La grazia virile

“[…] A Firenze l’omosessualità o bisessualità è sempre stata molto comune. E pare ricorresse, come la gotta, nella famiglia Medici. L’effeminatezza degli ultimi Medici, la loro avversione incontrollabile per le donne, fu del resto causa della loro estinzione: i rampolli si fecero più radi e più fragili fino a sparire del tutto col grasso Gian Gastone. Rispuntò in Francia col figlio di Caterina, Enrico III, il quale apparve a una festa a Chenonceaux, in onore della sua ascesa al trono, in abiti femminili. Il locus classicus, però, fu la mensa di Lorenzo il Magnifico, dove il giovane Michelangiolo incontrò Poliziano, e ch’era nota per le sue tendenze <<greche>>. […]
Questa inclinazione si riscontra dovunque nel Rinascimento, ma  a Firenze aveva profonde radici ed era ben lungi dall’essere <<innaturale>>. […]. <<Michelangiolo non avrebbe potuto peccare di più col cesello>> commentava pensieroso un fiorentino osservando al Bargello le bianche curve morbide del Bacco. In qualsiasi società virile i giovinetti divengono oggetto di desiderio e i fiorentini, appassionati e intellettuali, furono sensibili alla grazia virile quasi quanto gli ateniesi .[…].
Nel Quattrocento fiorentino, le gambe e le natiche maschili, robuste, ben tornite, inguainate nelle aderenti calzamaglie sono sempre dipinte con ostentazione; queste gambe sono viste da tutti gli angoli, di profilo, di faccia, di trequarti e, forse più sovente, da dietro o leggermente voltate, in modo da esaltare la bellezza del polpaccio. Che indugino oziose, erette , o che si muovano a gran passi per la piazza, queste agili gambe di ragazzi, da Masolino a Botticelli, sono tra i vanti maggiori della pittura fiorentina; quasi sempre appartengono a spettatori che conversano per strada mentre si svolge un evento sacro o a passanti causali che attraversano ignari la scena del miracolo con passo rapido e preoccupato. […]”
(Mary McCharty, le pietre di Firenze, 1956)

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