Le pene seicentesche per gli atti vandalici

“[…] I Granduchi di Toscana curarono sempre il decoro di chiese e conventi, emanando precise disposizioni di polizia, in modo da evitare comportamenti scorretti o l’accumulo di rifiuti presso i sacri edifici. Soprattutto nel Seicento, per l’accresciuto numero dei poveri e dei mendicanti, si provvide ad affliggere, nei vari luoghi, lapidi con le norme prescritte e con la precisa indicazione delle pene a cui chiunque sarebbe andato incontro in caso di trasgressione. Ogni lapide portava in alto la chiara indicazione degli Otto, la magistratura fiorentina responsabile dell’ordine pubblico. […] nel caso di Santo Spirito si vietarono nella piazza giochi rumorosi […] la pena pecuniaria era molto elevata, di gran lunga superiore al salario mensile di un lavoratore per scoraggiare, nel modo più deciso, ogni infrazione. Ben più grave era sporcare, o fare i bisogni corporali attorno alla chiesa di santo Spirito. […] In questo caso la pena era corporale e dolora, due tratti di fune, ma si aggiungeva l’arresto e l’arbitrio del magistrato di aggiungere ciò che avesse ritenuto opportuno. Terribili i tratti di fune. Al reo venivano strettamente legate le braccia dietro la schiena. Si passava poi una lunga corda e la si faceva scorrere su di una carrucola posta in alto, sollevando il condannato con le braccia rivolte all’indietro. L’articolazione impediva il movimento causando la torsione dei legamenti ed un forte dolore. Il condannato veniva sollevato una volta, un tratto di fune e, giunto a terra nuovamente sollevato, due tratti di fune. L’arbitrio del magistrato spesso consisteva nel far aggiungere peso al reo, soprattutto se di fisico gracile. Ai piedi venivano così legati pesi di 10, 20, 30, 40 libbre accrescendo, così, il tormento […]
(Tratto da: “Le lapidi anti degrado dei Granduchi, di padre Giuseppe Pagano, in Corriere Fiorentino del 28 giugno 2018)

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