Lo stemma napoleonico di Firenze “bon ville”

“[…] L'istituto della "bonne ville" aveva, in Francia, storia antichissima e risalente sino ai tempi del medio evo, e non era soltanto una mera titolazione onorifica: essere definita una "bonne ville" stava a significare, per una città, l'avere uno statuto particolare e privilegiato che limitava i diritti e i poteri signorili a vantaggio di un rapporto diretto con l'autorità del re. Questo stato di cose mutò, manco a dirlo, con la Rivoluzione francese che soppresse i feudi, la nobiltà e tutti i relativi titoli, compresi "bonne ville" per le cita più popolose e ricche di storia del neonato Impero francese suddividendole, per importanza, in tre diverse classi e dotandole di un titolo nobiliare attribuito al Sindaco e di un blasone che, rispettando le singole particolarità storicamente consolidate, le omogenizzava tutte. Nel primo elenco delle "bonne ville" di prima classe, quello delle 36 ai cui Sindaci spettava il titolo di "Barone dell'Impero", troviamo le città italiane di Torino, Genova e Alessandria; a queste si aggiungeranno Roma nel 1810 e successivamente Firenze, Livorno, Parma e Piacenza. Ed ecco che, a effetto di tutto questo, a Firenze venne recapitato il Decreto Imperiale, datato 13 giugno 1811, firmato di suo pugno da Napoleone con tanto di sigillo su medaglione di ceralacca rossa recante le insegne imperiali e apposto sul lato in basso a sinistra col quale veniva disposto l'abbandono del vecchio emblema cittadino e la sua sostituzione con quello nuovo: un fiore di iris con sfondo d'argento nella campitura inferiore sovrastato da una banda rossa con tre api d'oro nella campitura superiore comune, questa, a tutte le città. Le città di prima classe, inoltre, sovrapponevano a questo loro emblema una corona muraria con sette merli, attraversata da un caduceo cui restano sospesi due festoni, uno di quercia a destra e uno d'ulivo a sinistra annodati e trattenuti da bandelle rosse, il tutto sormontato da un'aquila anch'essa d'oro. Figurarsi se ai fiorentini poteva andar bene una cosa del genere: fecero fuoco e fiamme, tutto rimase lettera morta, e mantennero il loro giglio tradizionale. Il decreto originale, anche se disatteso nella sua parte prescrittiva, restò custodito in Palazzo Vecchio nei locali attigui a quello dove venivano fatte le riunioni di governo della Giunta cittadina e sopravvisse alla caduta dell'Impero e a tutti i mutamenti di governo del secolo successivo. […].”
(Tratto da un articolo di Domenico Lentini, pubblicato su Storia e Storie della Toscana nel 2019).
(Foto tratta da Wikipedia.it)

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