Il Re e Palazzo Pitti

 


“[…] Per il Re, Palazzo Pitti andava benissimo. E non solo per la sua dimensione regale, per il pregio delle opere d'arte e  per il giardino di Boboli, ma soprattutto per quell'ingresso, detto di Annalena, dove era - come scrive Ugo Pesci nel suo libro Firenze  Capitale - “pienamente libero, poteva andare e venire a suo comodo, senza essere osservato…ricevere nelle ore mattutine chi gli pareva e piaceva; godere insomma quella libertà della  quale egli fu amatissimo". Per abitazione egli scelse il quartiere della Meridiana: proprio nell’edifìcio neoclassico che Leopoldo I aveva fatto costruire al Paoletti ed era stato poi continuato dai Poccianti, il suocero di Giuseppe Poggi. "Anche la vicinanza delle ville suburbane - continua il Pesci- di Castello e della Petraia - in questa venne quasi subito ad abitare la contessa Rosa di Mirafiori - la non grande distanza tra Firenze e la tenuta di San Rossore resero subito gradito a Vittorio Emanuele il soggiorno nella nuova capitale". L'unico problema erano i cavalli e le carrozze. Per scuderie e rimesse serviva in piazza S. Marco una parte di quei locali che sono stati poi attribuiti all'Istituto Geografico Militare e all'Università. Ma non fu difficile rimediare questa defìcienza. Le nuove scuderie fuori Porta Romana, tra il Giardino di Boboli e il primo tratto di Viale dei Colli furono la sola richiesta del Re. Per i corazzieri bastava il convento del Carmine. [...]"
(Tratto da: “La Loggia" e la sua storia, a cura degli Amici della Loggia ,Umberto Cecchi, Cosimo Ceccuti, Raul Rega, Ezio Erbucci)

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