Quando il maestro Carducci salutava con....elleno (plurale di ella) le sue allieve.....

“[…] Siamo a Firenze, nella seconda metà dell’Ottocento. Sui banchi ci sono solo ragazze: è una scuola femminile. Questa mattina tra di loro serpeggia una certa eccitazione. Si è sparsa la voce che sta per arrivare un nuovo maestro, giovane. Vedendolo entrare, però, prevale la delusione, E’ <<un giovane basso, tarchiato, senza cura fatto del modo di mettersi, con una selva di capelli neri ondulati e alti intorno alla fronte aperta, piccoli baffi>>; ha un <<passo concitato, le mani tozze, lo sguardo fervido e penetrante>>. Senza neanche salutare, <<con una voce e un tono tra l’aspro e il solenne, comincia:-<<Elleno adunque…“>>. A quelle prime parole, tutte scoppiarono a ridere. Il maestro, allora, rivolge verso i banchi suoi occhi fiammeggianti. Poi fissa una delle ragazze che proprio non riesce a smettere di ridere: ha ancora le labbra tremolanti e le lacrime agli occhi. <<Lo so che la avrebbe detto: “Sicché loro…“>>, la rimbrotta, <<ma è bene intendersi subito: qui si conviene aver rispetto alla grammatica>>. Quel maestro così severo era Giosuè Carducci; la cosa che più di ogni altra faceva ridere, perché già all’epoca suonava arcaica, era proprio quell’elleno. Vale a dire l’antico plurale di ella, destinato -come eglino,  plurale di egli - a uscire presto dall’uso. Se si pensa al fatto che loro (come lui e lei) continuerà a essere bandito a lungo dalla grammatiche, ci si spiega la grande fortuna che a scuola hanno avuto i pronomi soggetti essi ed esse. Per i quali, al plurale, non vale la regola prima di qualunque fondamento storico - che al singolare riserva esso ed essa ad animali o cose [...]”
(Giuseppe Antonelli, Il Museo della Lingua Italiana, Mondadori, Milano 2018)

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