La politica economica delle grandi opere passò anche da Firenze


(fonte: Sette-Corriere della Sera)
Testo di Roberto Di Ferdinando

La teoria economica che vede i lavori pubblici (le grandi opere) come uno strumento efficiente per combattere la disoccupazione e dare rilancio ad un’economia fiacca, molto gradita all’economista John Maynard Keynes (da cui la teoria keynesiana), non è una scoperta recente. Nell’articolo di Giovanni Vigo sull’ultimo numero di Sette-Corriere della Sera, dal titolo “Fu Periclne l’inventore del diritto al lavoro”, l’autore ripercorre la storia del pensiero economico e dell’importanza dell’edilizia pubblica quale strumento anti-crisi, individuando l’origine di tale approccio già nell’antica Grecia. Ed anche a Firenze in passato fu scelta questa misura per fronteggiare disoccupazione e ristagni economici. Per contrastare le conseguenze della grave carestia che colpì il Granducato tra il 1629 ed il 1630 , le autorità di governo promossero politiche economiche che prevedevano dei lavori pubblici per combattere la disoccupazione. Così si leggeva in una cronaca del periodo, pubblicata nell’articolo di Vigo: “ [il Granduca]..ordina che si dia principio alla facciata di S. Maria del Fiore e si tiri a fine la fabbrica del palazzo de’Pitti, per sovvenimento di più artieri e del popolo minuto. E perché i lavoratori della terra sono le membra dello stato si provveda ancora questi, col farli cavar fossi e condotti per tirar copia d’acqua per utile et abbellimento della città”.
Il Granduca era Ferdinando II de’Medici (figlio di Cosimo II), che a 18, nel 1628 salì alla guida del Granducato. Subentrò alla madre ed alla nonna e cambiò anche politica economica. Infatti, il suo governo abbandonò gli sperperi che avevano caratterizzato la reggenza di sua madre e di sua nonna, così furono ridotte le spese di corte, fu posta l’attenzione ai bisogni del popolo e lo stesso Granduca in persona si attivò nei soccorsi per l’epidemia della peste che colpì Firenze nel 1630. Carestia e peste misero in ginocchio la città e parte del Granducato, Ferdinando II scelse quindi la via dei lavori pubblici e delle grandi opere per contrastare la disoccupazione e la crisi incontrando così il favore dei suoi sudditi.
RDF

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