non rifinire mai una singola parte lasciando le altre appena sbozzate, ma portarle avanti tutte di pari passo equilibrandone i rapporti.
Capisci quel che voglio dire?
Capirò perfettamente appena mi sguinzaglierete in mezzo a questi marmi. Io imparo con le mani, non con le orecchie.
- E allora aprile bene! Quel tuo Fauno non era da buttar via, ma tu sei giunto a tali risultati unicamente per intuizione.
Per creare qualcosa di solido devi saperti rendere conto del perché d'ogni tuo procedimento.
La scuola di scultura era fornita d'un laboratorio che era a un tempo stesso fucina, bottega di fabbro e falegnameria. Travi, listelli, cunei, cavalletti, seghe, pialle, mazzuoli, scalpelli: nulla mancava di quanto poteva occorrere per i lavori più disparati.
Il locale era pavimentato in cemento. Appoggiate contro la parete, accanto alla forgia, v'erano verghe di ferro svedese acquistate il giorno prima dal Granacci perché Michelangelo potesse farsi una serie completa di nove scalpelli.
Bertoldo gli disse d'accendere il forno della fucina. Il legno di castagno dava il migliore carbone e produceva un calore intenso, lento e costante.
So già temperare gli arnesi per la lavorazione della pietra serena - dichiarò Michelangelo.
- Ho imparato dai Topolino.
Acceso il fuoco, mise mano al mantice per attizzarlo.
- Basta così disse a un certo momento Bertoldo. -
Ora batti l'una contro l'altra queste verghe di ferro. Dal suono si giudica se il metallo è buono.
Una sola risultò da scartare. E Michelangelo si accinse all’opera: ben sapeva che «chi non sa farsi gli arnesi non sa fare la scultura». […].”
(Tratto da: Irving Stone, Il tormento e l’estasi, Dall’Oglio editore, 1964)
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