Il sigaro toscano

“Era l’estate del 1815 quando a Firenze ci fu un gran temporale. Una grossa partita di tabacco Kentucky (dal luogo americano dove veniva coltivato) che era stato messo a seccare, s’inzuppò velocemente e avendo cominciato a fermentare per il gran caldo, fu messo al macero. Il direttore della fabbrica pensò di utilizzarlo come ripieno per sigari da vendere a pochissimo prezzo essendo ormai un prodotto di scarto. Nacque così un sigaro piccolo e bitorzoluto che messo in vendita nei quartieri d’Oltrarno, ebbe molto successo. A causa della sua forma irregolare in Toscana veniva chiamati anche stortignaccolo. Visto l’inaspettato riscontro, la Manifattura Granducale iniziò a produrre il sigaro su larga scala, e già nel 1818 fu regolarmente messo in vendita. […] Così dopo aver occupato i locali dell’ex Convento di Sant’Orsola, la produzione del toscano vene allargata alla sede autonoma posta nell’ex chiesa di San pancrazio, oggi sede del Museo Marino Marini. […]”
(Tratto da: Il sigaro Toscano di Barbara Toscano, in “laToscana nuova”)


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