Dante e la medicina

“Per entrare sulla scena politica e adire alle cariche pubbliche cui aspira, Dante, ottemperando alla legge in vigore a Firenze, deve iscriversi a un’Arte o Corporazione. Nel 1295 la scelta cade sull’Arte dei Medici e degli Speziali, evidentemente, come chiosano i biografi, la più adatta alla sua formazione culturale.
IN effetti, nella Commedia e nella altre opere in latino e in volgare il poeta dimostra di possedere estese e profonde conoscenze mediche che utilizza per lo più per le esigenze della poesia, della metafora al contrappasso, e dell’assunto morale, teologico, scientifico o politico che desidera affermare e validare.
Sono presenti, tuttavia, precisi riferimenti sintomi di singole malattie, ad esempio la <<grave idropesì>> di Maestro Adamo (Inferno XXX, 49-129) e la  <<quartana>> (inferno XVII, 85-87), […] la generazione umana nella lezione di Stazio (Purgatorio XXV, 31-78), le potenze dell’anima legata al corpo all’inizio della Vita Nova (1, 5-7) e le complessioni corporee nel IV trattato del Convivio. […] la sincope e il sonno patologico insorgenti a seguito di bruschi e violenti stimoli emozionali (Inferno III, 130-36 e IV, Purgatorio XXXI, 85-93; XXXII, 61-78), la crisi epilettica (Inferno XXIV, 112-117), le visioni oniriche nel sonno fisiologico e le immaginazioni o fantasie nelle farneticazioni in stato di veglia, presenti più volte nel Purgatorio e nella Vita Nova.
E’ stato ipotizzato che Dante sia così preciso nel descriverne i sintomi per averli sofferti di persona. A mio giudizio è più documentato e verosimile che il poeta, desideroso di apprendere e dotato di una memoria eccezionale, abbia fatto tesoro delle nozioni acquisite con la lettura dei testi, <<nelle scuole della religiosi e alle disperazioni della filosofanti>> (Convivio II XII 7). Le fonti dalle quali il poeta poteva derivare le sue conoscenze sono molte e non limitate ai libri di medicina, che peraltro erano più diffusi di quanto ancor oggi si creda. […]”
(Tratto da: Agenda letteraria, Dante Alighieri 2013, a cura di Gianni Rizzoni, Società Dante Alighieri)

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