Il soggiorno fiorentino di James Fenimore Cooper
“Per i viaggiatori statunitensi del’800, Firenze era una delle destinazioni predilette del Grand Tour in Europa. James Fenimore Cooper fu tra i primi ad arrivarvi, ma nel corso dell’Ottocento nell’area fiorentina abitavano anche Nathaniel Hawthorne, Samuel Clemens (Mark Twain), Henry James, Constance Fenimore Woolson, Edith Wharton e altri. Cooper aveva già passato due anni in
Europa, principalmente a Parigi e Lione, quando, nel 1828, raggiunse Firenze con la sua famiglia - la moglie Augusta, il figlio, le quattro figlie e un nipote. Gli obiettivi del viaggio previsti da Cooper erano di offrire ai suoi figli l’opportunità di imparare la lingua francese e quella italiana nonché di trovare una possibilità di pubblicare i suoi romanzi in Europa. […] Cooper alloggiò all’Hotel York in via de’ Cerretani prima di prendere una residenza di dieci stanze al primo piano di Palazzo Ricasoli all’angolo di via del Cocomero (ora via Ricasoli) e via dei Biffoli (ora via Biffi). […].
La prima notte, all’Hotel York, Cooper ebbe il suo primo impatto con le .zanzare di Firenze: «Fortunatamente avevamo delle zanzariere, una cosa che da noi non avevo mai visto, tra l’altro», scrisse Cooper, «[…] La mattina dopo la povera Lucia [la cuoca svizzera], che immagino non avesse la zanzariera, sembrava avesse il vaiolo. Cooper rimase impressionato dai bassi costi degli affitti e dalla facilità con cui fu possibile trovare alloggio nonostante i numerosi stranieri che risiedevano nella capitale del Granducato di Toscana. Firenze fu la città meno costosa dove la famiglia Cooper abitò in Europa e lo scrittore rimase meravigliato non solo dai prezzi bassi ma anche dall’alta qualità di prodotti venduti a Firenze. L’olio che bruciava nelle lampade, secondo lui, sarebbe stato adatto per condire l’insalata. Apprezzò l’ottimo vino toscano, venduto direttamente a Palazzo Ricasoli. […] A Firenze, Cooper ebbe diversi problemi con i suoi domestici italiani di ven - chi venne licenziato a causa dell’ubriachezza, chi per frode, chi per aver preso bustarelle - fino ad arrivare a un processo in tribunale per una causa intentagli dal
suo lacchè Luigi, che, dopo essere stato licenziato, accusò Cooper di non avergli
pagato lo stipendio per nove mesi. Nel maggio del 1830 questo processo era ancora in corso nonostante Cooper avesse già provveduto a pagare altri 18 dollari a Luigi. Giunto a questo punto, allo scrittore statunitense non interessava più quello che il tribunale avrebbe deciso dal momento che non era più in Toscana. Quando arrivò a Firenze, Cooper era già famoso nel Vecchio Continente, inclusa l’Italia, per il suo romanzo The Last of the Mohicans pubblicato nel 1826 e già tradotto in diverse lingue. […].
All’epoca la capitale del Granducato di Toscana era conosciuta come un centro cosmopolita. La vita sociale era molto intensa e consisteva in cene e di dansantes, balli in maschera e spettacoli teatrali privati. Tra i dignitari interessati al «commingling», come Cooper definì l’interazione sociale dell’alta società, si trovavano ex-ambasciatori, nobili dall’Olanda, Haiti, Inghilterra e Russia,
I numerosi chargés d’affaire che arrivavano da Francia, Austria e Prussia’, mentre altri ancora rappresentavano Grccia, Algeria, Egitto, Turchia e così via. «Ad un ricevimento serale si incontrano i più strani tipi immaginabili», annotò Cooper «perché la gente di metà dei paesi civilizzati del mondo sembra essersi data appuntamento su terreno neutrale in questa piccola capitale, dal momento che il governo è liberale e tollera persino uomini con opinioni politiche bandite aItrove». Tanti di loro si riunivano al teatro della Pergola, all’epoca il principale della città, dove si poteva assistere agli spettacoli dell’opera italiana. Il desiderio di ampliare la propria cultura dominava sopratutto tra gli statunitensi che arrivavano a Firenze, cercando quella storia, cultura e sofisticazione che la giovane America ancora, non possedeva. […]
I viaggiatori dimostravano che l’800 era l’epoca del cosmopolitismo, come affermò Cooper: «Questa è l’età del cosmopolitismo, vero o presunto; e Firenze, proprio in questo momento, ne è un’incarnazione spirituale e materiale». […]
Cooper entrò nella società cosmopolita di duchi, principi e lord e fu presentato ad altri forestieri come il ministero francese Eugène Francois Auguste d’Arnaud, barone de Vitrolles, (al cui ballo in maschera, dato presso l’Hotel de France durante il carnevale del 1829 intervenne anche Cooper), il conte di St-Leu (nel cui palazzo fu invitato a una festa sull’Arno a vedere le illuminazioni e i fuochi d’artifìcio). Incontrò anche altri ospiti abituali delle feste come Giuseppe Bonaparte (il fratello di Napoleone ed ex re di Napoli) e Charles-Lucien, il principe di Canino (il figlio del fratello minore di Napoleone). Fu invitato ai ricevimenti della famiglia Bonaparte, che ebbero luogo dal principe Camillo Borghese (vedovo di Paolina Bonaparte, morta nel 1825) dove conobbe la famosa Madame Mére (Maria Letizia Ramolino, la madre di Napoleone). Conobbe pure Jean Pierre Viesseux, il marchese Gino Capponi e il marchese Giuseppe Pucci. Inoltre Cooper chiese udienza ben due volte al Granduca Leopoldo II, il sovrano della Toscana (1824-1859), che organizzava ricevimenti a corte. Secondo la prassj, una volta presentati dal loro ministro, i forestieri potevano prendere parte ai ricevimenti settimanali a Palazzo Pitti senza la formalità di un invito da parte del granduca. Vi partecipò anche Cooper […].
Questa prima udienza, quella pubblica, ebbe luogo durante il ricevimento settimanale a Palazzo pitti e, alla fine, durò una ventina di minuti, durante i quali Cooper rispose, sempre brevemente in conformità “all’etichetta” dell’epoca, alle numerose domande sugli Stati Uniti, sulla grandezza delle città» sulle abitudini della gente, sullo stato generale del Paese, sulla geografia e su altre questioni […]”
La seconda udienza, quella di congedo, che fu concessa a Cooper prima della partenza da Firenze, ebbe luogo nelle stanze private dì Leopoldo II, durò per un’ora e alla fine lo scrittore regalò al granduca una copia del suo libro The Wept of Wish-Ton-Wish, che era appena stato pubblicato a Firenze da Dante’s Head Press.
Il 31 luglio, dopo la scadenza del contratto di affitto, Cooper partì con la famiglia verso il Sud d’Italia con destinazione Napoli e Sorrento. Trascorse altri anni in Europa e, dopo il ritorno negli Stati Uniti, descrisse l’esperienza fiorentina in Excursions in Italy, pubblicato in due volumi nel 1838 a Parigi e nello stesso anno a Philadelphia sotto il titolo Gleanings in Europe: Italy […]”
(Tratto da: James Fenimore Cooper e la Toscana del Granduca Leopoldo II, di Sirpa Salenius, in Quaderni del Circolo Rosselli, Nuova serie 1/2020)
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