Profilo inedito di Cosimo I

“[…] Cosimo I, che restaurò il ramo cadetto della dinastia dopo la caduta della Repubblica e l’assassinio di Alessandro, possedeva la freddezza e l’astuzia felina della tribù. Suo padre, Giovanni dalle Bande Nere, a giudicare dalla brutta statua  del Bandinelli davanti a San Lorenzo, somigliava a un gatto selvatico ammiccante o a un leone di montagna. Fisicamente Cosimo prese da lui, ma non eredità nulla della sua audacia e del suo nobile  impeto. Gatto domestico e crudele a caccia di topi (quando volle avvelenare Pietro Strozzi provò i veleni sui prigionieri del bargello e fece assassinare Lorenzino dai suoi agenti di Venezia con un pugnale avvelenato), fu un tassatore spietato e un puritano feroce. Durante il suo tetro regno furono votate aspre leggi contro la sodomia e la bestialità; egli volle circondarci di una corte casta, ponendosi a modello per la sua cronica fedeltà alla consorte Eleonora di Toledo. Non si fidava dei fiorentini e per i traffici politici di corridoio si valse del seguito spagnolo della moglie: lo zio di lei, fratello del Viceré di Napoli, e vari prelati. Lo storico Segni (che non parteggiava per i Medici) scrisse:<<Egli certo infra molte sue virtù aveva quella della temperanza. Nel modo del suo governo era inviolabile nelle esecuzioni della giustizia, ma non già troppo risoluto, però dava udienza poco e negoziava per via di suppliche>>. Il Segni prosegue dicendo che Cosimo spese cifre favolose in ufficiali, spie, spagnoli, e donne che <<accudissero a Madama>>, e in seguito ad accrescere il numero di guardie per sé e delle spie degli altri. Pure, fu proprio questo casto e circospetto governatore a radunare la raccolta di allusive sculture del Cellini e del Bandinelli, ora esposte al terzo piano del Bargello: una leda, due Ganimedi, un Narciso e un Giacinto. E si racconta la storia spaventosa di una scena vissuta dal pittore di corte Vasari, in una sala di Palazzo Vecchio, che il Granduca lo aveva incaricato di affrescare. Un caldo giorno d’este vasari stava in piedi su un’impalcatura a dipingere il soffitto quando vide la figlia id Cosimo, Isabella, entrare nella stanza, buttarsi sul letto e poi addormentarsi. Mentre la fanciulla dormiva, entrò d’improvviso nella stanza il Duca Cosimo e a un tratto il vasari udì un grido terribile proveniente dal eletto. Dopodiché prosegue il racconto, egli non guardò più da quella parte ma fu costretto a restare nascosto sul soppalco, non sentendosi più disposto a dipingere per quel giorno.
Questo racconto, narrato da un cronachista più tardo, e probabilmente inventato, ha tuttavia nella sua succinta brevità il suono del vero.
[…]”
(Mary McCharthy, Le pietre di Firenze, 1956)

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