Piazza della Indipendenza (2)

"L'undici Marzo del 1846 veniva completata Via S. Apollonia (ora Via Ventisette Aprile) che congiungeva Piazza San Marco e Via degli Arazzieri con il nuovo quartiere di Piazza della Indipendenza. I materiali di demolizione furono trasferiti nella piazza per aumentarne il livello di circa due metri e mezzo; ciò fu provvidenziale per salvarla dalle acque durante l’alluvione del 1966. Un Architetto che dirigeva i lavori, memore di precedenti disastrose inondazioni che avevano colpito Firenze, fra cui quella recente del 1844, aveva previsto che questa sopraelevazione avrebbe protetto la Piazza dalle alluvioni e favorito la vendita degli immobili. Nei secoli passati la memoria storica, quella che si tramandava insieme alle emozioni vissute nelle veglie intorno al focolare, aveva evidentemente molta più presa delle tante informazioni “usa e getta” dei moderni mass-media. Dopo tale realizzazione il Gonfaloniere sostenne l’urgenza di assegnare un nome alla Piazza e alle vie adiacenti onde evitare che i fiorentini, secondo una loro inveterata abitudine, attribuissero a dette località nomi capricciosi che sarebbero poi fatalmente rimasti in uso nonostante le targhe poste sulle cantonate delle strade; il Gonfaloniere aveva molte valide ragioni per sostenere questa tesi! Basti pensare al rifiuto dei fiorentini a chiamare la Piazza col nome della serenissima Granduchessa “Maria Antonia” e alla loro perseveranza nel chiamarla “Piazza di Barbano”, dal nome degli orti sui quali era stata edificata. Era costume dei fiorentini esternare il proprio dissenso coprendo le targhe originali con cartelli dove era inciso il nome di maggiore gradimento: ciò avverrà sia nel caso di Piazza della Indipendenza che dell’attuale Via Nazionale, in origine Via Tedesca. Per attestare la riconoscenza della città verso la famiglia granducale, animatrice di riforme e di progresso, sotto i cui auspici si era operato questo ampliamento della città, alla Piazza fu attribuito il nome della moglie dei Granduca, Maria Antonia. I fiorentini non accettarono di chiamare la Piazza con il nome di una granduchessa borbonica, preferirono chiamarla Piazza di Barbano, dal nome del podere sul quale era stata insediata. Alle strade limitrofe furono attribuiti nomi in base a precise considerazioni topografiche: Via Remota (ora Via G. Dolfi) in quanto ultima strada che comunicava lungo le mura; Via della Piazza (ora Via G. Montanelli) perché collegava Via Evangelista (ora Via Guelfa) con il lato sud della Piazza; Via del Podere (ora Via V. Salvagnoli) perché portava alla casa colonica dei soppressi poderi; Via della Fortezza (nome rimasto invariato) perché conduceva alla Fortezza da Basso; Via S. Paolo (ora Via C. Ridolfi) perché portava al bastione S. Paolo della Fortezza; Via del Pratello (nome invariato) perché giungeva ad un suolo alberato detto “pratello”. Ad altre vie furono assegnati i nomi di famosi proprietari delle abitazioni demolite, come ad esempio Via Dei Robbia; oppure il nome di Chiese, Oratori, Conventi e terreni espropriati come Via S. Caterina d’Alessandria, Via S. Francesco Poverino, Via S. Apollonia, Via di Barbano; si trattò di una sorta di risarcimento morale per le imposte espropriazioni. A Via delle Officine (oggi Via E. Poggi) fu attribuito detto nome in quanto doveva essere sede di insediamenti artigianali. Sull’area del Monastero di S. Caterina sorge l’attuale Palazzo delle tasse. Nel giugno 1848 iniziò la costruzione della chiesa del nuovo quartiere a cura dell’Opera Pia delle “Scuole delle Zittelle Povere” che, per difficoltà economiche, tardò ad essere portata a termine; nel 1858 il progetto riprese con il Commissario Avv.to Bernardo Reghini e con l’lngegnere Giuseppe Martelli. Il 31 Dicembre 1863 la chiesa fu aperta al pubblico e fu dedicata alla SS.ma Concezione e a Santa Caterina. In seguito prese il nome di Nostra Signora del Sacro Cuore. [...]"

(Tratto da: MANFREDO FANFANI, PIAZZA DELLA INDIPENDENZA A FIRENZE)


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