tag:blogger.com,1999:blog-46191908867086306532024-03-06T21:50:45.782+01:00Curiosità di FirenzeBenvenuto. Un blog che cerca, semplicemente, di dare risalto a quelle piccole curiosità storiche di cui Firenze è piena e che hanno contribuito anche loro a fare grande la città del Fiore. Serena lettura. Roberto Di FerdinandoRoberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.comBlogger4645125tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-58121579469568705982024-03-06T21:49:00.008+01:002024-03-06T21:49:49.036+01:00Quando Lorenzo il Magnifico fece da guida a Michelangelo......Forse....<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjrgN-Ry3xBvl9UB93ZpgwQMTAaQJav7ivbLQUa0eHFY0qCdQPvYOf_17Yzi6ync9wK8te0aVKQovS4Dk5JTzTmRo0WppbiJn2rleYNniwiSXWBCsSIwGDNofFg379p44yteSZMZLQny4Hyw0-w30TGbr95BprmnKSS1ByAdkg5Gd-df-elRcMdrx9mQ/s1302/Ottavio_Vannini_-_Michelangelo_Showing_Lorenzo_il_Magnifico_the_Head_of_a_Faun_-_Palazzo_Pitti_-_Firenze.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="1302" height="246" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjrgN-Ry3xBvl9UB93ZpgwQMTAaQJav7ivbLQUa0eHFY0qCdQPvYOf_17Yzi6ync9wK8te0aVKQovS4Dk5JTzTmRo0WppbiJn2rleYNniwiSXWBCsSIwGDNofFg379p44yteSZMZLQny4Hyw0-w30TGbr95BprmnKSS1ByAdkg5Gd-df-elRcMdrx9mQ/s320/Ottavio_Vannini_-_Michelangelo_Showing_Lorenzo_il_Magnifico_the_Head_of_a_Faun_-_Palazzo_Pitti_-_Firenze.jpeg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"></td></tr></tbody></table>“[…] Se non siete troppo stanco, potremmo fare insieme un giretto per il palazzo e guardare le Madonne con il Bambino?<br />Lorenzo prese la lucente lampada di bronzo. Infilarono il corridoio e giunsero nell'anticamera dell'ufficio del Magnifico, dove si trovava un bassorilievo di Donatello, arcanamente remoto e impersonale (pensò Michelangelo) come se l'artista avesse voluto rendere impossibile la sua identificazione. Passarono nella stanza da letto di Giuliano. Il più giovane dei Medici continuò a dormire, con le coperte tirate fin sulla faccia, mentre Michelangelo e Lorenzo commentavano la Madonna con il Bambino e due angeli del Pesellino, dipinta su tavola. Uscirono nuovamente nei corridoi e andarono a contemplare la Vergine in adorazione del Bambino di Filippo Lippi, posta sopra l'altare della cappella.<br />Modelli dell'opera, spiegò Lorenzo, erano stati la monaca Lucrezia Buti, della quale Fra Filippo si era invaghito, e il figlio nato dalla loro unione, Filippino: ossia l'attuale pittore formatosi alla scuola del Botticelli, il quale a sua volta era stato allievo di suo padre. S'indugiarono poi sulla Madonna di Neri di Bicci e sulla Vergine con il Figlio di Luca della Robbia, ornata dello stemma mediceo e tutta sfavillante di colore; infine si recarono nella stanza del Magnifico per contemplare la Madonna del Magnificat di Sandro Botticelli, dipinta per i genitori di Lorenzo una ventina di anni addietro.<br />Questi due angeli inginocchiati dinanzi alla Vergine e al Bambino, siamo io e mio fratello Giuliano... Quando i Pazzi lo assassinarono, la luce più radiosa si spense nella mia vita... Il mio ritratto è un'idealizzazione, come ben puoi vedere. Io sono brutto e non me ne vergogno affatto, ma tutti i pittori pensano che desideri di essere adulato. L'ha fatto anche Benozzo Gozzoli, nella nostra cappella. Mi schiariscono la carnagione, che è scura; mi raddrizzano il naso, che è girato all'insù; mi ammorbidiscono i capelli, che ho lisci e ruvidi, fino a renderli belli come quelli di Pico... -<br />Serio in viso, con le labbra serrate, scoccò al giovane compagno un'occhiata penetrante.<br />Tu mostri di sapere che non ho bisogno di adulazione.<br />- Il Granacci dice che sono aspro e rozzo...<br />Sei chiuso in un'armatura di diamante. Resta cosí.<br />Quindi Lorenzo gli narrò la leggenda di Simonetta Vespucci, la modella della Madonna botticelliana.<br />- ... la più pura bellezza che l'Europa abbia mai conosciuto.<br />Non è vero che fosse l'amante di mio fratello Giuliano. Egli ne era bensì innamorato, come del resto tutta Firenze, ma platonica-mente. Scriveva per lei lunghe poesie sentimentali, ma la sua vera amante era Antonia Gorini, dalla quale ebbe infatti un figlio, mio nipote Giulio. Il più ardente spasimante di Simonetta fu Sandro Botticelli, del quale dubito tuttavia se le abbia mai rivolto la parola. E lei la donna di tutte le sue pitture: la Prima-vera, Venere, Pallade. Nessun artista ha mai dipinto una così squisita bellezza femminile.<br />Michelangelo taceva. Quando pensava a sua madre, la immaginava come una giovane donna molto bella; ma la bellezza che egli sentiva era d'un tipo diverso: un'irradiazione dell'ani.<br />ma. Il suo ideale non era una donna che accendesse il desiderio degli uomini, come quella idolatrata dal Botticelli, bensì una donna che amava il proprio figlio e ne era amata. Alzò il viso verso Lorenzo, parlando con piena confidenza.<br />Sento molto la Madonna. E l'unica immagine che ho di mia madre. Dal momento che debbo ancora cercare quale sarà la mia tecnica, non mi conviene anzitutto sapere che cosa voglio esprimere?<br />Infatti - assentì serio Lorenzo.<br />Il sentimento che ho di mia madre rispecchia forse quello che ella aveva per me.<br />Ora Michelangelo passava lunghe ore nelle sale del palazzo, copiando le opere dei grandi maestri, talvolta con Contessina o Giuliano che gli tenevano compagnia. Poi, stanco di cimentarsi con idee altrui, prese a bazzicare per i quartieri più poveri della città, dove le donne lavoravano sui marciapiedi davanti alle loro abitazioni, con i bimbi in grembo o al seno, impagliando sedie e damigiane. Si spinse nella campagna di Settignano, dove le contadine che lo avevano conosciuto bambino non badavano affatto se le disegnava mentre allattavano i loro piccini o facevano far loro il bagno.<br />Egli non portava in questi suoi esercizi nessuna preoccupazione di ritrattista: mirava soltanto a cogliere il sentimento della maternità. Disegnava la madre e il bimbo in tutti gli atteggiamenti che gli capitavano sott'occhio, scoprendo attraverso l'uso del carboncino l'intimo rapporto tra loro; con qualche moneta persuadeva le donne a muoversi, a mutare posa e a fornirgli altri angoli visivi, in quella sua ricerca di qualcosa che non avrebbe saputo esattamente definire.<br />Con il Granacci, il Torrigiani, il Sansovino e il Rustici si recava ad esplorare i capolavori dell'arte fiorentina, sempre concentrandosi sul tema della Madonna con il Figlio e ascoltando i chiarimenti di Bertoldo, che di ogni opera analizzava i particolati per mostrare con quali procedimenti i loro predecessori avevano raggiunto simili risultati.<br />In Santa Croce, ad esempio, constatava quanto v'era di pesante e di inespressivo nella Vergine con il Bambino di Bernardo<br />Rossellino; nella stessa chiesa coglieva il carattere prettamente popolaresco delle due figure scolpite da Desiderio da Settignano, evidentemente una contadina con il suo piccino avvolto in fasce.<br />Tenera, affettuosa e intensamente espressiva era la Vergine della Natività dell'Orcagna che si ammirava in Orsanmichele; ma egli vi scorgeva un che di primitivo e di legnoso. Scolpita con arte magistrale sembrava la Madonna di Nino Pisano in Santa Maria Novella, ma la compita moglie di qualche mercante pisano che le aveva fornito le proprie sembianze e che teneva tra le braccia il bambino riccamente vestito era mal proporzionata e priva di spiritualità. Una terracotta del Verrocchio presentava una Madonna di mezza età, in atto di contemplare perplessa questo suo figlio che già si reggeva in piedi e benediceva il mondo. Agostino di Duccio, infine, aveva creato due figure fresche ed eleganti, dall'espressione piena di aristocratico riserbo.<br />Una mattina Michelangelo, solo, risali l'Arno verso Pontassieve, sotto un sole così cocente che a un certo punto si mise a torso nudo. Le azzurre colline toscane, avvolte di vapori, sfumavano e svanivano verso l'orizzonte in una mossa prospettiva di dorsali sinuose. Egli sentiva di amarle. Mentre vi si addentrava con passo deciso, affrontando un ripido pendio, si rese conto che non era ancora riuscito a precisare dentro se stesso ciò che voleva esprimere nel gruppo della Vergine e del Figlio. Sapeva soltanto di aspirare a qualcosa di schietto, di fortemente vivo. Prese a meditare sul carattere e sul destino di Maria. Uno dei temi favoriti dei pittori fiorentini era l'Annunciazione: l'arcangelo Michele che scendeva dal cielo per dire alla Vergine che avrebbe dato alla luce il Figlio di Dio. In tutte le pitture che ricordava, questo annuncio sembrava coglierla di sorpresa e non lasciarle possibilità di scelta.<br />Ma era possibile una cosa simile? Possibile che un compito così sublime, il più importante mai assegnato a creatura umana fin dal tempo di Mosè, le fosse stato imposto senza sua previa conoscenza e consenso? Indubbiamente Dio doveva aver amato Maria più di tutte le altre donne della terra, per far cadere su lei la sua scelta. Non avrebbe dunque dovuto confidarle il suo piano, rivelarle ogni passo della via che conduceva da Betlemme al Calvario? E, nella sua infinita saggezza e bontà, lasciarla libera di sottrarsi a un tale destino?<br />E ancora: se Maria aveva avuto la libertà di scelta, quando ne aveva fatto uso? Al momento dell'Annunciazione? Alla nascita di Gesù? Durante la più tenera infanzia del Redentore?<br />Una volta dato il proprio assenso, non doveva forse portare il suo peso fino al giorno della crocifissione? E, conoscendo il futuro, come aveva potuto assoggettare il proprio figlio a un simile strazio? Non avrebbe potuto dire: « No, figlio mio, non acconsentirò, non permetterò che questo accada »? Ma come opporsi al desiderio di Dio, il quale aveva fatto appello al suo aiuto? Quale donna si era mai trovata nella morsa di un così martoriante dilemma?<br />Michelangelo uscì dall'incertezza: avrebbe raffigurato Maria nell'istante della decisione, mentre allatta il Bambino e, conscia d'ogni cosa, deve prestabilire l'avvenire: per sé, per la sua creatura, per il mondo.<br />Ora che il suo concetto s'era chiarito, poteva disegnare senza tentennamenti. La figura di Maria avrebbe dominato il marmo: sarebbe stata il centro della composizione. Una figura eroica, non soltanto libera di decidere, ma dotata di tutta la forza morale e di tutta l'intelligenza indispensabili per farlo. Il Bambino avrebbe avuto un'importanza secondaria: presente e partecipe, intensamente vivo, non doveva tuttavia costituire un elemento di distrazione.<br />L'avrebbe collocato in grembo alla madre, con il viso affondato nel suo seno e le spalle rivolte verso lo spettatore. Questo atteggiamento lo coglieva nel suo giusto posto e nel momento più significativo della sua giornata; nello stesso tempo, per un evidente simbolismo, presentava la più intima rispondenza con l'istante in cui Maria avvertiva l'urgenza dell'ineludibile decisione.<br />Per quanto gli risultava, nessuno aveva mai dipinto o scolpitoGesù voltato di spalle. Ma il dramma di Gesù sarebbe cominciato soltanto trent'anni dopo: questo era il tempo della madre, questo doveva essere il suo ritratto spirituale.<br />Dalle decine di disegni e di schizzi fatti nei mesi precedenti trasse quelli che meglio rispondevano al suo nuovo concetto e, tenendoli sciorinati sul tavolo, cominciò a cercare l'ambientazione della scena. Dove poteva trovarsi Maria in quell'istante? Ecco qui un disegno che rappresentava una madre seduta su una panca ai piedi di una scala. Con lei, oltre al suo bambino, una frotta di fanciulli intenti al gioco. La figura di Maria poteva essere una sintesi di questi vigorosi tipi di madri toscane. Ma come delinearne il viso? Delle sembianze della propria madre egli aveva un ricordo ormai vago, come d'una creatura appena vista in sogno...[…].”<br />(Tratto da: Irving Stone, Il tormento e l’estasi, Dall’Oglio editore, 1964)<div><br /></div>Nella foto: Lorenzo il Magnifico, circondato dagli artisti nel giardino delle sculture, incontra Michelangelo Ottavio Vannini Affresco, 1638-42 Museo degli Argenti, sala di Giovanni da San Giovanni, Palazzo Pitti. Firenze - Foto tratta da Wikipedia.it .Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-47315388164181383182024-02-10T10:29:00.007+01:002024-02-10T10:29:47.614+01:00L'Accademia Platonica di Lorenzo il Magnifico<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKGcV_xHPyiEIeL8xI1zH6H2O5vW0cjCse68j8kIO2IEHeh5fANIt2vHVcXAOwmecfhyLRtn1Fe161GuEq6XAlZRdFV2nLaL6nnheZNVQXYEC6J2JGpzKe2m2lDgF6JZZnU9na8ZRSX0eMyL5FQSNiwDlmzAERO00c1cjmPQFU-sc0gDBAsgc_fAR3sQ/s550/ghirlandaio-cappella-tornabuoni-umanisti.webp" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="321" data-original-width="550" height="187" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKGcV_xHPyiEIeL8xI1zH6H2O5vW0cjCse68j8kIO2IEHeh5fANIt2vHVcXAOwmecfhyLRtn1Fe161GuEq6XAlZRdFV2nLaL6nnheZNVQXYEC6J2JGpzKe2m2lDgF6JZZnU9na8ZRSX0eMyL5FQSNiwDlmzAERO00c1cjmPQFU-sc0gDBAsgc_fAR3sQ/s320/ghirlandaio-cappella-tornabuoni-umanisti.webp" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">foto tratta da: https://www.finestresullarte.info/</td></tr></tbody></table>“[…] Il cinquantasettenne Marsilio Ficino - che aveva fondato l’Accademia Platonica per desiderio di Cosimo, nonno di Lorenzo - era un ometto smilzo e piccolo di statura; pur soffrendo continuamente dei tipici disturbi degli ipocondriaci, aveva tradotto tutto Platone, era diventato un'enciclopedia vivente delle filosofie antiche esplorando il corpus della sapienza egiziana e aveva divorato le opere di pensatori e mistici, da Aristotele agli Alessandrini, dai seguaci di Confucio a quelli di Zoroastro. Avviato dal padre agli studi di medicina, conosceva egregiamente anche le scienze naturali. Aveva contribuito a introdurre in Firenze l'arte della stampa. I suoi scritti attiravano da ogni parte d'Europa studiosi che venivano ad ascoltare le sue lezioni. Nella sua deliziosa villa di Careggi, disegnata da Michelozzo per incarico di Cosimo e governata dalle sue nipoti, egli teneva costantemente una lampada accesa davanti a un busto di Platone, che avrebbe voluto veder canonizzato come il prediletto discepolo di Cristo: atto di eresia e di lesa verità storica per il quale Roma era stata quasi sul punto di scomunicarlo. «Sa recitare a memoria un intero dialogo di Platone - dicevano le sue nipoti - ma non riesce mai a ricordare dove ha lasciato le pantofole ».<br />Michelangelo fermò poi la propria attenzione su Cristoforo Landino, un uomo di sessantasei anni che era stato maestro di Lorenzo e, prima ancora, di suo padre, Piero il Gottoso. Brillante scrittore e docente, cercava di spingere l'intelligenza dei fiorentini a svincolarsi dal dogma e a considerare scientificamente i fenomeni naturali. Già segretario di fiducia della Signoria, possedeva una notevole esperienza nel campo della politica e da tre generazioni esercitava un forte ascendente nella cerchia dei Medici.<br />Autorevolissimo dantista, aveva pubblicato la prima edizione fiorentina a stampa della Divina Commedia, corredandola di un commento. Per tutta la vita, inoltre, si era dedicato a nobilitare letterariamente il «volgare», traducendo Plinio, Orazio, Virgilio. A Firenze era largamente nota una sua affermazione rivoluzionaria, che poneva a base dell'azione la netta supremazia della speculazione e del sapere. In Lorenzo aveva trovato l'eroe della Repubblica di Platone e l'incarnazione di quella sua massima: «Il reggitore ideale di una città è l'uomo di cultura».<br />Seduto sull'orlo del seggiolone di cuoio, ecco Angelo Poliziano. Trentasei anni. I nemici dei Medici dicevano che Lorenzo se lo tenesse vicino per sembrare, al confronto, un bell'uomo. Era comunque ritenuto il cervello più stupefacente di quella cerchia di dotti: a dieci anni aveva pubblicato lavori in latino; a dodici era stato accolto nella «Compagnia di dottrina» di Firenze, per proseguire gli studi sotto la guida del Ficino, del Landino e dei sapienti greci affluiti nella città medicea; a sedici aveva tradotto i primi libri dell'Iliade di Omero; quindi era stato invitato a vivere nel palazzo dei Medici come istitutore dei figli del Magnifico. Bruttissimo, possedeva uno stile limpido e smagliante quale raramente s'era visto dopo il Petrarca: le sue Stanze per la Giostra di Giuliano, scritte a celebrazione di un torneo sostenuto dal fratello minore di Lorenzo, ucciso poi nella congiura dei Pazzi, costituivano ormai un modello per la poesia italiana.<br />Gli occhi di Michelangelo si posarono infine sul personaggio più giovane e più bello del gruppo, il ventisettenne Pico della Mirandola, che sapeva leggere e scrivere in ventidue lingue. Gli amici dicevano scherzosamente di lui: «L'unico motivo per cui Pico non ne conosce ventitré, è che non riesce più a trovarne un'altra». Noto come «il grande signore d'Italia», aveva un'indole mite e schietta; i morbidi capelli biondi, i profondi occhi azzurri, la stupenda carnagione chiara e la slanciata figura gli attiravano l'ammirazione e la simpatia dei fiorentini; ma la bellezza si accompagnava, in lui, a una nobile dignità di costumi. Il concetto fondamentale del suo intellettualismo era l'unità del sapere; la sua ambizione, conciliare tutte le religioni e le filosofie apparse fin dai tempi più remoti. Come Marsilio, aspirava ad assorbire tutto lo scibile umano. Per questo leggeva i filosofi cinesi, arabi ed ebrei nelle loro rispettive lingue, convinto che tutte le favelle fossero semplici suddivisioni razionali di un'unica lingua universale. Pur essendo il più divinamente dotato di tutti gli italiani, non aveva nemici: perfetta antitesi, sotto questo aspetto, del brutto Poliziano che non riusciva a suscitare amicizie.<br />La porta si aprì, ed ecco entrare Lorenzo, zoppicante per uno dei suoi consueti accessi di gotta. Rispose con un cenno del capo al saluto degli altri e subito si rivolse a Michelangelo.<br />- Questo è il sancta sanctorum: quasi tutto ciò che s'insegna in Firenze prende origine in questa stanza. Quando ci riuniamo, e tu non hai impegni, vieni liberamente.<br />Scostò un paravento finemente decorato e batté un colpo sul. l'ascensore per vivande situato dietro quello schermo, dal che Michelangelo dedusse che lo studiolo si trovasse proprio sotto la sala da pranzo. Udi salire la piattaforma; alcuni istanti dopo gli accademici ne prendevano vassoi di formaggio, frutta, pane, mie-le, noci e li disponevano sul basso tavolo al centro della stanza.<br />Intorno, nessun domestico. Come bevanda, nient'altro che latte.<br />Benché la conversazione avesse un tono gaio e leggero, Michelangelo capiva che il gruppo si era radunato per lavorare: e si sa che il vino appesantisce il cervello.<br />Terminato lo spuntino, il tavolo venne sparecchiato, le stoviglie rispedite in basso con l'ascensore. E immediatamente i discorsi presero un carattere serio. Seduto su uno sgabello accanto a Bertoldo, Michelangelo udì formulare nette accuse contro la Chiesa, che i presenti non erano più disposti a identificare con la loro religione. A Firenze in particolare regnava nei suoi riguardi un'atmosfera di freddezza, in quanto Lorenzo e la maggior parte dei suoi concittadini sapevano troppo bene che il papa Sisto IV non era stato affatto estraneo alla congiura dei Pazzi, sfociata nell'assassinio di Giuliano e nel fallito tentativo di uccidere anche il Magnifico. Il pontefice aveva lanciato la scomunica sulla città, proibendo al clero di esplicare il suo ministero; Firenze aveva fieramente reagito, dichiarando che le pretese di potere temporale accampate dai papi si reggevano soltanto su un «falso» storico, come la donazione di Costantino. Nel tentativo di schiacciare Lorenzo, Sisto IV aveva mandato in Toscana truppe d'invasione che s'erano date a incendiare e saccheggiare città, giungendo fino alla vicina Poggibonsi.<br />Con l'avvento d'Innocenzo VIII nel 1484, la pace era stata ristabilita tra Firenze e Roma; ma gli uomini radunati qui intorno al Magnifico andavano ora sottolineando la crescente immoralità del clero toscano, che si rivelava tanto nella condotta personale quanto nel modo di esercitare il ministero sacerdotale.<br />A tale decadenza facevano eccezione gli agostiniani di Santo Spirito che sotto la guida del priore Bichiellini davano esempio di irreprensibile disciplina.<br />- Credo - disse Pico della Mirandola, puntando i gomiti sul tavolo e poggiando il mento sulle mani intrecciate - d'aver probabilmente trovato la soluzione del problema riguardante la Chiesa, nella persona di un frate domenicano di Ferrara. L'ho sentito predicare in quella città: faceva fremere l'intera cattedrale.<br />Il Landino, con i suoi lunghi capelli bianchi che gli ombrava. no di ciocche la fronte, si protese sul tavolo, dando modo a Michelangelo di notare la fine rete di rughe intorno agli occhi.<br />Com'è questo frate? Massiccio e corpulento?<br />Tutt'altro! - rispose Pico. - Si tratta d'un profondo studioso della Bibbia e di Sant'Agostino, che deplora anche più di noi la corruzione del clero.<br />Angelo Poliziano, con i suoi lineamenti sgraziati e i neri capelli spioventi in liste sulle orecchie e sulle guance dalla carnagione ruvida, s'inumidì il rosso labbro inferiore.<br />- Non è soltanto la corruzione che mi spaventa, ma anche e più l'ignoranza.<br />Da parecchio tempo - proruppe Marsilio Ficino, con una luce d'entusiasmo sul viso dal naso esile e dalla bocca sottile - non s'è più visto un uomo di studio su un pulpito fiorentino. Abbiamo soltanto Fra Mariano e il priore Bichiellini.<br />Girolamo Savonarola ha passato lunghi anni sui libri - ribadì Pico - approfondendo tanto Platone e Aristotele quanto la dottrina cattolica.<br /> A che cos'aspira? - domandò Lorenzo.<br /> A ridare purezza alla Chiesa.<br />E a nient'altro? Non alla potenza?<br />Pensa soltanto a sviluppare le sue energie spirituali.<br /> Se volesse lavorare con noi...<br />Si potrebbe cercare di farlo trasferire qui.<br /> Me ne interesserò.<br />Liquidato questo argomento, il vecchio Landino e il giovane<br />Pico fissarono la loro attenzione su Michelangelo, al quale il primo dei due domandò se avesse letto ciò che Plinio aveva scritto sulla famosa statua greca del Laocoonte.<br /> Non conosco nulla di Plinio.<br /> Allora te lo leggerò io.<br />Il Landino trasse un volume dallo scaffale e trovò rapidamente il brano che narrava la storia del mirabile gruppo marmoreo conservato nel palazzo dell'imperatore Tito. «Si tratta di un'opera che merita d'essere ritenuta superiore a qualsiasi altra produzione nel campo della pittura e della scultura. Tanto la fi. gura principale quanto i bambini e i serpenti con le loro meravigliose spire sono ricavati da un unico blocco...».<br />Il Poliziano ricordo allora la descrizione di Luciano concernente la Venere di Cnido, raffigurata in piedi davanti a Paride, in atto di ricevere da lui il premio della propria bellezza. Pico, a sua volta, parlò della statua di marmo del Pentelico eretta sulla tomba di Senofonte.<br />- Vorrai certamente leggere Pausania nel testo originale - disse al ragazzo. -<br />Ti porterò il mio manoscritto.<br /> Non conosco il greco - rispose Michelangelo con una punta di vergogna.<br /> Te lo insegnerò.<br />Non ho disposizione per le lingue.<br />Non importa - s'intromise il Poliziano. -<br />Tra un anno sarai in grado di scrivere in greco e in latino.<br />In cuor suo, Michelangelo si permise di dubitarne. Ma sarebbe stata una mancanza di garbo deludere l'entusiasmo di questi nuovi amici, che ora discutevano tra loro sugli autori da fargli studiare.<br />Omero. Il suo greco è il più puro...<br />Ma Aristofane è più divertente. E ridere mentre s'impara...<br />Il ragazzo provò un senso di sollievo quando il gruppo cessò di occuparsi di lui. L'idea più importante che riuscì a spigolare nell'animata e dotta conversazione che seguì, fu l'affermazione della possibilità, per la religione e la cultura, di coesistere e di arricchirsi vicendevolmente. Prima dell'avvento del cristianesimo, la Grecia e Roma avevano creato opere gloriose nel campo delle arti, delle lettere, delle scienze, della filosofia; poi, per un millennio, tutte quelle testimonianze di sapere e di bellezza erano state soffocate, bandite, sepolte nell'oscurità. Ora questa piccola accolta di uomini - il sensuale Poliziano, il rugoso Landino, l'esile Marsilio Ficino, il biondo Pico della Mirandola - con la guida e l'aiuto di Lorenzo de' Medici tentava di dar vita a un nuovo movimento intellettuale, all'insegna di una parola che Michelangelo non aveva mai udito pronunciare.<br />Umanesimo. […].”<br />(Tratto da: Irving Stone, Il tormento e l’estasi, Dall’Oglio editore, 1964)Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-64528860210784629072024-01-19T18:18:00.005+01:002024-01-19T18:19:18.571+01:00Come Michelangelo scolpiva il marmo<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuDvwKeLO077T-Ap9nfpWOOSLGAN1iN2wn3nHNFWeYzGWUeLeDJwgqGy-8Cv38-spqTrQxrmHGHstWg8cTvJur4I3D-41uJzbuoOUBNASb2uDy2zq5FWhiCdp7HriAazCQ4R4H8SqH7-xy0DD6sXIxx49KYIr-vLtYrko1679IOwX5KiYl9tIUMxT1RQ/s350/Michelangelo_david.jpeg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="350" data-original-width="239" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuDvwKeLO077T-Ap9nfpWOOSLGAN1iN2wn3nHNFWeYzGWUeLeDJwgqGy-8Cv38-spqTrQxrmHGHstWg8cTvJur4I3D-41uJzbuoOUBNASb2uDy2zq5FWhiCdp7HriAazCQ4R4H8SqH7-xy0DD6sXIxx49KYIr-vLtYrko1679IOwX5KiYl9tIUMxT1RQ/s320/Michelangelo_david.jpeg" width="219" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto tratta da Wikipedia</td></tr></tbody></table>“[…] Per scolpire una statua devi prendere il marmo per il verso giusto: del che t'accorgerai subito dal modo come si scheggia sotto le scalpellate. Per accertare la direzione della vena, basta versarvi dell'acqua. I piccoli segni neri che si scorgono anche nel marmo migliore, sono macchie di ferro. A volte si possono far saltare via. Se lo scalpello s'imbatte in una vena di ferro, te ne rendi immediatamente conto dallo stridio del metallo sul metallo...<br />- Mi si aggriccia la pelle al solo pensarvi!<br />Ad ogni colpo dato sul marmo si schiacciano cristalli. I cristalli schiacciati sono come morti e rovinano la scultura. Dovrai quindi imparare a scolpire grandi blocchi evitando questo inconveniente.<br />Quando?<br />A suo tempo.<br />Bertoldo parlò poi delle bolle d'aria, dei vuoti e dei deterioramenti della materia che si producono per invecchiamento. Difetti che dall'esterno non si vedono, ma che bisogna imparare a scoprire, allo stesso modo come si giudica se una mela è sana o no, a seconda della sua vigorosa compattezza o della sua tendenza a raggrinzirsi, a restringersi.<br />- Il marmo è come l'uomo: prima di intraprendere qualcosa, devi conoscerlo bene e sapere tutto ciò che ha dentro. Così, se in te ci sono delle bolle d'aria, io sto sciupando il mio tempo.<br />Michelangelo ruppe in una risata fanciullesca; Bertoldo, senza badarvi, andò a prendere alcuni arnesi.<br />Ecco una subbia, che serve per sgrossare. Questo ugnetto e questo scalpello, invece, si usano per affinare progressivamente la figura.<br />Anche nello sgrossare il blocco di marmo, aggiunse, bisognava lavorare a colpi ritmici, procedendo lungo linee circolari. E non rifinire mai una singola parte lasciando le altre appena sbozzate, ma portarle avanti tutte di pari passo equilibrandone i rapporti.<br />Capisci quel che voglio dire?<br />Capirò perfettamente appena mi sguinzaglierete in mezzo a questi marmi. Io imparo con le mani, non con le orecchie.<br />- E allora aprile bene! Quel tuo Fauno non era da buttar via, ma tu sei giunto a tali risultati unicamente per intuizione.<br />Per creare qualcosa di solido devi saperti rendere conto del perché d'ogni tuo procedimento.<br />La scuola di scultura era fornita d'un laboratorio che era a un tempo stesso fucina, bottega di fabbro e falegnameria. Travi, listelli, cunei, cavalletti, seghe, pialle, mazzuoli, scalpelli: nulla mancava di quanto poteva occorrere per i lavori più disparati.<br />Il locale era pavimentato in cemento. Appoggiate contro la parete, accanto alla forgia, v'erano verghe di ferro svedese acquistate il giorno prima dal Granacci perché Michelangelo potesse farsi una serie completa di nove scalpelli.<br />Bertoldo gli disse d'accendere il forno della fucina. Il legno di castagno dava il migliore carbone e produceva un calore intenso, lento e costante.<br />So già temperare gli arnesi per la lavorazione della pietra serena - dichiarò Michelangelo.<br />- Ho imparato dai Topolino.<br />Acceso il fuoco, mise mano al mantice per attizzarlo.<br />- Basta così disse a un certo momento Bertoldo. -<br />Ora batti l'una contro l'altra queste verghe di ferro. Dal suono si giudica se il metallo è buono.<br />Una sola risultò da scartare. E Michelangelo si accinse all’opera: ben sapeva che «chi non sa farsi gli arnesi non sa fare la scultura». […].”<br />(Tratto da: Irving Stone, Il tormento e l’estasi, Dall’Oglio editore, 1964)Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-28611903912684783442024-01-06T15:15:00.003+01:002024-01-06T15:15:45.002+01:00Una domenica a pranzo da Lorenzo de'Medici<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4MoDGv_FtNnr5-PHmrRkRxOjqDnA3hJhZGvAemp6rLurm7YwfE8arh_G-Q27EBZoOb0GuHVwqQyu7oP0OJaF8w1kiqcAfGd3Q1UkX4hbJP8EXZBuxljFs_qe7MBpw_hpIuJMUmQWltK7Ph5isoyf09LCH-HPqYwV9PqZDngPNNvE-40ayC4gFK7heCA/s300/Lorenzo_de_Medici.jpeg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="foto da wikipedia.it" border="0" data-original-height="300" data-original-width="240" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4MoDGv_FtNnr5-PHmrRkRxOjqDnA3hJhZGvAemp6rLurm7YwfE8arh_G-Q27EBZoOb0GuHVwqQyu7oP0OJaF8w1kiqcAfGd3Q1UkX4hbJP8EXZBuxljFs_qe7MBpw_hpIuJMUmQWltK7Ph5isoyf09LCH-HPqYwV9PqZDngPNNvE-40ayC4gFK7heCA/w320-h400/Lorenzo_de_Medici.jpeg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">foto da wikipedia.it</td></tr></tbody></table>“[…] Salirono al piano superiore, attraversarono il lungo vestibolo e, svoltando bruscamente a destra, entrarono nella sala da pranzo. Michelangelo fu sorpreso di trovarsi in una stanza dall'aspetto solenne e severo, senza nemmeno un'opera d'arte. Stipiti delle porte e davanzali delle finestre dorati, pareti d'un freddo e sobrio color crema. Verso l'estremità della sala tre tavoli disposti a ferro di cavallo, con sedie collocate tanto all'esterno quanto lungo i lati interni, poteva ospitare complessivamente una sessantina di persone, dando modo a tutti i commensali di sedere a breve distanza dal Magnifico, in un'atmosfera di tranquilla intimità.<br />Era ancora presto. Michelangelo si soffermò sulla soglia; ma Lorenzo, che aveva alla sua destra Contessina e a sinistra un mercante fiorentino, lo chiamò.<br />Michelangelo, vieni a sederti qui accanto a noi. I posti non sono fissi: chi arriva per primo occupa il piú vicino.<br />Contessina lo invitò con un gesto a sedersi accanto a lei. Il ragazzo, accomodandosi, notò la bellezza del servizio da tavola: bicchieri di cristallo di forma quadrata con l'orlo dorato, piatti d'argento fregiati del giglio fiorentino in oro, coltelli dello stesso metallo, cucchiai con le sei « palle» dello stemma mediceo.<br />Mentre egli ossequiava Lorenzo, alcuni servitori stavano rimovendo grandi vasi di piante verdi posti davanti alla vasta nicchia dell'orchestra, che era composta di sei strumenti: un clavicembalo a doppia tastiera, un'arpa, tre viole e un liuto.<br />- Benvenuto a palazzo, Michelangelo - mormorò Contessina. - Il babbo mi dice che ora farai parte della famiglia. Debbo chiamarti fratello?<br />Egli si rese conto che la fanciulla intendeva impegnarlo in una piccola schermaglia verbale e si rammaricò di non essere un fine e garbato parlatore. breve esitazione.<br />- « Cugino » non sarebbe forse meglio? - replicò dopo una risatina.<br />Sono contenta che questo tuo primo desinare con noi capiti di domenica. Nei giorni feriali noi donne non siamo ammesse a tavola: consumiamo i pasti sulla loggia. […]<br />I commensali, vestiti di ricchi colori, facevano via via il loro ingresso nella sala come se fosse la Corte di un sovrano, mentre musici suonavano. Un cavaliere di Spagna: Lucrezia, figlia del Magnifico, con il marito Jacopo Salviati; i cugini del padrone di Casa, Giovanni e Lorenzo de' Medici, che da lui erano stati allevati dopo essere rimasti orfani; il priore Bichiellini, brillante e occhialuto superiore dei frati agostiniani della chiesa di Santo Spirito, dov'erano conservate le biblioteche del Petrarca e del Boccaccio.<br />Giuliano da Sangallo, che aveva disegnato la squisita villa di Poggio a Caiano; il duca di Milano, diretto a Roma con il suo seguito; l'ambasciatore del sultano di Turchia; due cardinali provenienti dalla Spagna; membri di famiglie principesche di Bologna, Ferrara e Arezzo; studiosi giunti da Parigi e dalla Germania con manoscritti, trattati e opere d'arte; cittadini che facevano parte della Signoria; il blando Pier Soderini, del quale Lorenzo intendeva fare il primo magistrato di Firenze; un inviato del doge di Venezia; alcuni docenti dell'Università di Bologna; ricchi mercanti fiorentini, con le loro mogli, uomini d'affari che venivano da Atene, da Pechino, da Alessandria d'Egitto, da Londra. E tutti quanti presentavano i loro omaggi all'ospite.<br />Contessina ragguagliava di volta in volta Michelangelo sull’identità degli invitati. Ecco Demetrio Calcondila, che dirigeva la pubblica Accademia Greca istituita dal Magnifico e aveva collaborato alla prima edizione a stampa di Omero; Vespasiano da Bisticci, l'eminente bibliofilo e mercante di manoscritti preziosi, che aveva rifornito le biblioteche del defunto pontefice Nicolò V, di Alessandro Sforza, del conte di Worcester e dei Medici, i dotti inglesi Tommaso Linacre e Guglielmo Grocyn, che studiavano sotto la guida del Poliziano e del Calcondila, membri dell’Accademia Platonica; l'umanista tedesco Giovanni Reochlin, discepolo di Pico della Mirandola; Fra Mariano, per il quale Lorenzo aveva fatto costruire fuori di Porta San Gallo un convento su disegni di Giuliano da Sangallo; un ambasciatore venuto a portare la notizia della repentina morte di Mattia Corvino, te d'Ungheria, che era stato un fervente ammiratore di « Lorenzo, Piero de' Medici, il figlio maggiore del Magnifico, e la sua elegantissima consorte Alfonsina Orsini, essendo giunti in ritardo, dovettero prender posto all'estremità d'uno dei tavoli laterali. Michelangelo notò che erano indispettiti.Piero e Alfonsina non approvano tutte queste usanze repubblicane - bisbigliò Contessina. - Secondo loro dovremmo tenere Corte: al tavolo d'onore soltanto i Medici, gli altri, a distanza. Accompagnato dal cugino Giulio entrò Giovanni, il secondogenito di Lorenzo, con la tonsura rasa di fresco e l'occhio difettoso che involontariamente ammiccava. Alto e corpulento, con la faccia massiccia e il mento carnoso, aveva i capelli castani e la carnagione chiara della madre. Giulio, figlio illegittimo del defunto fratello di Lorenzo, era invece bruno, dotato di notevole bellezza, con un'impronta di pensosa gravità che rivelava il tipo saturnino. I suoi occhi di freddo calcolatore passarono in rassegna i presenti, sceverandoli con sicura prontezza. Non si lasciava mai sfuggire nulla di quanto potesse servirgli.Ultima ad entrare fu Nannina de' Medici, al braccio d'un bell'uomo dall'aspetto brillante.<br />Mia zia Nannina - mormorò Contessina - e suo marito Bernardo Rucellai. Un buon letterato, dice mio padre. A volte l'Accademia Platonica si riunisce nel suo giardino.<br />Michelangelo analizzò attentamente l'aspetto di questo cugino di sua madre, ma a Contessina non disse nulla della sua relazione di parentela con i Rucellai.<br />I suonatori attaccarono il motivo di Corinto, la cui musica era stata adattata alle parole d'una poesia di Lorenzo; intanto i due servitori addetti al montacarichi cominciavano a tirar su le porta-te. Mentre i domestici passavano tra i commensali con pesanti vassoi d'argento colmi di pesce, Michelangelo rimase di stucco nel vedere un individuo dal giubbetto multicolore prendere un esile pesciolino, accostarselo all'orecchio e poi alla bocca come se avesse con esso un colloquio, e un momento dopo rompere in pianto. Tutti gli occhi erano fissi su di lui. Michelangelo, sconcertato, si volse verso Contessina.<br />- E Jacquo, il buffone di palazzo. Ridi anche tu, da bravo fiorentino!<br />- Perché piangi, Jacquo? - domandò Lorenzo.<br />- Or sono alcuni anni, mio padre mori annegato. Ora ho domandato a questo pesciolino se lo abbia visto da qualche parte. Egli mi ha risposto che a quel tempo era troppo piccolo per averlo incontrato, e mi ha consigliato di interrogare quei pesci più grossi, i quali probabilmente, sono gli informati.<br />- Dategliene uno, ché possa interrogarlo! - ordinò Lorenzo divertito<br />E risata collettiva animò di colpo l'atmosfera, anche tra quei commensali che non si erano mai incontrati e che in alcuni casi appartenevano ad ambienti disparatissimi. […]<br />Dopo il pesce venne servito un fritto misto. Michelangelo era troppo impegnato a osservare Lorenzo, che parlava ora con l'uno ora con l'altro di quei trenta o quaranta invitati, per assaporare i cibi.<br />- Il Magnifico deve sostenere una bella fatica, a tavola!<br />Va avanti cosi per tutta la durata del pasto?<br />- Prova sinceramente gusto alla compagnia di questa gente; il rumore, le conversazioni e gli scherzi lo divertono. Ma si siede sempre a tavola con cento scopi nella mente, e quando si alza li ha raggiunti tutti quanti.<br />I servitori addetti al montacarichi tirarono su dei porcellini da latte arrostiti allo spiedo, con rametti di rosmarino in bocca.<br />Il Cardiere, un improvvisatore che si accompagnava con la lira, intrattenne gli ospiti cantando spiritose strofette su avvenimenti e pettegolezzi della settimana.<br />Dopo i dolci, gli invitati uscirono a passeggiare nell'ampio vestibolo. […].”<div>(Tratto da: Irving Stone, Il tormento e l’estasi, Dall’Oglio editore, 1964)</div>Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-59328021839394706632023-12-24T00:07:00.003+01:002023-12-24T00:07:34.429+01:00Il Palazzo Medici-Riccardi ed i suoi tesori ai tempi di Michelangelo<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFkdU1vuneEqT2_DJA4epCQySc6SJn7V8qKTkQQZPCtIpuTku0YXBvM7FTDz4NZTWopZM1u86ykufnM1SQglgm49fRAFN6XSAltBjZsYPb8uEfOrjOtxobkEN3v5Q8dBpn_B8wqwdk5dgoM0cNbDMwfIMEa5U9N42EHm4eACAhP7apn68ijbzVxqP3yA/s1536/Facciata-Palazzo-Medici-Riccardi-1920-1080-1536x864.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="864" data-original-width="1536" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFkdU1vuneEqT2_DJA4epCQySc6SJn7V8qKTkQQZPCtIpuTku0YXBvM7FTDz4NZTWopZM1u86ykufnM1SQglgm49fRAFN6XSAltBjZsYPb8uEfOrjOtxobkEN3v5Q8dBpn_B8wqwdk5dgoM0cNbDMwfIMEa5U9N42EHm4eACAhP7apn68ijbzVxqP3yA/w400-h225/Facciata-Palazzo-Medici-Riccardi-1920-1080-1536x864.jpeg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Tratta da: https://www.palazzomediciriccardi.it/</td></tr></tbody></table>“[…] Attraversarono la piazza San Marco e svoltarono in via Larga, mentre Bertoldo si avvolgeva la sciarpa di lana intorno al collo e la sollevava per proteggere dal freddo pungente la parte inferiore del viso. Dal lato di via de' Gori il palazzo mediceo, terminato trent'anni addietro da Michelozzo, poggiava sulle fondamenta della seconda cerchia antica della città. Era di tanta ampiezza da poter ospitare una numerosa famiglia che comprendeva membri di tre generazioni, il governo di una repubblica, la direzione di un'organizzazione commerciale estesa in tutto il mondo, un centro artistico e culturale che accoglieva uomini di studio venuti da ogni parte: casa, ufficio, fondaco, università, bottega d'arte, galleria di capolavori, teatro e biblioteca, aveva quell'austera e maestosa semplicità che distingueva il gusto dei Medici.<br />In questo palazzo non v'è nulla di scadente - disse Bertoldo.<br />La facciata di pietra stimolò l'entusiasmo di Michelangelo, mentre si soffermava un momento a contemplarla con occhi sfavillanti d'ammirazione. Sebbene l'avesse vista innumerevoli volte, gli sembrava sempre nuova. Quali superbi artigiani, questi scalpellini! Il bugnato del rustico pianterreno aveva la prestigiosa bellezza di un'opera di scultura, con la sua superficie magistralmente lavorata dal calcagnolo; le pietre aggettanti, con i loro orli smussati, sembravano cantare; e non ve n'erano due di cui l'una fosse l'esatto duplicato dell'altra, più di quanto non lo siano due marmoree statue di Donatello.<br />Infissi nei massicci blocchi c’erano anelli di ferro, ai quali i visitatori legavano i loro cavalli; agli angoli, robusti sostegni di bronzo per le torce. Nelle due vie adiacenti, a ridosso dei muri, alte panche di pietra dove i socievoli fiorentini potevano sedersi a discorrere e a prendere il sole.<br />- Ognuna di queste bugne è così bella - disse Michelangelo, rompendo il silenzio -<br />che si potrebbe collocarla su un piedistallo ed esporla nella Loggia.<br />- Può darsi - ammise Bertoldo - ma, per il mio gusto, sono troppo massicce. Danno all'edificio l'aspetto di una fortezza. Preferisco i lisci e regolari pannelli di pietra del primo piano, e più ancora quelli del secondo, squisitamente intagliati come gemme. Sono essi che rendono il palazzo sempre più leggero quanto più sale nello spazio.<br />Sai? io non mi sono mai reso conto che l'architettura è un’arte quasi altrettanto grande quanto la scultura.<br />Bertoldo sorrise con bonaria indulgenza.<br /> Per Giuliano da Sangallo, il più sensibile architetto della Tosca na, ti direbbe che l'architettura è scultura, in quanto consiste nel ridare forme per occupare uno spazio. Un architetto che non sia anche scultore, riesce soltanto a costruire edifici senza respiro. All'occorrenza, potrai disegnare un palazzo come disegneresti una Pietà.<br />Un angolo dell'edificio, all'incontro di via Larga con via de Gori, presentava una loggia aperta della quale i membri della famiglia si servivano per banchetti e feste: spettacoli che i fiorentini osservavano con divertita curiosità. Su quella loggia dalle splendide arcate di pietra forte i cittadini, i mercanti e gli uomini politici conferivano con Lorenzo; là artisti e dotti s'incontravano per discutere i loro progetti. E per tutti c'era un bicchiere di squisito vino bianco della Grecia, la bevanda più signorile dell'epoca, accompagnato da un dolce.<br />Michelangelo e il suo maestro varcarono il massiccio portone ed entrarono nel cortile quadrato chiuso fra porticati, ognuno di dodici imponenti colonne dai capitelli scolpiti. Bertoldo indicò con fierezza all'allievo una serie di otto sculture d'impronta classica situate nello spazio tra la sommità degli archi e i davanzali delle finestre.<br />Quelle sono mie. Le ho copiate da gemme antiche: vedrai gli originali nella raccolta di Lorenzo, nel suo « studiolo ». Sono cosi belle, che la gente le attribuisce a Donatello!<br />Michelangelo aggrottò la fronte: com'era possibile che Bertoldo si accontentasse di seguire così umilmente le orme del suo maestro? Ed ecco, il suo sguardo incontrò due delle più famose sculture fiorentine: il Davide di Donatello e quello del Verrocchio. Con un grido di gioia corse a toccarle. Bertoldo, avvicinatosi a sua volta, fece scorrere sulle superbe superfici di bronzo la sua mano scaltrita.<br />- Ho collaborato alla fusione di questa statua per Cosimo de' Medici, destinata fin da allora a prender posto qui, in modo da poter essere contemplata da ogni angolo del cortile. Come eravamo eccitati! Per secoli si era soltanto praticato il bassorilievo, o si erano scolpite figure fissate a una superficie retrostante: questa era la prima statua isolata di bronzo che venisse gettata dopo più di un millennio, Prima di Donatello, la scultura era un semplice accessorio ornamentale dell'architettura, usato in nicchie, porte, stalli di cori e pulpiti. Donatello è stato il primo scultore a lavorare di tondo, dall'epoca dei Romani.<br />Michelangelo fissava a bocca aperta quel Davide cosi giovane e morbido, con le lunghe ciocche ondulate e il petto quasi di fanciulla, l'esile braccio flesso sopra la spada gigantesca, la gamba sinistra incurvata con tanta grazia per posare il piede sulla testa mozza di Golia. Un duplice prodigio, pensava: anzitutto, che la fusione avesse dato un risultato così perfetto nella levigatezza del modellato (e di questo, il merito spettava in parte a Bertoldo); in secondo luogo, che un adolescente cosi delicato, sottile e flessuoso quasi come Contessina, avesse potuto uccidere Golia.<br />Gli rimasero pochi altri istanti per studiare tre sarcofagi romani, sotto le arcate del cortile, e due statue restaurate di Marsia; poi Bertoldo lo trasse via. Salirono il maestoso scalone che conduceva alla cappella, dove i vividissimi affreschi di Benozzo Gozzoli strapparono al ragazzo un'esclamazione di meraviglia.<br />Mentre Bertoldo lo conduceva di stanza in stanza, egli non poté far altro che girare continuamente la testa in ogni direzione: era una vera foresta di sculture, una ininterrotta galleria di quadri. Non aveva abbastanza occhi per vedere, e l'emozione minacciava di sopraffarlo a ogni passo. Nessun grande artista italiano, cominciando da Giotto e da Nicola Pisano, che qui non fosse rappresentato. Marmi di Donatello e di Desiderio da Settignano, di Luca della Robbia e del Verrocchio. Bronzi di Bertoldo. Pitture appese in ogni vestibolo, corridoio, salone, stanza di soggiorno, studio, camera da letto: il San Paolo e la Piazza della Signoria di Masaccio; la Battaglia di San Romano e la Lotta dei draghi e dei leoni di Paolo Uccello; la Crocifissione su tavola di Giotto; la Madonna e l'Adorazione dei Magi del-l'Angelico; la Nascita di Venere, la Primavera e la Madonna del Magnificat di Sandro Botticelli. E poi, opere di Andrea del Castagno, di Filippo Lippi, dei Pollaiuolo e di cento altri artisti, dai veneziani ai fiamminghi.<br />Dopo quella sfilata di stanze situate al cosiddetto piano nobile del palazzo, ecco infine lo «studiolo» di Lorenzo. Non si trattava di un ufficio, ma di un vero studio personale, con la volta scolpita da Luca della Robbia e la scrivania collocata contro la parete di fondo, sotto scaffali e mensole che reggevano gli inestimabili tesori del Magnifico: gemme, cammei, bassorilievi di marmo, antichi manoscritti miniati. Una camera deliziosamente confortevole e stipata di oggetti rari, fatta più per raffinati ozi che per il lavoro, con alcune piccole tavole di Giotto e di Van Eyck, vetusti bronzi e un Ercole nudo sopra il caminetto, picco. le teste bronzee sopra gli architravi delle porte, vasi di cristallo disegnati dal Ghirlandaio.<br />Domandò Bertoldo: - Che ne pensi?<br />- Nulla. Mille cose. Mi sento il cervello paralizzato.<br />- Non mi sorprende. […].”<br />(Tratto da: Irving Stone, Il tormento e l’estasi, Dall’Oglio editore, 1964)Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-26394581757479309772023-11-27T15:25:00.003+01:002023-11-27T15:25:10.112+01:00Scalpellini e scultori<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNI-O0e1tH8chDx7ieybsukC4ZotEl5OcOCMHiY2xFq07cWbXwL-M2trK0fAy9LpPzCv8We9iD7P9_uammPYeUcbmQdlzGVOTJ6-FqDpV7S3KgyHYtpEp_t2NhsiLrbZKZyXopZqars_vLnFMmxr2BWmvVdafob8n6Rf9WYtkC7pOqR72UUohrrZQE3Q/s620/scalpellini.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="620" data-original-width="447" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNI-O0e1tH8chDx7ieybsukC4ZotEl5OcOCMHiY2xFq07cWbXwL-M2trK0fAy9LpPzCv8We9iD7P9_uammPYeUcbmQdlzGVOTJ6-FqDpV7S3KgyHYtpEp_t2NhsiLrbZKZyXopZqars_vLnFMmxr2BWmvVdafob8n6Rf9WYtkC7pOqR72UUohrrZQE3Q/s320/scalpellini.jpeg" width="231" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">https://www.istitutodatini.it/</td></tr></tbody></table>“[…] Il ragazzo non faceva differenza tra scalpellini e scultori, perché anche i primi erano abili uomini del mestiere, dotati di perizia e di gusto, che sapevano ben mettere in evidenza il colore e la granatura della pietra serena. Una differenza poteva se mai esistere sul piano del valore artistico, non nel campo di attività: ogni pietra dei palazzi Pitti, Pazzi e Medici era stata tagliata, sagomata e lavorata sulla sua faccia esterna come se fosse un pezzo di scultura: e tale era, in realtà, per gli scalpellini di Settignano.<br />Gli artigiani meno abili si limitavano a squadrare pietre per la costruzione di case qualunque e per la lastricatura di strade. D'altra parte i fiorentini andavano così fieri dei loro lastrici, da citare con orgoglio l'episodio di quel criminale che mentre lo conducevano al palazzo della Signoria per essere impiccato sera indignato per gli scossoni del carro, protestando: «Chi sono quegli idioti che hanno tagliato così malamente le pietre di questa via? » […]”.<br />(Tratto da: Irving Stone, Il tormento e l’estasi, Dall’Oglio editore, 1964)Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-85792352912869125972023-11-17T18:16:00.004+01:002023-11-17T19:03:08.168+01:00I toscani e la pietra<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgumVfDG3z0zFu1hqrKFBJSZAk03nGdxFdOEBAs_VcaZpdgQfwTD6uisx0UN_Ux7McLIfXLJwnmu91iWDiHIK-5pj1ubzQ9GZ-tocIEtfFYyE3wNPN5-O_6q3Ba-EcKzCiSe7dFOz3d9ap1d41BJA1IUhzVZsPfENeefFF2Cpk6d5JZq3R6Pma7xT6XBQ/s1000/firenze_via_san_leonardo.jpeg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="667" data-original-width="1000" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgumVfDG3z0zFu1hqrKFBJSZAk03nGdxFdOEBAs_VcaZpdgQfwTD6uisx0UN_Ux7McLIfXLJwnmu91iWDiHIK-5pj1ubzQ9GZ-tocIEtfFYyE3wNPN5-O_6q3Ba-EcKzCiSe7dFOz3d9ap1d41BJA1IUhzVZsPfENeefFF2Cpk6d5JZq3R6Pma7xT6XBQ/s320/firenze_via_san_leonardo.jpeg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto di Roberto Di Ferdinando</td></tr></tbody></table>“[…] Il toscano era per sua natura scultore. Nel paesaggio costruiva terrazze di pietra, piantava le viti e gli ulivi in armonia con le colline. Non due pagliai che fossero uguali; ogni famiglia si atteneva a una forma ereditaria, di schietta natura scultoria - circolare, oblunga, a ombrello, a tenda - che in un certo senso rappresentava l'emblema della fattoria.<br />S'inerpicò per la strada carrareccia, incassata tra due muri, I muri: ecco il solido elemento caratteristico della vita del toscano, che gli dava un confortevole senso d'isolamento e di sicurezza, e nello stesso tempo sorreggeva i suoi terreni, sosteneva la sua sovranità. Alti fino a quattro o cinque metri, per impedire o arginare ogni eventuale franamento, sembravano costruiti per durare almeno cento generazioni. La pietra era realmente il fattore dominante: con essa il toscano edificava fattorie e ville, cintava i campi e le proprietà, scaglionava a terrazze i declivi. La natura gliela forniva con prodiga generosità; ogni monte si poteva dire una cava da sfruttare. Gli bastava grattare un po' in profondità, per trovare materiali da costruzione sufficienti per erigere una città. E anche i suoi muri a secco erano di una solidità a tutta prova.<br />«La perizia con cui gli uomini si servono della pietra rivela il loro grado di civiltà ».<br />Abbandonò la strada. […].”<br />(Tratto da: Irving Stone, Il tormento e l’estasi, Dall’Oglio editore, 1964)Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-56563118261018558632023-10-28T17:11:00.010+02:002023-10-28T17:12:40.855+02:00La tecnica dell'affresco<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQrXbUsTW1NvOGf8O67uxFxAHFh3pyDUMyEPfs7nflx9hMXddmcc4o_ksa2l2ss2UMVTHMWwDGNk9FEqyC2zAFjpUW81hodLnAG8_d5QvErRL4gV3-XwuncRfELx0nftiToRuGWh5Rz1B09vXmD-byGl3qHM2WBLlE6tMgIfvcUMOjx7Mknr7jH0RGxA/s1376/1459261843-vergine.jpeg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="850" data-original-width="1376" height="198" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQrXbUsTW1NvOGf8O67uxFxAHFh3pyDUMyEPfs7nflx9hMXddmcc4o_ksa2l2ss2UMVTHMWwDGNk9FEqyC2zAFjpUW81hodLnAG8_d5QvErRL4gV3-XwuncRfELx0nftiToRuGWh5Rz1B09vXmD-byGl3qHM2WBLlE6tMgIfvcUMOjx7Mknr7jH0RGxA/s320/1459261843-vergine.jpeg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto tratta da: https://www.smn.it/</td></tr></tbody></table><br />”[…] Dall'impalcatura, il Bugiardini lo chiamò con un grido. Tutti i componenti della bottega si muovevano in armonia. Sul ruvido arriccio del giorno precedente, il Bugiardini stava ora stendendo l'intonaco della porzione da affrescare in giornata. Aiutato da tre compagni, applicò contro la parete il cartone: il Ghirlandaio calcò con un'asticciola a punta d'avorio i contorni delle figure, quindi fece cenno di toglierlo. I giovani apprendisti scesero dal palco, ma Michelangelo s'indugio a osservare il maestro che rimestava i colori di origine terrosa in vasetti d'acqua, strizzava il pennello tra le dita e cominciava a dipingere.<br />Bisognava che lavorasse con sicurezza e rapidità, perché doveva terminare prima che l'intonaco seccasse: altrimenti sulla superficie non ancora dipinta si sarebbe formata una crosta e sarebbero poi emerse macchie e muffe. Un calcolo errato della quantità di lavoro che poteva eseguire nel corso della giornata avrebbe comportato la necessità di raschiar via l'indomani mattina la porzione d'intonaco avanzata e ormai disseccata: il che lasciava nettamente visibile la linea di sutura. Impossibile perfino ritoccare: i colori aggiunti in un secondo tempo dovevano contenere colla, che falsava e incupiva le tinte dell'affresco.<br />Michelangelo, ritto sul palco con un secchiello d'acqua in mano, spruzzava via via la zona sulla quale correvano leggerissimi pennelli del maestro, per mantenere il giusto grado di umidità.<br />Capiva per la prima volta quanto vi fosse di vero in quel detto secondo il quale nessun pusillanime si cimentava nell'affresco.<br />Guardava il Ghirlandaio farsi risolutamente avanti e dipingere la ragazza con il canestro di frutta sul capo e con l'ampia gonna ondeggiante, allora di moda, che dava alle fanciulle fiorentine un'aria di maestose matrone. Accanto a lui, il Mainardi era intento a dipingere le due anziane e posate figure femminili - due donne della famiglia Tornabuoni - venute a far visita a Santa Elisabetta.<br />Su un piano piú alto dell'impalcatura, Benedetto lavorava intorno alle ardue curvature della volta. Al Granacci era stata affidata la figura della fantesca al centro dello sfondo, recante un vassoio. Davide stava dipingendo la santa, nel suo letto riccamente scolpito. Il Bugiardini, al quale erano toccate la finestra e le incorniciature delle porte chiamò in aiuto Michelangelo e gli fece cenno di spruzzare un poco l'intonaco; quindi arretrò d'un passo per contemplare con viva soddisfazione la finestrella che aveva appena finito di dipingere sopra la testa di Santa Elisabetta.<br />Hai mai visto una finestra piú bella?<br />Magnifica, Bugiardini - lo complimentò il ragazzo. - Specialmente lo spazio aperto che lascia vedere.<br />Il Bugiardini osservò meglio, perplesso ma inorgoglito.<br />Ti piace anche quello? Strano, perché non l'ho ancora dipinto.<br />Il momento culminante venne quando il Ghirlandaio, aiutato dal Mainardi, realizzò la squisita figura giovanile di Giovanna Tornabuoni, elegantissima nelle sue vesti di seta fiorentina e sfavillante di gioielli, che guardava in viso il pittore senza mostrare il minimo interesse per la santa seduta nel suo letto, né per il Giovannino succhiante al petto di un'altra Tornabuoni accomodata su una panca. Il riquadro richiese cinque giorni di accanito lavoro. Solo a Michelangelo non era consentito di maneggiare i pennelli. E questo, per un verso, lo tormentava: pur essendo entrato da appena tre mesi nella bottega del Ghirlandaio, infatti, non si sentiva da meno degli altri apprendisti suoi coetanei. Nello stesso tempo, tuttavia, un'intima voce continuava a dirgli che tutta questa febbrile attività non lo riguardava. Anche nei momenti in cui l’esclusione lo faceva maggiormente soffrire, provava l’impulso di fuggire via da questa chiesa, via dai suoi compagni, per isolarsi in un proprio mondo.<br />Verso la fine della settimana l’intonaco cominciò ad asciugare, la calce riprese dall'aria il suo acido carbonico, fissando i colori.<br />Michelangelo constatò di essersi ingannato quando aveva temuto che le tinte venissero assorbite dalla calce umida: restavano invece in superficie, coperte da una patina cristallina che le rivestiva come l’epidermide di un giovane atleta riveste la carne e il sangue, L'intero riquadro aveva ora una lucentezza metallica che avrebbe protetto i colori dal caldo, dal freddo e dall'umidità, Ma il fatto più sorprendente era che la zona dipinta giorno per giorno, asciugando lentamente, prendeva le esatte tonalità ideate dal maestro nel suo studio.<br />Eppure Michelangelo, quando la domenica seguente andò per conto suo in Santa Maria Novella durante la messa, passando tra i fedeli che indossavano i loro corti farsetti di velluto e i loro ampi mantelli di ciambellotto orlati di vaio, provò un senso di delusione, tanto l'affresco era lontano dalla freschezza e dal vigore dei disegni. Le otto figure femminili erano vite ferme, come in un mosaico. E quella non si poteva certo dire la natività di Giovanni nel modesto ambiente domestico di Elisabetta e Zacca-ia: era un convegno di società nella casa di un principesco mercante italiano, una scena completamente priva di spiritualità e di contenuto religioso.<br />Ritto di fronte allo splendido affresco, il ragazzo comprese quanto il Ghirlandaio amasse Firenze. La città era la sua religione. Passava la propria vita a dipingerne gli abitanti, i palazzi, gli interni squisitamente decorati, le architetture, le vie pulsanti di vita, gli opulenti cortei religiosi e civili. E quale occhio possedeva! Nulla gli sfuggiva. Poiché nessuno gli chiedeva di dipingere Firenze, di Firenze aveva fatto Gerusalemme, della campagna toscana il deserto di Palestina, dei moderni fiorentini i personaggi biblici. E siccome Firenze era piú pagana che cristiana, tutti gustavano i raffinati ritratti del Ghirlandaio.<br />Michelangelo usci dalla chiesa con un senso di depressione.<br />Le forme erano superbe; ma dov'era la sostanza? Gli occhi gli si annebbiavano, mentre si sforzava di tradurre in parole i pensieri che gli tumultuavano nella mente. […].”<br />(Tratto da: Irving Stone, Il tormento e l’estasi, Dall’Oglio Editore, 1964)Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-525353462907863942023-10-15T15:48:00.008+02:002023-10-15T15:49:39.860+02:00Santa Maria Novella ai tempi di Michelangelo<br /><br /> <div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzTyuaWIcw5YNNvjCuu1dKGGXXx-WDcnKiEbHshdFQ7hipRU9r0gTd_nddv2xmrIoIgUuFqju88jtz2l3nvir6nYRaba0cmX-40WDm5oI7Sbw2wty7wfbvbcGghFejNF_h382gOU_TUZFgu2_Lz-T_rboLa5ow6h_lhYe-7sI2UfvBvHBeReyGMSBmfA/s800/1459263262-wpe16.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="Foto tratta da: https://www.smn.it/it/opere/la-facciata/" border="0" data-original-height="551" data-original-width="800" height="220" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzTyuaWIcw5YNNvjCuu1dKGGXXx-WDcnKiEbHshdFQ7hipRU9r0gTd_nddv2xmrIoIgUuFqju88jtz2l3nvir6nYRaba0cmX-40WDm5oI7Sbw2wty7wfbvbcGghFejNF_h382gOU_TUZFgu2_Lz-T_rboLa5ow6h_lhYe-7sI2UfvBvHBeReyGMSBmfA/w320-h220/1459263262-wpe16.jpeg" title="Foto tratta da: https://www.smn.it/it/opere/la-facciata/" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /></td></tr></tbody></table>“[…] Nella bottega del Ghirlandaio, i cartoni della Natività di San Giovanni erano pronti per essere riprodotti sulla parete, nel coro di Santa Maria Novella. Michelangelo, pur essendo arrivato di buon'ora, constatò di essere stato l'ultimo. Gli occhi gli si dilatarono dall'eccitazione, mentre tutti si affaccendavano a radunare cartoni, fasci di disegni, pennelli, latte e vasetti di colori, secchi, righelli, sacchetti di sabbia e di calce. I materiali vennero sistemati su un carretto trainato da un asino e l'intera bottega parti, con il Ghirlandaio alla testa come un generale. A Michelangelo, nella sua qualità di apprendista novellino, toccò condurre il somarello per la cavezza. Percorsa la via del Sole, svoltò a destra e si trovò nella piazza di Santa Maria Novella, una delle piú antiche e piú belle della città.</div>Fermò l'asino. Di fronte a lui campeggiava la mole imponente della chiesa, che dal 1348 in poi aveva conservato il suo rustico rivestimento di mattoni, fino a quando Giovanni Rucellai,<br />zio materno di Michelangelo, aveva avuto il buon gusto di scegliere Leon Battista Alberti per disegnare questa stupenda facciata di marmo bianco e nero. Al pensiero dei Rucellai il ragazzo ebbe un intimo sussulto, tanto piú che in casa non gli era nemmeno permesso di pronunciarne il nome. Non era mai stato nel loro palazzo di via della Vigna Nuova; ma quando vi passava davanti rallentava sempre un po' l'andatura per spingere lo sguardo negli spaziosi giardini ricchi di antiche statue greche e romane, e per studiare le linee architettoniche del signorile edificio, disegnato anch'esso dall' Alberti.<br />Il lungo e dinoccolato Tedesco, al quale spettava il compito di sorvegliare lo scarico del materiale, poté levarsi il capriccio di assumere un piglio d'autorità con il ragazzo. Varcata la porta di bronzo con un rotolo di disegni sotto il braccio, Michelangelo si soffermò un attimo respirando l'aria impregnata d'odore d'incen-so. Il tempio si stendeva dinanzi a lui in tutta la sua lunghezza di oltre novanta metri, con le sue tre navate ogivali e le sue file di maestose colonne sempre meno distanziate tra loro quanto piú si avvicinavano all'altar maggiore, dietro il quale il Ghirlandaio con i suoi garzoni lavorava da tre anni. Le pareti laterali erano coperte di meravigliose opere d'arte; immediatamente sopra la testa di Michelangelo v'era il Crocifisso su tavola di Giotto.<br />Egli risali lentamente la navata centrale, assaporando quanto gli si scopriva ad ogni passo. Era come procedere attraverso la storia dell'arte italiana, cominciando da Giotto, pittore, scultore e architetto, che secondo la leggenda era stato scoperto da Cima-bue mentre sorvegliava le pecore e disegnava su una pietra, ed aveva poi liberato la pittura dalla cupa staticità bizantina. A lui erano seguiti novant'anni di semplice imitazione, fino al giorno in cui Masaccio (eccone la splendida e vivida prova lí a sinistra, nell'affresco della Trinità), spuntato da Dio sa dove, aveva segnato la rinascita dell'arte fiorentina.<br />Ancora nella navata sinistra poteva ammirare il Crocifisso del Brunelleschi, la cappella Strozzi con affreschi e sculture degli Or-cagna; in fronte all'altar maggiore le sculture in bronzo del Ghiberti; e poi, a conclusione di tutta questa magnificenza, la cappella Rucellai, costruita dalla famiglia di sua madre la metà del secolo XIII, quando essa aveva conquistato la fortuna grazie all'attività di un suo membro che aveva appreso in Oriente il se greto per produrre una bellissima tintura rosso-purpurea per le stoffe ().<br />Michelangelo non aveva mai saputo decidersi a salire i pochi gradini della cappella, sebbene essa contenesse i piú eccelsi tesori artistici di Santa Maria Novella: gli sarebbe parso di mancare di lealtà alla propria famiglia. Ma ora che si era svincolato dalla volontà dei suoi e si accingeva a lavorare in questa chiesa, non aveva forse acquisito il diritto di entrarvi, senza sentirsi un intruso nei riguardi di questi parenti che dopo la morte di sua madre avevano rotto ogni rapporto con i Buonarroti e si disinteressavano completamente dei cinque figli di Francesca Rucellai del Sere, figlia di Maria Bondi Rucellai?<br />Posò il rotolo e mosse lentamente verso la gradinata. Giunto nell'interno della cappella, s'inginocchiò: qui, davanti a questa Madonna di Cimabue e a questa marmorea Vergine con il Figlio di Nino Pisano, la sua nonna materna aveva pregato negli anni della gioventú; qui aveva pregato sua madre, in quei giorni di festa che vedevano riunita tutta la famiglia.<br />Senti negli occhi un bruciore di lacrime, che poi gli rigarono il viso. Le preghiere che gli erano state insegnate, e che finora aveva sempre recitato meccanicamente, gli sgorgarono con appassionato impeto dal cuore. Pregava le mirabili Madonne, o sua madre? Ma c'era poi una reale differenza? Ella non aveva forse vegliato su lui come una Madonna? I vaghi ricordi che serbava di lei si confondevano con il pensiero della Vergine in un unico sentimento.<br />S'alzò, s'accostò alla Vergine di Nino Pisano e fece trepidamente scorrere le lunghe dita scarne sul drappeggio marmoreo.<br />Poi si volse e si allontano. Per qualche istante ristette in cima alla gradinata pensando al contrasto tra le due famiglie. I Rucellai avevano edificato questa cappella intorno al 1265, ossia nell'epoca in cui i Buonarroti conquistavano anch'essi la prosperità. Non si poteva negare che i Rucellai avessero saputo valutare e riconoscere i pittori e gli scultori piú geniali, quasi i creatori delle loro rispettive arti: Cimabue verso la fine del secolo XIII, Nino Pisano nel 1365. E anche attualmente, nel 1488, competevano amichevolmente con i Medici per assicurarsi le sculture che venivano alla luce dagli scavi eseguiti in Grecia, in Sicilia e a Roma. […]”.<br />“() Il nome della famosa famiglia fiorentina, nella sua forma originaria (Oricellari) deriva appunto da questa tintura (oricello) ottenuta da un lichene del genere « Rocella ». (N. del T.).”<br />(Tratto da: Irving Stone, Il tormento e l’estasi, Dall’Oglio Editore, 1964)Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-88179673718182190812023-10-05T23:28:00.002+02:002023-10-05T23:28:20.494+02:00IL GIOVANE MICHELANGELO IN CAMMINO VERSO SETTIGNANO<p><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 13px;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirFYowEH4f7UIgaZR2ciWIOrOt458kvFWfnJayEh8SK65YoNB99KuohCHAzvpzcpmY-DFww-owwiRpTqtkan3aejuFy9ZJ0EzhH51JKOe2GjSGNxKchFK9SEAYMW8MD1icvcGZdp6HuZP4gLYCCPu_P1w3Ztje8avAnOu5nZC08iwT7v3AWjp4KyGwbQ/s752/Giuliano-Finelli-Busto-di-Michelangelo-Buonarroti-il-Giovane-Firenze-Casa-Buonarroti-inv.-294-600x752.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Foto tratta da: www.casabuonarroti.it/" border="0" data-original-height="752" data-original-width="600" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirFYowEH4f7UIgaZR2ciWIOrOt458kvFWfnJayEh8SK65YoNB99KuohCHAzvpzcpmY-DFww-owwiRpTqtkan3aejuFy9ZJ0EzhH51JKOe2GjSGNxKchFK9SEAYMW8MD1icvcGZdp6HuZP4gLYCCPu_P1w3Ztje8avAnOu5nZC08iwT7v3AWjp4KyGwbQ/w255-h320/Giuliano-Finelli-Busto-di-Michelangelo-Buonarroti-il-Giovane-Firenze-Casa-Buonarroti-inv.-294-600x752.jpg" width="255" /></a></div>"[...] [Michelangelo Buonarroti] Alzatosi senza far rumore, s'infilò i corti calzoni, il farsetto, i sandali, e uscì di casa. Prese per via dell'Anguillara e svoltando per strade innaffiate e lavate di fresco raggiunse piazza Santa Croce, dove la chiesa dei Francescani si ergeva con i suoi grezzi muri di mattoni. Passando davanti alla loggia aperta su un lato, colse con lo sguardo il profilo del sarcofago di Nino Pisano, sostenuto dalle quattro figure allegoriche. Deviò a sinistra in via del Fosso, tracciata al limite delle mura cittadine; oltrepassò le carceri, poi la casa appartenente al nipote di Santa Caterina da Siena e infine, al Canto delle Rondini, una famosa bottega di speziale. Indi svoltò in via Pietrapiana che conduceva, attraverso piazza Sant' Ambrogio, nella chiesa dov'erano sepolti due grandi scultori: il Verrocchio e Mino da Fiesole. Dalla piazza prese per Borgo la Croce e infilò poi via Pontassieve, in capo alla quale giunse all'Affrico, un affluente dell'Arno dalle verdi rive alberate e folte di vegetazione. Attraversata la via Piagentina arrivò a Varlungo, piccolo grappolo di case sul sito di un antico guado romano; poi, prendendo ancora una volta a sinistra, sali verso Settignano. Camminava da un'ora. L'alba invase il cielo, calda e luminosa. Egli si soffermò sul pendio a guardare le tondeggianti colline toscane che emergevano dal buio sonno. Poco lo interessavano le bellezze della natura che conquistavano tanto i pittori: gli scarlatti papaveri in mezzo al grano verdeggiante, le file di quasi neri cipressi. No, egli amava la valle dell'Arno perché era tutto un paesaggio scultorio sbozzato e rifinito dalla mano di Dio, con quelle liriche linee di colli disegnate con arte suprema [...]. Ed eccolo a Settignano: una dozzina di case raggruppate intorno; qui erano cresciute le generazioni di lavoratori della pietra che avevano costruito Firenze. Il borgo distava appena due miglia dalla città del giglio e sorgeva sulla prima altura al disopra della valle, in posizione quindi da rendere agevole il trasporto. Delle colline che circondavano Settignano, si diceva che avevano un cuore di pietra e un seno di velluto. [...]"<br /><br />(Irving Stone, Il tormento e l'estasi - Il romanzo di Michelangelo)Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-28401295878539052362023-08-17T16:49:00.006+02:002023-08-17T16:57:45.351+02:00Chiostri di Santa Maria Novella<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0Ij8RAfshyN5vdOFSpc8deNUVm6rq1Tf0-DiPGgPI0mpwfNI2G_XPoAkE1yGTGfyidwqE85f0WW-Fkg4IJk7-vL_EdQ8XUxSTTtMMWFMMsjB6ZO_328DRDp11VO9f3x1A-KqudkMP8azDg1yzC4fnuOn5YJ-B6A8nyoTzhtfBC3eEIEIQoO9XD8obNg/s2048/FirenzeSMariaNovellaChiostroVerde.jpeg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0Ij8RAfshyN5vdOFSpc8deNUVm6rq1Tf0-DiPGgPI0mpwfNI2G_XPoAkE1yGTGfyidwqE85f0WW-Fkg4IJk7-vL_EdQ8XUxSTTtMMWFMMsjB6ZO_328DRDp11VO9f3x1A-KqudkMP8azDg1yzC4fnuOn5YJ-B6A8nyoTzhtfBC3eEIEIQoO9XD8obNg/s320/FirenzeSMariaNovellaChiostroVerde.jpeg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto tratta da Wikipedia.it</td></tr></tbody></table><br />"L'antico convento domenicano […] comprende cinque chiostri: il Chiostro Verde con affreschi quattrocenteschi; il trecentesco Chiostro dei Morti, dove restano frammenti di decorazioni a fresco e lastre tombali, il piccolo Chiostro Dati, il Chiostro Grande, modificato nella seconda meta del Cinquecento su commissione di Eleonora di Toledo e impreziosito da 60 lunette affrescate con Storie di santi domenicani, cui parteciparono tra l'ultimo quarto del Cinquecento e gli inizi del Seicento numerosi artisti tra i quali Santi di Tito, Bernardino Poccetti, Lodovico Cigoli e Alessandro Allori.</div>A fianco alla basilica si apre inoltre il Chiostro degli Avelli, in origine adibito a cimitero.<br /><br />Il Chiostro Verde<br />Il chiostro adiacente al fianco sinistro della chiesa, costruito nel XIV secolo e conosciuto come Chiostro Verde, deve il nome singolare a pigmento di origine minerale largamente utilizzato per la sua decorazione. Tre delle quattro pareti sono infatti dipinte con una particolare tecnica a chiaroscuro, caratterizzata dalla stesura di una base uniforme di "terra verde" sulla quale contorni e volumi delle figure sono delineati con diverse tonalità di verde, bianco e nero; risultano inoltre impiegati pochi altri colori, prevalentemente ocre gialle e rosse.<br />Il ciclo decorativo realizzato nella prima meta del Quattrocento raffigura in oltre 70 scene episodi tratti<br />dalla Genesi. La fama del ciclo è legata alla partecipazione di Paolo Uccello nell'esecuzione di almeno due<br />campate, dove le scene del Diluvio Universale e dell'Ebbrezza di Noè testimoniano il suo peculiare interesse e la sua straordinaria visione della prospettiva.<br />Nel ciclo si riconosce inoltre la mano di almeno altri quattro pittori vicini a Paolo Uccello o attivi in altre<br />botteghe, rappresentativi della produzione artistica fiorentina della prima meta del XV secolo."<br />(Tratto da: la nostra Firenze, percorsi fra chiostri e cenacoli - La Nazione-VisitArt)Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-656536531087928292023-07-16T14:21:00.003+02:002023-07-16T14:21:48.288+02:00Il Giardino di piazza Savonarola<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDAgrG4qdUrbxrSwo-Pikf9tgWPPtBF03rc2lMmcfxuQQYAE9J4O4CnD43lQkPWZCH99Kv-1kgqQRVUo4kEpAcdpEdviO79oi8B_004esvE9lQ2us-3XsFlXM7OFiDdV_2Bb4hqHx8_LFYkCsWZdpCFoMQ3JV-beW8bH4nWiVMYiNu4ZJL9CUe3cMN8w/s4904/Piazza_savonarola,_veduta_sul_monumento_al_savonarola_e_il_complesso_di_san_francesco_01.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="Piazza Savonarola, statua e chiesa - Firenze" border="0" data-original-height="3016" data-original-width="4904" height="197" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDAgrG4qdUrbxrSwo-Pikf9tgWPPtBF03rc2lMmcfxuQQYAE9J4O4CnD43lQkPWZCH99Kv-1kgqQRVUo4kEpAcdpEdviO79oi8B_004esvE9lQ2us-3XsFlXM7OFiDdV_2Bb4hqHx8_LFYkCsWZdpCFoMQ3JV-beW8bH4nWiVMYiNu4ZJL9CUe3cMN8w/w320-h197/Piazza_savonarola,_veduta_sul_monumento_al_savonarola_e_il_complesso_di_san_francesco_01.jpeg" title="Piazza Savonarola - Firenze" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto tratta da Wikipedia</td></tr></tbody></table><br />"[...] realizzazione: 1865</div>progetto: Giuseppe Poggi<br />Esemplifica l'intenzione di Poggi di dotare di giardini pubblici i quartieri destinati all'espansione residenziale lasciando libere alcune maglie del reticolo viario.<br />L'impianto concettualmente deriva dagli squares inglesi, ma contrariamente ad essi è previsto privo di recinzioni, preannunciando una vocazione più all'attraversamento che alla sosta: la sproporzione fra superficie pavimentata e superficie verde indusse già Angiolo Pucci (1880 circa) a definirlo, più che square, parterre. Nel 1882 è collocato al centro del giardino il monumento a Girolamo Savonarola (di E. Pazzi), prima nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio. I numerosi atti di vandalismo (sedili spezzati,<br />aiuole devastate, cordoli divelti) impongono al Comune frequenti opere di restauro, con l'aggiunta, già nel 1901, di una garitta per le guardie. Il disegno restituisce una delle numerose varianti elaborate da Poggi.”<br />(Tratto da: “La nostra Firenze, il verde pubblico - Parchi e giardini”, La Nazione e Visit Art)Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-74851309348464718462023-04-13T17:34:00.004+02:002023-04-13T17:34:44.030+02:00Veduta da via Roma, Bagno a Ripoli <p> Foto di Roberto Di Ferdinando </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgj7b5WrpyPrawjV6O1l3Mq1uJq2Symf9HLQUgjRpMsCz535nm-lSeWbVmyTbciRSqHx-kOVNu6zJfTcc1shlU2FMAEXE5OE9jqT7wdVEP0kAxAmB0KDAolv04C-0vmz-EGJh9Mumu38t7XOJ-fqcb-zQ26TzbeA_-JyqaeVeHQdhuwVJpPz5ePi8k/s4032/9A2626BC-2F77-45F2-ADD8-872DC16BCCFA.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3024" data-original-width="4032" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgj7b5WrpyPrawjV6O1l3Mq1uJq2Symf9HLQUgjRpMsCz535nm-lSeWbVmyTbciRSqHx-kOVNu6zJfTcc1shlU2FMAEXE5OE9jqT7wdVEP0kAxAmB0KDAolv04C-0vmz-EGJh9Mumu38t7XOJ-fqcb-zQ26TzbeA_-JyqaeVeHQdhuwVJpPz5ePi8k/s320/9A2626BC-2F77-45F2-ADD8-872DC16BCCFA.jpeg" width="320" /></a></div><br /><p></p>Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-19045433403520251552023-02-16T23:02:00.008+01:002023-02-16T23:02:59.985+01:00"Una pacifica e civile rivoluzione: sventola in Piazza la bandiera tricolore dell’unità d’Italia"<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5Q5hCR32dQFRPmkGEzYkFf91q_tXDA7QjlO6mAv2oL5bdCxI_68C78xUAb2pwO0g_FcYhyHXkIfBwsjQG_XFZ_aN3y7OqkuGEE4zJAXHKhpGJKqwySlwaWw89p0dE40lRL6rJeydqIOByTCa75W4B4OLF5EK1C3baQY2ATPuZmWCdqZwtUcbx8UI/s598/giorgio-nobili.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="598" data-original-width="417" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5Q5hCR32dQFRPmkGEzYkFf91q_tXDA7QjlO6mAv2oL5bdCxI_68C78xUAb2pwO0g_FcYhyHXkIfBwsjQG_XFZ_aN3y7OqkuGEE4zJAXHKhpGJKqwySlwaWw89p0dE40lRL6rJeydqIOByTCa75W4B4OLF5EK1C3baQY2ATPuZmWCdqZwtUcbx8UI/w223-h320/giorgio-nobili.jpg" title="immagine tratta da: https://www.risorgimentofirenze.it/palazzina-nobili/" width="223" /></a></div>"Il 27 Aprile 1859, con una pacifica e civile rivoluzione, nasceva il governo provvisorio della Toscana; un laboratorio di libertà e democrazia che favorì la volontaria annessione al Regno Sabaudo con il plebiscito del Marzo 1860, creando le condizioni della successiva impresa dei Mille.<br />La Piazza della Indipendenza e gli avvenimenti di cui è stata testimone, hanno avuto in Guido Nobili, avvocato e scrittore, un testimone oculare e attento cronista; le finestre della sua casa erano un ottimo osservatorio, specie prima della piantagione degli alberi! Nobili criticò questo evento che evidentemente toglieva la bella visuale della Piazza a tutto campo; scrive infatti Nobili: “la piazza di bella, ampia che era, l’hanno borghesemente ristretta coll’averla ombreggiata di tigli”. Lo scrittore nato il 7 Dicembre<br />1850 al n. 22 della Piazza, scrive in “Memorie lontane”: “Quando vi capita di passare in mezzo a Piazza della Indipendenza, voltate lo sguardo verso tramontana, vedrete quel palazzo, che rimane in linea proprio dietro le spalle di Bettino Ricasoli: quella era casa mia. Sono nato al primo piano, in quella stanza ultima a destra di chi guarda”. Nobili affermava che un giorno su quel palazzo sarebbe stata posta questa epigrafe: “Qui nacque un illustre ignoto, che seppe apprezzare per quello che valeva l’uman genere”.<br />Così non è stato e i posteri hanno posto questa lapide: “QUI VISSE GUIDO NOBILI (1850-1916) CHE CON ARTE DELICATA RIEVOCÒ LA VITA FIORENTINA DELL’OTTOCENTO”. Nobili, ragazzo di 8 anni, ricorda che, in un’atmosfera di cospirazione, la sua casa era frequentata da Bettino<br />Ricasoli, Ferdinando Bartolommei e Giuseppe Dolfi; quest’ultimo gestiva un forno in Borgo S. Lorenzo al n. 4 dove un busto e due epigrafi lo ricordano.<br />Aveva molte ragioni il Nobili a pensare alla cospirazione, poiché quei personaggi furono attivi protagonisti delle vicende rivoluzionarie del 1859.<br />Nobili aveva notato la madre che cuciva in gran segreto una bandiera tricolore; avrebbe sventolato, per prima, in quel fatidico 27 Aprile 1859, proprio dal balcone della sua casa. Nobili ci tramanda il ricordo del raduno del popolo di Firenze, iniziato alle ore 9 del 27 Aprile 1859, per dare inizio ai patriottici moti che, al grido di “Viva l’indipendenza italiana” e “Viva l’ltalia unita”, abbatterono pacificamente il trono dei Lorena; Nobili si affacciò alla finestra per dare un’occhiata alla Piazza e così descrisse la<br />scena: “Era un mare di popolo, che ogni tanto urlava a squarciagola con urli che arrivavano in cielo... Io zio Niccolò prese la bandiera, la portò al terrazzo e la sventolò. Urli ed evviva giù dalla piazza accolsero il vessillo tricolore che si spiegava al sole in una bella giornata di primavera. Era il vessillo dell’unità d’ltalia, che il 27Aprile in tutta Firenze, e dalla casa mia per il primo, compariva alle acclamazioni del popolo. Poco dopo altre due bandiere sulla piazza sventolavano dai balconi”, ma, asserisce Nobili, la<br />storia non ha registrato che il primo vessillo fu proprio quello che aveva sventolato dalla sua casa: “chi desse differenti notizie da quelle che asserisco perché veduto coi miei propri occhi, o non c’era, o niente dice di proposito”. “Devo dire”, continua Nobili, che la “grande dimostrazione si è formata sulla Piazza, sotto le finestre di casa del Signor Landucci (il discusso Ministro degli Interni), senza che si udisse un solo grido di odio”; il popolo fiorentino seppe dimostrare di essere capace di fare rivoluzioni non violente, ma anche prive di eccessi verbali, tanto che la rivoluzione fiorentina è rimasta nella storia come la più civile, educata e pacifica delle rivoluzioni; una rivoluzione “in carrozza” se si pensa che una carrozza<br />imbandierata precedeva il corteo dei manifestanti diretto verso il centro cittadino. Il commento più pittoresco sulla rivoluzione fiorentina, così piena di buon senso, fu espresso dal console francese a Firenze: “Perbacco! E neanche un vetro rotto o una carrozza rovesciata!”. Una rivoluzione così non si era mai vista nel mondo, prima di quel giorno! Nel pomeriggio la rivoluzione era già finita e, come ebbe a dire il Salvagnoli: “alle sei la rivoluzione andò a pranzo...”.<br />(Tratto da: "PIAZZA DELLA INDIPENDENZA A FIRENZE, Le origini, gli aneddoti, le storie di vita. Il 27 aprile 1859, con una pacifica e civile rivoluzione, fu avviato il processo di unità nazionale. Sventola in Piazza la bandiera tricolore", a cura di Manfredo FanfaniRoberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-73798750902117561062023-02-04T19:50:00.002+01:002023-02-04T19:50:16.548+01:00Antiche insegne resistono: via Lamarmora <p> Foto di Roberto Di Ferdinando </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiK0eTiWYFZcvPmbWkbrIvgIDrcR23gKM14N_cgeDPa3mMLGJ3a88SFQPj63S6g-SWte1zQvnfkR-18cxDM89PdCLJX3c_en7AGljRdImNO_jOlcSTKztWNWy8Gn8ZmBj9LZkdinPo_ab_3h6rs5VCgWaw-14VzIvPcUQoTX5q36lERqR0c9cuxCuY/s4032/F226D8C3-0ED9-4483-953E-A6E0CD9262AA.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiK0eTiWYFZcvPmbWkbrIvgIDrcR23gKM14N_cgeDPa3mMLGJ3a88SFQPj63S6g-SWte1zQvnfkR-18cxDM89PdCLJX3c_en7AGljRdImNO_jOlcSTKztWNWy8Gn8ZmBj9LZkdinPo_ab_3h6rs5VCgWaw-14VzIvPcUQoTX5q36lERqR0c9cuxCuY/s320/F226D8C3-0ED9-4483-953E-A6E0CD9262AA.jpeg" width="240" /></a></div><br /><p><br /></p>Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-17042523086471469662023-01-21T00:37:00.004+01:002023-01-21T00:37:27.731+01:00La Cupola<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">Foto di Roberto Di Ferdinando</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEioH23-gU4YxtCYuaChQbsOe6kAbGBMSthdCFP6SkyWQ1-cbIGt5sPWJWVe5VYx0eudaCj0fFEhUOe8Qzb75AvpYt_Wo3uDsBpCqYQ8lSSjfCynOD-MR1rEQ1WOIoQ3j-B-8YDQUoAtSI34VAl-Pdc85EKskD_MpcC3K3SuBGA_23es3g7vjJHy4uw/s4032/IMG_2796.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3024" data-original-width="4032" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEioH23-gU4YxtCYuaChQbsOe6kAbGBMSthdCFP6SkyWQ1-cbIGt5sPWJWVe5VYx0eudaCj0fFEhUOe8Qzb75AvpYt_Wo3uDsBpCqYQ8lSSjfCynOD-MR1rEQ1WOIoQ3j-B-8YDQUoAtSI34VAl-Pdc85EKskD_MpcC3K3SuBGA_23es3g7vjJHy4uw/s320/IMG_2796.JPG" width="320" /></a></div><br /> <p></p>Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-65944807494286687632023-01-01T21:54:00.009+01:002023-01-01T22:26:22.999+01:00Piazza della Signoria<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXb_fBv6aJfbUosDL0hE3DmmHT0kZJoeZVwuVmESulV44XvyOslQZkD_F8IKI4CU8Y-F61_hcBQJkPI1akr1KFW8Ttc_m3JYjZwrkEzxvXYJdW-8B08J98TaYzafHmBS2jmJbOIp7KI7kxE3Ry8Oh_wwA5_i6QMqAkuumEhXDYODUfEDgXvZsLWB4/s1756/Schermata%202022-01-01%20alle%2022.14.14.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1756" data-original-width="1013" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXb_fBv6aJfbUosDL0hE3DmmHT0kZJoeZVwuVmESulV44XvyOslQZkD_F8IKI4CU8Y-F61_hcBQJkPI1akr1KFW8Ttc_m3JYjZwrkEzxvXYJdW-8B08J98TaYzafHmBS2jmJbOIp7KI7kxE3Ry8Oh_wwA5_i6QMqAkuumEhXDYODUfEDgXvZsLWB4/s320/Schermata%202022-01-01%20alle%2022.14.14.png" width="185" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dyVLRNPNiTVzrb8lrrtSwEIwWNR3zQWCKuuFb_K738UmkSDaVN-uiZ58dTZ5L0O5ggd0g-A6m7dgxqz8KZxTw' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><p></p>Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-21465410051531571462022-12-18T12:22:00.004+01:002022-12-18T12:22:43.024+01:00Veduta dai tetti. Zona Porta al Prato<p> Foto di Roberto Di Ferdinando </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhe6nuDDJI1V4YR021NWnHHCH0DHFGkuxBp8QvcMBHHL5oflJgl8BamH97R8QA_hBm57HQEGVKQnBK8lTWxgYKjLOMPxDF1jRw4kZIq6GHyhvxInTVsEEi7e7-Nvd8BTaeGki31lGPa7OFWZcfgxPxisiBDZjSVJdvcjOA44EZ1PFG2qQDvINO6kJc/s4032/BBBCBD2D-BE32-4789-A994-067E72531944.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3024" data-original-width="4032" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhe6nuDDJI1V4YR021NWnHHCH0DHFGkuxBp8QvcMBHHL5oflJgl8BamH97R8QA_hBm57HQEGVKQnBK8lTWxgYKjLOMPxDF1jRw4kZIq6GHyhvxInTVsEEi7e7-Nvd8BTaeGki31lGPa7OFWZcfgxPxisiBDZjSVJdvcjOA44EZ1PFG2qQDvINO6kJc/s320/BBBCBD2D-BE32-4789-A994-067E72531944.jpeg" width="320" /></a></div><br /><p></p><p><br /></p>Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-71827830738967581102022-11-04T16:44:00.003+01:002022-11-04T16:44:41.285+01:00Fortezza da Basso<p> Foto di Roberto Di Ferdinando </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvq7HAt6krawbv2PztQAzErZ7-Zzqtc6I3FxUOKFXlRhjhH3g9aTUq6yGkTrKFPylBzNIChmwb_erWxNYsowfuzerAGx1VVpQnDeWoqxLpbUE3EEUToccVx-22AqNwHjYac8wVbj8TxVRQqpX-Ya7cdlDQrs5QyxLTZmY_jhOjnLNjisQPx7h2Iis/s4032/4A688AC0-8148-4207-B6F3-4913D42D4FA9.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3024" data-original-width="4032" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvq7HAt6krawbv2PztQAzErZ7-Zzqtc6I3FxUOKFXlRhjhH3g9aTUq6yGkTrKFPylBzNIChmwb_erWxNYsowfuzerAGx1VVpQnDeWoqxLpbUE3EEUToccVx-22AqNwHjYac8wVbj8TxVRQqpX-Ya7cdlDQrs5QyxLTZmY_jhOjnLNjisQPx7h2Iis/s320/4A688AC0-8148-4207-B6F3-4913D42D4FA9.jpeg" width="320" /></a></div><br /><p><br /></p>Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-31892961370073932972022-10-20T21:51:00.006+02:002022-10-20T21:52:32.291+02:00Quando ser Nino de Cantoribus propose di costruire il Duomo<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSmdjpLdf1yYPaR2XVz-wgAAFlvKZ5XDCOvNWhBJhMEJv061vHVxsbrQ2bliWRq1qn1IdZFxFp7l2qYy0aczTFeUBOW0ES1I0nMRj-Kfa0jA8lOQaA8v46SPJLKMuKrhQr6AlX306-FPITCwaS-1yYHGY5tZS6NGbZCYpU38XsCvE46oghevIzUEU/s715/529eFlorence_Santa_Reparata_03.jpeg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="536" data-original-width="715" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSmdjpLdf1yYPaR2XVz-wgAAFlvKZ5XDCOvNWhBJhMEJv061vHVxsbrQ2bliWRq1qn1IdZFxFp7l2qYy0aczTFeUBOW0ES1I0nMRj-Kfa0jA8lOQaA8v46SPJLKMuKrhQr6AlX306-FPITCwaS-1yYHGY5tZS6NGbZCYpU38XsCvE46oghevIzUEU/s320/529eFlorence_Santa_Reparata_03.jpeg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Santa Reparata - (<a href="https://www.ciaoflorence.it/">https://www.ciaoflorence.it/</a>) </td></tr></tbody></table><br />"Nel luglio del 1293, il Parlamento della Repubblica fiorentina era adunato nella Chiesa di Santa Reparata, cattedrale di Firenze.<div>Non si creda però che assistesse ad una funzione religiosa, perché la Chiesa di Santa Reparata, serviva anche da sala di adunanza del Parlamento popolare.</div><div>Ancora non era sorto il Palazzo della Signoria, e gli stessi Priori della Repubblica, presieduti dal Gonfaloniere di Giustizia, non avevano sede fìssa, riunendosi qua e là, e specialmente nella Torre della Castagna, stretta ed alta, scomoda e angusta, come anche oggi si può vedere in Piazza San Martino, accanto alla Badia Fiorentina.Per le sedute del Parlamento venivano scelte, via via, le chiese cittadine e in prevalenza quella di Santa Reparata, che era la più importante, perché cattedrale, cioè Chiesa del Vescovo di Firenze.<br />In quella Chiesa si tenevano anche i ricevimenti ufficiali della Signoria, quando passavano dalla città personaggi importanti, Imperatori e Re, Princìpi ed Ambasciatori.<br />Ecco perché nel luglio del 1293 il Parlamento della Repubblica fiorentina si trovava radunato nella Chiesa di Santa Reparata.<br />Era un momento fortunato per Firenze. A Fucecchio si trattava la pace tra i Guelfi fiorentini e i Ghibellini pisani. Sotto gli Ordinamenti di Giustizia, la città prosperava e s’ingrandiva nei Borghi, che uscivano fuori delle antiche Porte, risuonanti del lavoro artigiano.<br />Per questo si alzò a parlare ser Nino de Cantoribus, il quale, tra l’approvazione generale, propose che la Chiesa di Santa Reparata venisse ingrandita e rinnovata, a spese della Repubblica.<br />Egli ricordò che la Chiesa era l’onore e la gloria d’ogni città repubblicana. La Chiesa era stata la madre dei popoli. Il Vescovo aveva sempre difeso la libertà e la dignità dei cittadini, contro le pretese degli imperatori e le prepotenze dei feudatari. E se la Signoria poteva adunare il suo Parlamento nella Chiesa del Vescovo, ciò derivava dal fatto che il Vescovo era sempre stato l'ispiratore e il protettore della Repubblica.<br />La Chiesa di Santa Reparata era antichissima. Sotto l’altare riposava la salma d'uno dei più grandi Vescovi fiorentini: San Zanobi. Ma proprio per essere antichissima, la Chiesa di Santa Reparata<br />era piccola e oscura, con grandi muri e piccole finestre, poco spaziosa e pochissimo luminosa.<br />Ser Nino de Cantoribus era un uomo istruito. Il titolo di « ser » veniva dato soltanto a coloro che avevano studiato all'Università, come giuristi e notai.<br />Egli ricordò come le altre città della Toscana avessero già cattedrali bellissime. A Pisa era terminato il grande Duomo, tutto rivestito di marmo. A Lucca, imitante l'architettura pisana, sorgeva la splendida cattedrale di San Martino. Siena profondeva tesori, per l’ambizioso progetto di un Duomo vastissimo, che non fu ma completato.<br />E Firenze sarebbe rimasta con quella antica chiesa, scura fuori per la pietra usata e buia di dentro, per le finestre a feritoia? I fiorentini si sarebbero accontentati di quella piccola chiesa, gloriosa sì,<br />troppo modesta a confronto del Duomo di Pisa, di Lucca, di Pistoia, Siena, di Prato e persino di Empoli?<br />Fino allora la Signoria aveva sempre stanziato somme, per le riparazioni e il restauro di tutte le Chiese e in special modo di quella di Santa Reparata, ma ora occorreva prendere una deliberazione più importante. (Costasse quel che costasse, bisognava rinnovare completamente la Chiesa). La Repubblica fiorentina, pena il disonore, doveva avere un Duomo come le altre città della Toscana, anzi grande e più bello di tutti quelli già esistenti.<br />La proposta di ser Nino de Cantoribus venne unanimamente approvata. Non c'era bisogno d'insistervi molto, perché tutti i fiorentini sentivano il desiderio d'avere un Duomo degno della loro città, e che manifestasse in maniera splendida la loro fede e la loro devozione....."<br />(Tratto da: “Un duomo per il concilio”, testo di Piero Bargellini, 1969).</div>Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-58032128760226402752022-08-21T08:12:00.003+02:002022-08-21T08:12:34.036+02:00Parco di Villa Favard<p> Foto di Roberto Di Ferdinando </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihcI9RadyLOtU5RJ-UTlv5rdAjqMtetJUkeeMUrWtGzCNfqbWnb9KdwQTAzlqADCUH-cuRgAozp2_7z1WWOcJibvb8-56TZyr0ixg4ZzV0SlipKWwEIV_vFD6AJdPU0zNLrq64YU1Qj-fblQf39zKCk1_-4slUwNAS-pi5CZyGcKZXGtUXAbn_RW8/s4032/AFFB49CA-4D33-4087-9163-969788F22B73.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihcI9RadyLOtU5RJ-UTlv5rdAjqMtetJUkeeMUrWtGzCNfqbWnb9KdwQTAzlqADCUH-cuRgAozp2_7z1WWOcJibvb8-56TZyr0ixg4ZzV0SlipKWwEIV_vFD6AJdPU0zNLrq64YU1Qj-fblQf39zKCk1_-4slUwNAS-pi5CZyGcKZXGtUXAbn_RW8/s320/AFFB49CA-4D33-4087-9163-969788F22B73.jpeg" width="240" /></a></div><br /><p><br /></p>Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-32604248053159115232022-08-07T12:00:00.005+02:002022-08-07T12:00:46.059+02:00Via di San Miniato al Monte <p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">Foto di Roberto Di Ferdinando </div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGYahwQTQyXFodAjFO18ybDHwTkJWZaaPEU3TwEE9Ltx70o_V10bTCV3ObzhWDK-WjkO72w5Lmp_105LWn9bMqLqq4uvMKaJ-Diiyw3ZFchDmYyQtupUt9zhQElDSbwmVJVdvd3QmmdPZ1abyuIoOu32U1xmpPyIacO2icpCTdJwbqTVepffYIiss/s4032/870D38BA-D1C6-4207-9621-0ED0CBE3A16E.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGYahwQTQyXFodAjFO18ybDHwTkJWZaaPEU3TwEE9Ltx70o_V10bTCV3ObzhWDK-WjkO72w5Lmp_105LWn9bMqLqq4uvMKaJ-Diiyw3ZFchDmYyQtupUt9zhQElDSbwmVJVdvd3QmmdPZ1abyuIoOu32U1xmpPyIacO2icpCTdJwbqTVepffYIiss/s320/870D38BA-D1C6-4207-9621-0ED0CBE3A16E.jpeg" width="240" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /> <p></p>Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-78925018095079215642022-08-04T15:58:00.006+02:002022-08-04T15:58:35.481+02:00Piazza della Indipendenza (2)<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh8woCPN5GiMQo0OQZkHvJ4fGLv7rgWOG0vNEawbm_0_pwsRGxC8gTruI478qyj3J31M8-w56kQZ9zugut6TXBTz0K2kQi1tIFi_8piBjJ73krVFtq4kPMjHgpWWZbSzBmL5FIKuwLBFBlDqLhXOVvMApivQmiTL9ZZiWkk4L013T1cnaE6_yTJuqo/s400/Firenze-Piazza-dellIndipendenza-grande-b-n-viaggiata.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="286" data-original-width="400" height="229" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh8woCPN5GiMQo0OQZkHvJ4fGLv7rgWOG0vNEawbm_0_pwsRGxC8gTruI478qyj3J31M8-w56kQZ9zugut6TXBTz0K2kQi1tIFi_8piBjJ73krVFtq4kPMjHgpWWZbSzBmL5FIKuwLBFBlDqLhXOVvMApivQmiTL9ZZiWkk4L013T1cnaE6_yTJuqo/s320/Firenze-Piazza-dellIndipendenza-grande-b-n-viaggiata.jpg" width="320" /></a></div>"L'undici Marzo del 1846 veniva completata Via S. Apollonia (ora Via Ventisette Aprile) che congiungeva Piazza San Marco e Via degli Arazzieri con il nuovo quartiere di Piazza della Indipendenza. I materiali di demolizione furono trasferiti nella piazza per aumentarne il livello di circa due metri e mezzo; ciò fu provvidenziale per salvarla dalle acque durante l’alluvione del 1966. Un Architetto che dirigeva i lavori, memore di precedenti disastrose inondazioni che avevano colpito Firenze, fra cui quella recente del 1844, aveva previsto che questa sopraelevazione avrebbe protetto la Piazza dalle alluvioni e favorito la vendita degli immobili. Nei secoli passati la memoria storica, quella che si tramandava insieme alle emozioni vissute nelle veglie intorno al focolare, aveva evidentemente molta più presa delle tante informazioni “usa e getta” dei moderni mass-media. Dopo tale realizzazione il Gonfaloniere sostenne l’urgenza di assegnare un nome alla Piazza e alle vie adiacenti onde evitare che i fiorentini, secondo una loro inveterata abitudine, attribuissero a dette località nomi capricciosi che sarebbero poi fatalmente rimasti in uso nonostante le targhe poste sulle cantonate delle strade; il Gonfaloniere aveva molte valide ragioni per sostenere questa tesi! Basti pensare al rifiuto dei fiorentini a chiamare la Piazza col nome della serenissima Granduchessa “Maria Antonia” e alla loro perseveranza nel chiamarla “Piazza di Barbano”, dal nome degli orti sui quali era stata edificata. Era costume dei fiorentini esternare il proprio dissenso coprendo le targhe originali con cartelli dove era inciso il nome di maggiore gradimento: ciò avverrà sia nel caso di Piazza della Indipendenza che dell’attuale Via Nazionale, in origine Via Tedesca. Per attestare la riconoscenza della città verso la famiglia granducale, animatrice di riforme e di progresso, sotto i cui auspici si era operato questo ampliamento della città, alla Piazza fu attribuito il nome della moglie dei Granduca, Maria Antonia. I fiorentini non accettarono di chiamare la Piazza con il nome di una granduchessa borbonica, preferirono chiamarla Piazza di Barbano, dal nome del podere sul quale era stata insediata. Alle strade limitrofe furono attribuiti nomi in base a precise considerazioni topografiche: Via Remota (ora Via G. Dolfi) in quanto ultima strada che comunicava lungo le mura; Via della Piazza (ora Via G. Montanelli) perché collegava Via Evangelista (ora Via Guelfa) con il lato sud della Piazza; Via del Podere (ora Via V. Salvagnoli) perché portava alla casa colonica dei soppressi poderi; Via della Fortezza (nome rimasto invariato) perché conduceva alla Fortezza da Basso; Via S. Paolo (ora Via C. Ridolfi) perché portava al bastione S. Paolo della Fortezza; Via del Pratello (nome invariato) perché giungeva ad un suolo alberato detto “pratello”. Ad altre vie furono assegnati i nomi di famosi proprietari delle abitazioni demolite, come ad esempio Via Dei Robbia; oppure il nome di Chiese, Oratori, Conventi e terreni espropriati come Via S. Caterina d’Alessandria, Via S. Francesco Poverino, Via S. Apollonia, Via di Barbano; si trattò di una sorta di risarcimento morale per le imposte espropriazioni. A Via delle Officine (oggi Via E. Poggi) fu attribuito detto nome in quanto doveva essere sede di insediamenti artigianali. Sull’area del Monastero di S. Caterina sorge l’attuale Palazzo delle tasse. Nel giugno 1848 iniziò la costruzione della chiesa del nuovo quartiere a cura dell’Opera Pia delle “Scuole delle Zittelle Povere” che, per difficoltà economiche, tardò ad essere portata a termine; nel 1858 il progetto riprese con il Commissario Avv.to Bernardo Reghini e con l’lngegnere Giuseppe Martelli. Il 31 Dicembre 1863 la chiesa fu aperta al pubblico e fu dedicata alla SS.ma Concezione e a Santa Caterina. In seguito prese il nome di Nostra Signora del Sacro Cuore. [...]"<p></p><p>(Tratto da: MANFREDO FANFANI, PIAZZA DELLA INDIPENDENZA A FIRENZE)</p><div><br /></div>Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-82440577315780688092022-08-02T18:47:00.001+02:002022-08-02T18:47:14.273+02:00Antiche panchine resistono: parco di villa Favard<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3MDrAGQJc5hh4N4cLkRkLooXxtY8NC-ujcRrbKvw8WRYbdMrdmtfyPwxl8kshDAIHNbfOzWmYTEzm2ojuI0E_6PEElO3SqZEQGwa7BIukaU4og-h_ZR9MIk739LKHBOXIp4mMp8ATvsjJqQQziG_WKpsrNfyMQqHvxw0aZVAT4FrPqGk2OrDvL7Y/s4032/2BFB0E6C-61DF-40F1-96E5-91DD95322216.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3MDrAGQJc5hh4N4cLkRkLooXxtY8NC-ujcRrbKvw8WRYbdMrdmtfyPwxl8kshDAIHNbfOzWmYTEzm2ojuI0E_6PEElO3SqZEQGwa7BIukaU4og-h_ZR9MIk739LKHBOXIp4mMp8ATvsjJqQQziG_WKpsrNfyMQqHvxw0aZVAT4FrPqGk2OrDvL7Y/s320/2BFB0E6C-61DF-40F1-96E5-91DD95322216.jpeg" width="240" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjj2o0-dm1s4d8D9329zcWwKIImifff9W8htk4mB8QBEcWuj090Qua1gPvFcdLDyZCpedIW_2pBR1viT84GmeNG-fkrnZ6810odxE8CMWxkl0lg6iCVpsPJNaAX7P3V6FKgNCW0lNP1_QqDK8oS-T3P73WwRO3G2uOD-XWznQ7Vcd2JrWGNSYsJ3yo/s4032/9656F669-8598-44D2-B34B-8D87FD5119D9.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3024" data-original-width="4032" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjj2o0-dm1s4d8D9329zcWwKIImifff9W8htk4mB8QBEcWuj090Qua1gPvFcdLDyZCpedIW_2pBR1viT84GmeNG-fkrnZ6810odxE8CMWxkl0lg6iCVpsPJNaAX7P3V6FKgNCW0lNP1_QqDK8oS-T3P73WwRO3G2uOD-XWznQ7Vcd2JrWGNSYsJ3yo/s320/9656F669-8598-44D2-B34B-8D87FD5119D9.jpeg" width="320" /></a></div><br /> Foto di Roberto Di Ferdinando <p></p><p><br /></p>Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4619190886708630653.post-55099433554036602842022-07-26T21:52:00.006+02:002022-07-26T21:54:47.605+02:00Palazzo Strozzi<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipjnpvu0tH0G1w8JoExfzQ8qr-jhPhw1J6gYIj1bjcTCzxL69JGLJiD_Pcc407c_D-tOxRyZHE_c-KC0FbhhZkZMv4yCwCA0NC-Ivbh--KNs4AzWgjJL8AjXYJL_nyBwe4dym-S-WKObZDll8XnI4ntmluv0HyIGcpPnvj6eZEszxjsJ6w3IXIi3s/s4032/IMG_8645.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipjnpvu0tH0G1w8JoExfzQ8qr-jhPhw1J6gYIj1bjcTCzxL69JGLJiD_Pcc407c_D-tOxRyZHE_c-KC0FbhhZkZMv4yCwCA0NC-Ivbh--KNs4AzWgjJL8AjXYJL_nyBwe4dym-S-WKObZDll8XnI4ntmluv0HyIGcpPnvj6eZEszxjsJ6w3IXIi3s/s320/IMG_8645.JPG" width="240" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dyc8V1OrLLcUW1hvDKSeemfrC4Ic9G4gL8cEdNoahZN2Hy0qCLtaJvU-3yWaJK0CPaqZJ3aGIyn5jVnyASFeQ' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dzu3R3MSITOXV6fCMIND6h2Kw0cm-Mg8BfYm7nO8VR4nEr7JTA04zDav6waPUFoKSWgq-_3hUvhCkBIz_r8Dg' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /> <p></p>Roberto Di Ferdinandohttp://www.blogger.com/profile/08903475729406194281noreply@blogger.com0